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Carta di Roma e donne migranti Un commento al seminario per giornaliste/i 2022

Scritto da Segreteria il 18 Febbraio 2022

Il commento della giornalista María Martínez, intervenuta nel corso del seminario di aggiornamento per giornaliste/i La Carta di Roma: media e mobilità umana tra aspetti qualitativi e statistici.

 

Sono María Martínez, e sono spagnola.
Innanzitutto voglio ringraziare chi ha organizzato questo seminario sulla tanto necessaria Carta di Roma.
Io sono pubblicista dal 2008 e mi occupo da sempre, prevalentemente, di stranieri.
Il mio primo lavoro nel mondo della comunicazione fu presso un mensile della De Agostini Periodici che si pubblicava in Italia ma in lingua spagnola, rivolto agli italiani che volevano imparare lo spagnolo nel quale si parlava del mondo ispano-americano.
La rivista si intitolava ¿Qué tal?, quindi era una rivista didattica ma con un’anima giornalistica. Era una gran bella rivista ma, come tante cose belle, ebbe vita breve.
Dopodiché sono caduta anche io nella rete “internettiana” dove svolgo tutt’ora il mio lavoro rivolto per la maggior parte ai cittadini di lingua spagnola, con particolare attenzione ai migranti latinoamericani.
Inoltre formo parte della squadra di una radio web italiana, Radio Polis, dove siamo tutti “volontari”, cioè, non stipendiati. Per questa radio conduco il programma Racconti di donne.

E questo è il quadro della mia situazione riguardo la nostra professione.

Rispetto al tema della Carta di Roma, mi preme sottolineare una criticità che si riscontra troppo spesso nell’informazione.
Resto sempre sbalordita, infatti, davanti alle notizie completamente false che non vengono mai smentite.
E non mi riferisco alle fake news che pullulano sui social network lanciate da persone più o meno anonime, ma piuttosto a quelle che trovo su testate giornalistiche di rilievo.
Per andare sul concreto, vorrei raccontarvi un episodio che mi ha fatto molto arrabbiare poiché l’ho vissuto da vicino.
Io abito in un piccolo comune dell’hinterland milanese e, circa tre anni fa, l’allora Ministro dell’Interno, molto attivo sui social (e a quanto mi risulta, giornalista pubblicista) pubblicò un post che riguardava proprio il mio comune di residenza. Il titolo era questo: “Immigrato maghrebino accoltella un ragazzo italiano”.
Questo post era stato ripreso da diversi giornali, nella loro cronaca locale, con lo stesso titolone che, come ho avuto modo di verificare, era assolutamente falso.
Visto che riguardava il mio comune, dove più o meno ci conosciamo tutti, mi sono interessata alla faccenda.
Ebbene, mi è bastato alzare il telefono e chiamare la caserma dei carabinieri per scoprire che l’accoltellamento era davvero avvenuto ma non c’era il coinvolgimento di nessun maghrebino. Si trattava di una rissa tra amici residenti in questo comune, tutti italiani.
Perché qualcuno sia stato così scorretto, posso immaginarlo. La macchina del fango è sempre in funzione.
Ma ciò che mi sembra inammissibile è che i giornali gli siano andati dietro, senza verificare la veridicità, senza subire alcun tipo di conseguenza e senza poi rettificare.
Questa, che può sembrare una notizia irrilevante, è stata commentata e condivisa migliaia di volte. Quindi, chi l’aveva fatta circolare, aveva raggiunto il suo scopo. Quello di far passare il messaggio che gli stranieri sono il male.
Tra i doveri di noi giornalisti, ci sarebbe quello di controllare le informazioni ottenute per accertarne l’attendibilità.
Ed è anche un nostro dovere fare la rettifica, anche in assenza di specifica richiesta, con tempestività e appropriato rilievo, delle informazioni che dopo la loro diffusione si siano rivelate inesatte o errate.
Questo, nel caso che vi ho raccontato, non è mai accaduto.
Insomma, se il giornalismo sta evidentemente vivendo tempi difficili, forse bisognerebbe puntare più sulla qualità che sul numero di visualizzazioni. Rincorrendo i like facciamo un grande torto alla nostra professione e alla società.
Il nostro lavoro può incidere in maniera rilevante su tanti aspetti della vita degli altri, quindi bisognerebbe essere estremamente rigorosi e onesti.
E, nel caso si facciano degli errori, cosa che può capitare a chiunque in qualunque lavoro, la cosa più corretta da fare è dare alla smentita lo stesso identico rilievo che si era dato alla notizia falsa, o vera a metà. Perché anche una mezza verità, è una bugia.
Proviamo ad onorare meglio il nostro codice deontologico e smettiamola di inseguire i like.