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Giornata per l'eliminazione della discriminazione "Chèrnobyl" di Anna Belozorovitch

Scritto da Segreteria il 21 Marzo 2017

Il 21 marzo si celebra la Giornata Internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale. Lo ricordiamo con il racconto di Anna Belozorovitch:

“Durante i primi tempi, uscii e camminai. Pur non comunicando ancora con gli altri ragazzi, mi piaceva osservare le loro interazioni. In bagno, le ragazze arrivavano aggrappate le une alle altre, si sistemavano capelli e spalline di piccoli reggiseni vanitosi, discutevano di maschi e di screzi con le nemiche del momento. Io incrociavo gli occhi con loro allo specchio, e mi chiedevo quale di loro avrebbe saputo il mio nome, mi avrebbe confidato una cotta, m’avrebbe invitato a casa, prima o poi. […]


Le classi venivano invase anche da alunni venuti da un piano diverso e vedevo qualcuno dei miei compagni a socializzare dietro la cattedra dell’insegnante con altri ragazzi a me sconosciuti. L’intervallo abbatteva tutte le barriere e la scuola si fondeva in un unico rumore gioioso.
«Chèrnobyl’!» sentii gridare una volta in mezzo a quella folla.
Mi voltai immediatamente: nelle ultime settimane avevo sentito nominare questa parola così tante volte, da non poter immaginare a chi altri si potesse riferire. In fondo al corridoio vidi qualcuno sparire dentro una classe.
Feci un sospiro di sollievo: doveva essere stato un caso, un gioco che non mi riguardava. Ma il mio animo si era riempito d’inquietudine e di una strana vergogna. Tornai in classe con cautela, passando di fronte alla porta dalla quale mi era sembrato provenire il grido. Dentro, alcuni ragazzi giocavano a inseguirsi tra i banchi, si lanciavano pennarelli, lasciavano cadere quaderni dei compagni a terra. Il caos noncurante della regola che vi regnava era divertente. Per un momento sorrisi a quel chiasso e desiderai farne parte.
(…) Il giorno seguente, «Chèrnobyl!» m’accolse già all’arrivo. Nella mischia dell’ingresso, fu il mio benvenuto. Durante l’intervallo non uscii dalla classe.
«Guardate, ragazzi, che brava questa vostra compagna che resta a leggere un libro!» esclamò la prof. di lettere verso gli studenti che già si erano dileguati: l’esempio non riuscì. Allora mi fece una carezza e se ne andò pure lei a prendersi un caffè.
Eppure, «Chèrnobyl!» s’affacciò in un dato momento persino alla porta della classe e arrivò alle mie orecchie come una frustata violenta al petto. Il cuore mi si fermò, lo stomaco mi si chiuse. La pizzetta profumata giaceva in mezzo alla cartaccia unta come un corpo lacerato sul campo di battaglia, destinato a sopravvivere, condannato a un’esistenza mutilata”. 

Anna Belozorovitch (Russia), CHÉRNOBYL
Premio Speciale Torino Film Festival VIII Concorso Lingua Madre
in Lingua Madre Duemilatredici. Racconti di donne straniere in Italia (Edizioni Seb27)