Un atelier di scrittura a Vicenza Per narrare e partecipare al Concorso
Scritto da Segreteria il 07 Marzo 2017
Prendersi del tempo per sé. A questo mira un atelier di scrittura: per pensare, per condividere, per guardare al mondo con un’attenzione diversa. Un’esperienza che prenderà vita grazie al progetto La Ragnatela diretta alle donne straniere le quali, durante il percorso, saranno incoraggiate a narrare, a tessere le fila di storie e vissuti e a inviare poi i loro racconti al Concorso Lingua Madre.
La presentazione dell’iniziativa – che contava il supporto organizzativo della Casa per la Pace, la collaborazione di Orizzonti Comuni, Femminile Plurale, Consiglio dei cittadini e delle cittadine stranieri, Consulta comunale per le politiche di genere – si è svolta domenica 5 marzo presso la Biblioteca Bertoliana, nello splendido Salone centrale di Palazzo Cordellina a Vicenza ed è stata coordinata da Adriana Chemello (Università di Padova), ideatrice del progetto. A portare i saluti dell’amministrazione e ad aprire la serata, Everardo Dal Maso, consigliere comunale delegato alle Pari opportunità e presidente della Consulta per le Politiche di Genere.
Sono diversi i modi per raccontare e raccontarsi, ha sottolineato Adriana Chemello nell’introdurre l’incontro, che ha visto la partecipazione di diverse ospiti, ognuna testimone e protagonista di una diversa modalità di scrittura e condivisione: Daniela Finocchi (ideatrice e responsabile del Concorso Lingua Madre), le scrittrici Valeria Mancini (autrice di Figlie a ore, Ed.Saecula) e Leyla Khalil (vincitrice del Premio Speciale Slow Food/Terra Madre del CLM 2015) e Daniela Ion, presente per portare la sua esperienza di donna straniera in Italia.
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Daniela Finocchi ha spiegato come il pensiero della differenza sottenda tutto il progetto Lingua Madre, che vuole essere uno spazio aperto per dare voce alle donne straniere, anche quelle delle nuove generazioni, senza porre limiti o barriere e senza farsene interpreti. E poco importa quali siano le origini, perché le donne sono accomunate da uno stesso modo di affrontare la vita e viverne gli eventi, tanto che il concorso non solo ammette ma incoraggia la collaborazione tra straniere e italiane proprio nello spirito della valorizzazione dell’intreccio culturale che è prima di tutto intreccio relazionale. Assistenza non è affatto perdita sul piano identitario, al contrario è proprio nella relazione che l’identità di afferma in modo positivo e non preclusivo.
A Valeria Mancini, che si è fatta tramite delle storie di donne straniere impegnate nel lavoro di cura nella raccolta “Figlie a ore”, hanno poi fatto da cornice i canti del Coro delle donne ucraine “Il Sogno” dell’associazione Orizzonti Comuni e anche la mostra fotografica “Pilastri invisivibili. Ritratti e manufatti” che la fotografa Linda Scuizzato ha realizzato con le protagoniste delle storie. Accanto alle immagini, anche i manufatti di donne straniere residenti a Vicenza, frutto delle proprie tradizioni e del legame, mai spento, con la propria terra.
Molto toccante e vera è stata quindi la testimonianza di Daniela Ion, una donna romena che ha raccontato la sua esperienza di vita, con grande pudore, definendo la sua storia “normale” e “come tante altre”, ma dimostrando come sui percorsi migratori delle donne si inneschino quelle strategie di libertà – di cui scrive Cristina Borderias – che portano al cambiamento. Lei figlia unica, amata e persino viziata, cui non mancava nulla ma che – con un divorzio alle spalle – non poteva garantire a sua figlia il futuro che desiderava. “Era un dolore per me sentire i professori decantare la bravura di mia figlia e le sue capacità – ha raccontato – un dolore sentire il loro incoraggiamento nel farle proseguire gli studi e non poterle offrire questa opportunità. Avevo già tre lavori e non riuscivo a guadagnare abbastanza…”. Da qui la decisione di venire in Italia, una scelta di cui Daniela è felice perché grazie a questo ha potuto far studiare sua figlia, farle conseguire una laurea, assicurarle il futuro che sognava. Ma non solo, perché dopo tutto questo percorso e dopo essersi ritrovata nuovamente sola, è nata la voglia e la gioia di dedicare a sé il tempo dello studio: così si è iscritta all’università e si è laureata anche lei, proprio nel corso della professoressa Chemello.
Infine, una giovane autrice, Leyla Khalil, che grazie anche all’esperienza del Concorso Lingua Madre si è scoperta scrittrice, ha pubblicato racconti, poesie e il romanzo Piani di fuga. Giulia Brian e Fouzia Bouziane hanno letto il suo racconto Ricordi congelati con il quale ha vinto nel 2015 il premio Slow Food Terra Madre del Concorso Lingua Madre.
“Vengo considerata un’esponente della letteratura migrante – ha raccontato – e mi sembra strano essere stata catapultata in questo universo. A me però, più che del mio essere figlia di un libanese e di una italiana, viene naturale parlare della mia esperienza lavorativa con i migranti: cerco di essere la portavoce delle loro esigenze”. Leyla, infatti, è mediatrice culturale e oggi insegna italiano agli immigrati a Padova. “Quando ero a scuola nascondevo la mia origine, e se mio padre mi dava per merenda dei cibi tipici libanesi io li mangiavo senza farmi vedere dagli altri”. Saranno invece proprio i kebbeh di sua nonna Teta a ispirare, più tardi, il suo racconto e il bellissimo affresco di una famiglia e del sentimento d’amore che li univa.
Adriana Chemello ha quindi concluso l’incontro spiegando il metodo e l’esperienza che vuole portare avanti l’Atelier di scrittura, come scritto nei depliant illustrativi che sono stati distribuiti:
“Un tempo che ci prendiamo per privilegiare la qualità degli attimi più che la quantità. È uno spazio che ci prendiamo per sostare nel momento del presente, senza proiettarsi in quello già trascorso o in quello ancora da venire. Incontro dopo incontro, ciascuna impara i passi di una danza che le permettono sia di muoversi a proprio agio sulle righe di parole sia di accordarsi a quelle delle compagne, perché si lavora individualmente sul proprio testo ma lo si può condividere con altre.”
La Ragnatela segnò l’importante ruolo delle donne a Comiso e proprio grazie a quell’impegno di allora nasce oggi un nuovo progetto: grazie ad Adriana per il suo impegno, ci auguriamo che le donne partecipino numerose e…aspettiamo i loro racconti!
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