Ascoltare voci altre Il workshop CLM alla Winter School del Polo del ’900
Scritto da Segreteria il 07 Novembre 2024
Podcast inteso come progetto culturale ed editoriale completo, come possibilità di libera autorappresentazione, come luogo di ascolto e di relazione, come mezzo attraverso cui risignificare il linguaggio.
Queste le linee all’interno delle quali si è mosso il workshop CLM Appartenenze multiple. Esplorare e progettare un podcast curato da Daniela Finocchi ed Elena Pineschi durante la Winter School Sconfinati. Gli sguardi della storia sulle migrazioni contemporanee. Tre giorni di approfondimento organizzati al Polo del ’900 dall’Associazione culturale Vera Nocentini e dalla Fondazione di studi storici Gaetano Salvemini per giovani di differenti età e ambiti di studio universitario.
Le ragazze e i ragazzi hanno per prima cosa ascoltato singolarmente una puntata del podcast Migranti: femminile plurale per sperimentare il rapporto diretto che si crea nelle testimonianze orali.
Testimonianze che interpellano in prima persona chi ascolta. Quelle delle autrici del Concorso sono infatti memorie e storie che riflettono su appartenenze multiple, vissuti di cambiamento e trascorsi familiari di migrazione, rapporti tra le cosiddette prime e seconde generazioni, nuovi incontri e sviluppi comunitari.
Testimonianze che non appiattiscono la complessità, ma anzi cercano di allontanare sia i rifiuti stereotipati sia le interpretazioni rassicuranti. Su questa base Daniela Finocchi ha proposto una riflessione sulle possibilità – e sui rischi – della raffigurazione della questione migratoria, con particolare attenzione all’uso del linguaggio. «Le parole non sono mai neutre» ha ricordato, trattando della dissonanza cognitiva nell’informazione e dell’insegnamento altro del femminismo.
La chiave di lettura dovrebbe sempre essere quella «del divenire, del progetto, per citare Hannah Arendt, perché la migrazione non è qualcosa che definisce queste donne, ma viene da loro reinterpretata e si può così trasformare nelle “strategie di libertà” di cui scrive Cristina Borderías». Un cambio di passo su cui le e gli studenti si sono interrogati e confrontati.
Elena Pineschi ha invece presentato le fasi operative di realizzazione di un podcast, a partire dall’esempio di Migranti: femminile plurale. In quanto progetto comunicativo a tutto tondo, ogni scelta ha una motivazione e un effetto: la tipologia, il format, la griglia di ogni puntata e soprattutto la specificità della scrittura per l’audio che necessita di valutazioni su ritmo, pause, sviluppo di processi immaginativi e di co-creazione della narrazione. «La qualità di un podcast non si definisce solo dal largo uso di effetti sonori o musiche originali e da un’accurata post-produzione: questi sono elementi che di certo migliorano l’immersione, ma secondo noi sono le voci e la struttura a rendere un prodotto di valore» ha spiegato. «Il podcast è un dispositivo narrativo per creare emozioni e connessioni che possono usare anche soprattutto le persone subalterne e inferiorizzate. Semplificando al massimo, infatti, potrebbe essere autoprodotto con pochi mezzi e ciò può dare grande diffusione anche a voci che non vengono mai ascoltate e non trovano altri spazi».
L’ultima parte del workshop ha visto un lavoro in gruppi per progettare un’ipotetica puntata del podcast CLM sulla base del racconto Capolinea di Maral Shams che ha vinto il Primo Premio al XIX CLM. Le e i partecipanti hanno provato insieme a identificare delle tematiche di discussione per poi intervistare direttamente l’autrice.
Dal suo stile letterario al rapporto tra autobiografia e metafore; dalla frammentazione della propria identità alla possibilità di «creare famiglia» con ogni persona che si incontra; dalle rigidità del sistema scolastico alle possibilità generative del linguaggio: Maral Shams ha risposto con grande sincerità alle tante domande.
Molto forte, anche nel suo racconto, il binomio tra scrittura e vissuto. Il fluire apparentemente disorganizzato, senza una meta, può riassumere una postura tipica della cultura persiana che preferisce stare nell’oggi. Togliere una virgola può diventare un «modo per autorizzarsi, per riappropriarsi delle proprie appartenenze». È quello che fa la protagonista del suo racconto ed è quello che fa anche lei.