Articoli di approfondimento

Su Il Fatto Quotidiano un articolo dedicato al CLM di Fabiola Palmeri

Scritto da Segreteria il 16 Dicembre 2021

Su Il Fatto Quotidiano dell’8 dicembre 2021, la giornalista Fabiola Palmeri dedica un lungo approfondimento al Concorso Lingua Madre e alle sue autrici.

Lingua Madre, un concorso per dare voce alle immigrate

Da sedici anni c’è un luogo in cui s’incontrano le donne migranti straniere che vivono in Italia, anche aperto a italiane che desiderano condividere propri vissuti. É il Concorso letterario nazionale Lingua Madre, insieme potente di scrittrici che si esprimono in una nuova lingua comune. Una finalità creativa che dà voce a chi abitualmente non ce l’ha, ma che ha molto, anzi moltissimo da dire.

Nel leggere le migliaia di storie, la sensazione è quella di camminare insieme alle protagoniste. Fra ritagli di pensieri e accadimenti al femminile, emergono racconti di chi incontra e si scontra con nuovi territori, un universo variegato di bambine, ragazze, sorelle, madri e nonne che cercano di definire il proprio posto nel mondo. Lala Hu è milanese di origini cinesi, docente e ricercatrice di marketing all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, nel suo racconto “In cerca di una Heimat” (secondo classificato, 2021) parla della ricerca compiuta per giungere a un “proprio luogo di appartenenza”, di legami profondi e dell’importanza della scuola come luogo di pari opportunità: “Avevo poco più di tre anni quando alla fine degli anni Ottanta giunsi a Milano da un piccolo paesino del Zheijiang, a sud est della Cina, insieme ai miei fratelli gemelli, di due anni più grandi di me, e alla mamma che ci era venuta a prendere. Fu a scuola che imparammo a tutti gli effetti la lingua italiana. A casa parlavamo solo il dialetto cinese, per questo in classe, nei primi tempi, non spiaccicavo parola. Poi pian piano, in modo naturale, brevi parole si trasformarono in intere frasi, da pronunciare e scrivere, e da allora l’italiano diventò la lingua dei miei pensieri e dei miei sogni”.

Di percezione di sé in rapporto con gli altri, identità e del delicato equilibrio fra società di adozione e quella di origine racconta invece la peruviana-torinese Yennifer Lilibell Aliaga Chàvez (primo premio 2020): “Sono nata nel cuore della sierra, a duemilacinquecento metri sopra il livello del mare. Fin da piccola ho trascorso il mio tempo percorrendo in groppa ai cavalli di famiglia i verdi campi delle mie pampas. La vita nelle Ande purtroppo non durò a lungo poiché mia madre decise di trasferirsi nella capitale Lima. Il secondo viaggio più importante della mia vita invece aveva un’altra destinazione: Torino. All’età di otto anni ero pronta per cominciare una nuova vita. Una sera chiesi a mia nonna: ‘Abu, secondo te io sono più italiana o più peruviana?’. Con un sorriso sulle labbra mi rispose: ‘Tu non sei né italiana, né peruviana. Tu sei come la luna, mille e una sola’”.

È dal Pakistan che proviene la diciannovenne Noreen Nasir, che abita a Prato dove frequenta l’ultimo anno del liceo classico. Con ampio sorriso e determinazione racconta di come ha dovuto imporsi per non cedere alla mentalità patriarcale e maschilista di parte della sua famiglia d’origine: “Sin da piccolissima frequentavo lezioni serali per imparare il Corano a memoria; mi dicevano che avrei dovuto memorizzare tutto quanto. ‘Perché? Non so nemmeno cosa vuol dire’ chiedevo, dato che il Corano è scritto in arabo e nel mio Paese la lingua parlata è l’urdu”. A sette anni, dopo la morte della madre e vari cambiamenti di casa, prima dagli zii poi in Italia dai nonni, Noreen si trasferisce con il papà e le due sorelle in Toscana. Nel suo racconto, terzo premio nel 2021 afferma: “Voglio seguire le orme di mia madre, studiare legge e diventare avvocato o cooperante, con l’obiettivo in entrambi i casi di aiutare il più possibile le donne, gli uomini e i bambini non solo del mio Paese ma di tutto il mondo e assicurare loro gli stessi diritti che ho io. Per quanto riguarda il patriarcato e il sessismo presente nel mio Paese di origine, penso che siano solo frutto dell’ignoranza e dell’interpretazione arbitraria del Corano, che si è tramutata in tradizione. Per combattere questa mentalità bisogna istruire le nuove generazioni a ricercare più giusti ed equi valori, e solo quando ciò succederà il mondo cambierà”.

Dal 2005 è Daniela Finocchi a tenere le fila di questa famiglia italiane e del mondo, ideatrice e responsabile di una casa dentro la quale si confondono accenti, colori e valigie cariche di contenuti. Al suo interno si instaurano relazioni d’amicizia, conoscenza e condivisione, a volte gli elaborati inviati vengono scritti a più mani da donne che frequentano i corsi di lingua italiana, si creano profondi rapporti d’amicizia che durano nel tempo. Lingua Madre è inoltre contenitore di possibile carriera, di donne che grazie a una nuova lingua madre diventano autrici d’identità contemporanea.

Qui l’articolo sul sito de Il Fatto Quotidiano.