Appuntamenti

Gül Ince e Lina Alushi alla Festa dei Popoli di Novara

Scritto da Segreteria il 20 Settembre 2013

Gül Ince e Lina Alushi sono state protagoniste dell’incontro tenutosi ieri al Piccolo Coccia di Novara in occasione dell’edizione 2013 della Festa dei Popoli.
Le due autrici, l’una vincitrice del Primo premio con il racconto Mare vuol dire Deniz e l’altra del Premio speciale Rotary Club Torino Mole Antonelliana con La mia bisnonna si chiama Gjylsyme: il valore della libertà, si sono raccontate al pubblico attraverso la loro esperienza di scrittura e partecipazione al Concorso Lingua Madre.

‘Mare vuol dire Deniz’ narra il viaggio di due giovani donne che devono attraversare il paese con i passaporti falsi per raggiungere il marito sconosciuto. Quindi è anche la storia di un matrimonio combinato – ha commentato ieri Gul Ince. Queste due donne vivono in Turchia, non si conoscono. S’incontrano soltanto una volta, in aeroporto perché l’organizzazione che prepara i passaporti falsi decide che debbano viaggiare insieme. È una compagnia che dura poco, solo poche ore, ma densa ed accogliente.
La Turchia presentata nel racconto, non c’entra niente con la Turchia turistica, moderna, urbana. Non è la Turchia di Antalya o di Istanbul (o meglio di alcune parti di Istanbul). Qui si racconta una società fortemente patriarcale, dove si affrontano i viaggi difficili e talvolta “illegali”. È una storia vera questa, certo ci sono dentro anche le mie immaginazioni, ma in linea generale possiamo dire che rispecchia una parte della realtà turca. Il racconto si è costruito dopo ore ed ore di conversazione. Lei mi ha raccontato la sua vita, ed io l’ho scritta. Insieme a chi legge la storia, anch’io, in quanto scrittrice ho cominciato a fare veramente parte del mio paese. Forse quella parte che mi mancava, quella parte dell’Est di cui neanche io avevo tanta conoscenza. La sua storia, diciamo, era il pezzo mancante del puzzle. Ma come si può trovare questo pezzo mancante? Come si ottiene il riconoscimento dell’altro? La realtà, nella sua totalità, come si riconosce? A mio parere si riconosce soltanto attraverso una relazione umana, un rapporto umano. La norma o la legge vengono dopo, prima c’è il rapporto. E questo rapporto umano quando si trasmette attraverso la scrittura, o in linea generale attraverso l’arte, riesce a suscitare emozioni, riesce a far riconoscere le somiglianze, le vicinanze tra chi lo legge e chi lo scrive.  La scrittura fa proprio questo, scioglie le distanze tra gli sconosciuti. Poi, il Concorso Lingua Madre è rivolto esclusivamente alle donne, cioè questo scioglimento delle distanze lo fa anche con una certa accoglienza femminile, mi avvicina alla mia protagonista, avvicina l’Africa, i Paesi Balcanici, l’Asia all’Italia, cerca di trovare le somiglianze anziché le differenze. Insomma, ci aiuta a vedere la realtà nella sua totalità, senza escludere niente o nessuno.

Del Concorso mi ha parlato la mia professoressa di lettere e mi ha incoraggiato a partecipare, dicendomi che avrei potuto ottenere un buon risultato. Una volta arrivata a casa ho condiviso questa idea con la mia famiglia e loro mi hanno suggerito di raccontare della mia bisnonna, Gjylsyme, la nonna di mamma. Era una persona di cui ho sentito parlare spesso nella mia famiglia, ma non conoscevo la sua storia. Quando mia madre me la raccontò mi colpì subito e decisi che quella sarebbe stata la mia storia”. Racconta invece così Lina Alushi il percorso che l’ha condotta a scrivere La mia bisnonna si chiama Gjylsyme: il valore della libertà, un testo che restituisce, attraverso le vicende della bisnonna Gjyslyme, narrate dalla pronipote, uno straordinario affresco dell’Albania durante il periodo più buio della sua storia recente, nel quale si esalta la libertà, individuale e collettiva, come valore imprescindibile per ciascun individuo e comunità. Nonostante però le grandi sofferenze patite dalla protagonista nel corso della sua vita, il racconto indica un cammino di positività e di entusiasmo.