Le autrici di Lingua Madre

Le biografie delle vincitrici XII Edizione del Concorso Lingua Madre

Scritto da Segreteria il 30 Marzo 2017

Roxana Lazar nasce a Bucarest, in Romania, nel 1974. Dopo aver conseguito la laurea in Giurisprudenza, si abilita per l’avvocatura. Le sue più grandi passioni sono la letteratura e la scrittura, cui si dedica sin dall’infanzia, sotto lo sguardo attento del nonno poeta. Vive a Roma insieme al marito e ai suoi tre figli. Suoi racconti sono stati pubblicati nelle antologie “Schegge per un Natale Horror 2016” e “Orrore al Sole 2016”, edite da LetteraturaHorror.it.
Il suo racconto, Le pareti avevano le orecchie, ha vinto il Primo Premio della XII edizione del Concorso letterario nazionale Lingua Madre con la seguente motivazione: «Per la capacità di raccontare con lucidità e con prosa controllata un terribile spaccato della Romania di Ceausescu, dove lo sguardo di una bambina è “estraneo” a quanto accade, ma soggetto allo stesso abbrutimento, in cui cani randagi e uomini molestatori conducono vite simili. Il clima persecutorio e di terrore, il degrado materiale e morale della vita in condizioni di mancanza di libertà, è rappresentato con intenso realismo e con grande efficacia espressiva e visiva, attraverso dettagli quotidiani di precisione chirurgica.
La lingua è asciutta, tagliente, secca. Il racconto è ben costruito nello spazio e nel tempo. Da un lato l’orrore del ricordo di una bambina, che già aveva imparato che è meglio tacere; dall’altro la figura della nonna infermiera, silenziosa ascoltatrice dei racconti di vita e di dolore delle donne che cercano una voce amica in una dittatura di Stato».

 

Anita Vuco nasce nel 1971 a Spalato, in Croazia. Da venticinque anni vive e lavora in Italia dove, nel 1999, si laurea in Lingue e letterature straniere moderne all’Università di Roma “La Sapienza”. Presso la stessa università, nel 2006 consegue il Dottorato di ricerca in Filologia e letterature comparate dell’Europa centro-orientale. Scrive da sempre in italiano – che considera la sua lingua – sia poesia sia prosa. Il volume Parole blu raccoglie i versi scritti negli anni Novanta, pubblicati nel 2016 da Ensemble edizioni. In veste di traduttrice ha lavorato con diverse case editrici italiane portando alla luce importanti opere come Var di Saša Stojanović, considerato uno dei migliori scrittori serbi contemporanei e Il muro di vetro, romanzo di Vladimir Tasić sui tragici avvenimenti della “Jugoslavia di ieri”.
Il suo racconto, Josephine. Napule bello, ha vinto il Secondo Premio (Premio Speciale Consulta Femminile Regionale del Piemonte) della XII edizione del Concorso letterario nazionale Lingua Madre, con la seguente motivazione: «Racconto accorato, lucido e intenso di un’amicizia tra due donne di età molto diverse, ma con grandi affinità elettive e capacità di immedesimarsi l’una nella vita dell’altra. A Josephine l’autrice riserva, con amore e infinita riconoscenza, la ricostruzione dei passaggi più importanti della vita. Così, memoria e consapevolezza di sé sono riflesse nel ritratto di una persona che non c’è più, appartenuta a una terra diversa, a un tempo passato, ma che è inscritta nel presente. L’autrice parla del proprio vissuto, raccontando di chi l’ha cresciuta, l’ha educata al mondo e alla vita, rendendoci partecipi del calore di un legame che ha la forza delle radici e l’indissolubilità dell’amicizia autentica. Il racconto, inoltre, affianca alla preponderante narrativa della mera sopravvivenza, quella di una vita appassionata, riattivando così la dimensione umana della figura migrante».

Fatima Ezzahra Garguech nasce nel 1997 in Marocco. Vive con la sua famiglia in Italia da diciotto anni, a Villa di Serio, in provincia di Bergamo. La scrittura è il suo piccolo mondo dove rifugiarsi per raccontare e raccontarsi, mentre la lettura – come afferma – è un’occasione per viaggiare tramite le parole e l’immaginazione. Il suo racconto Menti che di notte si addormentano, è pubblicato nell’antologia Lingua Madre Duemilaquindici. Racconti di donne straniere in Italia (Edizioni SEB27).
Con Vedrò i tuoi colori, ha vinto il Terzo Premio della XII edizione del Concorso letterario nazionale Lingua Madre, con la seguente motivazione: «Un racconto, toccante e creativo, sul percorso di formazione e di migrazione che prende ritmo nell’allegoria dei colori e nelle sfumature di sentimento, in cui il legame parentale è sapienza d’esistenza. Oltre alla bellezza formale, vi sono affrontati il tema sulla “costruzione del proprio luogo nel mondo” e la riflessione sul senso di appartenenza. Il racconto contribuisce in maniera virtuosa all’importante compito di proporre nuovi immaginari sulle diverse dimensioni che costituiscono i variegati processi migratori, al contrario di ciò che fa la narrativa dominante, proponendo solo stereotipi riduzionisti. I colori – del dolore, dei ricordi, dei suoni e delle emozioni – sono l’espediente letterario per raccontare il proprio viaggio tra terre straniere, memorie dolorose, promesse deluse e ricerca di sé. Una narrazione intensa, che esplora la rabbia, la paura e la speranza che accompagnano la giovane donna in cammino e alla scoperta del colore della propria storia».

Roberta Villa nasce a Milano nel 1972. Vent’anni fa, con la laurea in Lettere moderne, incontra il teatro sociale di comunità. Insieme a coloro che lei definisce “grandi compagne di viaggio”, fonda l’Associazione tra artisti “Ciridì” che da quindici anni lavora con laboratori teatrali, progetti di teatro comunità, e spettacoli di teatro civile. È attrice e autrice, scrive per il teatro drammaturgie indirizzate in particolare alle nuove generazioni e, sul teatro, brevi saggi sui progetti che ha la possibilità di costruire.
Il suo racconto, Attraverso il mare, ha vinto il Premio Sezione Speciale Donne Italiane della XII edizione del Concorso letterario nazionale Lingua Madre, con la seguente motivazione: «Per la capacità di empatia con destini di sradicamento e di paura. Per la rappresentazione della relazione madre figlia / madre figlio quale àncora di senso in una realtà che ne è priva, in cui le tragedie migratorie sono evocate e accennate senza necessità di essere spiegate nella loro violenza e disperazione. Per la capacità di rappresentare l’umano possibile, negli occhi neri, azzurri e verdi dei cuccioli umani. Il racconto si snoda tra la tristezza dell’esilio e l’amore “magico” per il/la proprio/a bambino/a. Un dialogo muto che apre finestre poetiche ed emozioni profonde, lasciando intravedere dolori non ancora sopiti. Come la lacerazione del distacco dalla propria terra d’origine, scandita dal ritmo, dal suono di una voce che si fa corale e che porta attraverso il mare il canto di tante madri che lo attraversano».

Vilma Morillo Leòn nasce in Venezuela nel 1958. Nel 1991 si trasferisce in Italia, dove si sposa e nel ‘93 diventa madre di Riccardo. Vive e lavora tra Como e Ponzano Monferrato (AL). Svolge per cinque anni l’incarico di consigliera comunale a Ponzano Monferrato e, per un anno, al Parco Naturale del Santuario di Crea. Da sette insegna spagnolo agli adulti presso l’Università Popolare di Como. Sempre a Ponzano gestisce un bed and breakfast che porta il suo nome. Parla quattro lingue e nel tempo libero le piace fotografare e scrivere racconti, favole e poesie. Alcuni suoi scritti sono stati pubblicati sul web e nelle antologie Lingua Madre. Racconti di donne straniere in Italia (Ed. SEB27). Si esprime con ironia e passione, comunica emozioni. Soprattutto vuole condividere i sentimenti che prova e le difficoltà che incontra come donna straniera che vive in Italia.
La sua fotografia, Il cammino della speranza, ha vinto il Premio Speciale Fondazione Sandretto Re Rebaudengo della XII edizione del Concorso letterario nazionale Lingua Madre, con la seguente motivazione: «Uno scatto apparentemente semplice, una mano di donna in primo piano intenta a catturare un raggio di sole, che splende fuori dal finestrino di un aereo. Un’immagine che – simbolicamente – rappresenta un percorso di vita, una scelta, un viaggio, una speranza e la voglia di ricominciare, in un altro luogo, sotto un altro cielo.
La complessità dei significati è in netto contrasto quindi con l’essenzialità della fotografia, in un gioco di alternanze tra luce e ombra, dentro e fuori, confine e oltreconfine, passato e futuro».

Monica Caudana nasce nel 1978 a Córdoba, in Argentina. Fino a 26 anni ha vissuto nella sua città natale, lavorando da quando ne aveva 18, studiando Scienze della Comunicazione, facendo volontariato nelle villas miserias (favelas). Ha sempre viaggiato molto. Arrivata Milano nel 2005 per svolgere un master in comunicazione sociale, vi è rimasta. Oggi è mamma di due figlie e lavora saltuariamente con la telecamera.
Il suo racconto, Gli Incas vivevano in Perù, ha vinto il Premio Speciale Rotary Club Torino Mole Antonelliana della XII edizione del Concorso letterario nazionale Lingua Madre, con la seguente motivazione: «Un luogo che dovrebbe essere inclusivo e aperto a tutte/i, come quello della scuola, diviene invece spazio di incomprensioni, esclusione, pregiudizi. Ad esserne causa, il mondo degli adulti, della diffidenza e degli stereotipi sociali e culturali. Una storia che racconta i percorsi lenti e difficili delle molte famiglie, persone, identità che ogni giorno resistono e tentano di sentirsi parte di un luogo, di riconoscersi ed essere riconosciute. La speranza, l’orgoglio, il rispetto per l’altro/a – in netto contrasto con la paura e i conflitti che questa genera – sono elementi altrettanto potenti del testo, che si conclude con un messaggio di amore e di responsabilità verso se stessi e il mondo, dono di una madre alla sua bambina».

Silvija Mitevska nasce nel 1979 a Skopje e nel 2015 pubblica il suo primo libro di racconti in Macedonia, dal titolo Mentre Dante dorme (“Ili Ili” Editrice, Skopje). Nella sua città d’origine consegue un Master in Diritti umani presso l’Istituto per le Ricerche Politiche e Sociali. È mamma, scrittrice, attivista in ambito sociale, con una sfrenata passione per la natura e lo sport. Per due anni lavora con Medici Senza Frontiere in Macedonia, aiutando i migranti in transito sulla rotta balcanica dal Mediterraneo. Oggi il suo impegno civile prosegue ed è Presidente di un’organizzazione non governativa, che avvicina i/le giovani allo sport, usandolo come veicolo per combattere le differenze di genere e aumentare la coesione sociale.
Il suo racconto, Il sogno di Lucia, ha vinto il Premio Speciale Slow Food-Terra Madre della XII edizione del Concorso letterario nazionale Lingua Madre, con la seguente motivazione: «Per la capacità nel descrivere la potenza dei sogni che sono in grado di plasmare la nostra identità. Il sogno, in questo caso, riguarda un paese, l’Italia, diverso dal paese d’origine della narratrice, la Macedonia. E l’identità di un paese altro viene assorbita e conosciuta poco per volta, fin dall’infanzia, attraverso i libri, la lingua, la musica… È possibile avere radici diverse? Sentire che la propria casa è in due posti tanto diversi? Per Silvija si direbbe di sì».

Sabina Darova nasce nel 1967 a Shkoder, in Albania. Vive per venticinque anni a Kruja seguendo a Tirana gli studi universitari in Lingua e letteratura albanese. Scrive poesie e lavora per otto anni come attrice, all’interno di una compagnia teatrale rivolta ai bambini. Solo nel 1993 e a seguito della caduta del comunismo, può pubblicare un ciclo di poesie in un giornale letterario, essendo la sua famiglia perseguitata dal regime. Dopo aver lavorato per tre anni presso il Museo dell’Eroe Nazionale, giunge in Italia per un ricongiungimento familiare. Da diciotto anni svolge il lavoro di mediatrice culturale nel campo socio-educativo presso il Consultorio Familiare e nell’ambito scolastico in Provincia di Asti. Questo impegno le permette di conoscere tante storie difficili di donne, di bambini e di famiglie. Decisa a raccontarle, riprende a scrivere in lingua albanese e pubblica racconti su blog culturali e letterari. Oltre alla scrittura, altre sue passioni sono la traduzione, la pittura e la fotografia.
Il suo racconto, Insegnare l’amore all’aria, ha vinto il Premio Speciale Torino Film Festival della XII edizione del Concorso letterario nazionale Lingua Madre, con la seguente motivazione: «Sa tracciare, in poche pagine, la storia di personaggi diversi, tra infelicità, rassegnazione, speranza e ipocrisia. Non è mai consolatoria, ma lucida e pietosa: la comprensione e la durezza d’animo sono equamente divisi tra le varie parti in gioco, di qua e di là dai confini. Inoltre, ha un occhio attento a certi particolari visivi, che si trasformano in suggestivi elementi psicologici e ambientali».

Malvina Sinani nasce in Albania, nella città di Vlora, il 20 aprile 1986. Attualmente studia Lettere moderne presso l’Università degli Studi di Milano e ha intenzione di laurearsi con una tesi sul bilinguismo. Appassionata di letteratura e linguistica, ama in particolare gli autori italiani e stranieri dell’Ottocento e del Novecento. L’esperienza di vita interculturale e le origini miste le sono servite a vedere l’armonia nella diversità. Vorrebbe riscoprire le proprie radici linguistiche e culturali studiando la comunità arbëreshë. Il suo racconto Equilibrio ha vinto il Premio Speciale Giuria Popolare della XII edizione del Concorso letterario nazionale Lingua Madre.