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Quattro stagioni in un paese Quante storie!

Scritto da Segreteria il 15 Dicembre 2020

Dai racconti delle autrici CLM più fiabeschi e fantastici, una serie di letture pensate per le/i giovani lettrici/lettori.

Kiku Ishikawa [Giappone]

QUATTRO STAGIONI IN UN PAESE

Era piena estate quando sono arrivata la prima volta a Sabaudia: è un piccolo paese sul mare, vicino al promontorio della Maga Circe. Era affollato di gente e macchine, ma non creavano confusione come nelle città del mio paese. Una cosa a cui dovevo stare attenta, era attraversare la strada. Prima si guarda a sinistra e poi a destra. Ci volle un po’ per abituarmici. Dopo che mi ero abituata, mi sono accorta che in questo paese non c’era nessun semaforo. Ecco perché in estate non mancano mai le macchine che suonano agli incroci. Ogni tanto compariva la vigilessa che risolveva i problemi, ma i semafori non ci sono mai stati.
C’era un’altra cosa a cui dovevo abituarmi: i negozi non sono aperti tutta la giornata. Aprono la mattina e chiudono per pranzo e aprono di nuovo di pomeriggio. All’inizio mi sembrava molto scomodo. Ma anche a questo pian piano ci si abitua. E ora capisco perché chiudono: soprattutto d’estate, in quelle ore pomeridiane, per andare a fare la spesa fa troppo caldo. Conviene stare in casa a riposarsi.
Un giorno d’agosto una signora italiana che conoscevo, per far passare il tempo e dimenticare il caldo, mi fece vedere le sue foto da giovane, e anche un libro che usava lei a scuola cinquant’anni prima. Era l’Odissea di Omero. All’epoca s’imparavano molti versi a memoria, e ancora a quella età (aveva una settantina d’anni), si ricordava bene la storia e perfino qualche frase. E così iniziò a interessarmi questa celebre leggenda.
Quando sono tornata a casa in Giappone per un paio di settimane, sono andata a prendere in prestito dalla biblioteca l’Odissea tradotta in giapponese. Era una versione semplice da leggere, indirizzata principalmente ai ragazzi: mi è piaciuto molto conoscere specialmente la leggenda della Maga Circe e d’Ulisse, ambientata al Circeo.
Dopo che sono ritornata in Italia, agli inizi d’ottobre, cominciava a piovere tanto. La pioggia e l’umidità mi hanno fatto ricordare il mese di giugno del mio paese. Si chiama pioggia alla prugna, perché piove quando fa i frutti la nostra prugna verde. Questa varietà di prugna è molto diversa da quelle italiane. Ha un frutto compatto e grande come una noce, e non si mangia mai al naturale. Viene usata solamente per preparare un liquore, e per stuzzichini, utilizzata un po’ come le olive da tavola.
Il periodo autunnale ha il tempo instabile, ti fa sentire un po’ di malinconia. Alcuni negozi vanno in ferie approfittando di questa brutta stagione. Si vede meno gente per la strada. Arriva una specie di tranquillità per gli abitanti, ma c’è anche il dispiacere che è finita la bella estate, e per averla di nuovo deve trascorrere tutto l’inverno. Finisce pure l’orto mio. Con quel sole forte, quanti pomodorini sono maturati e raccolti! Quanti cetrioli sono stati mangiati! Abbiamo gustato anche il pesto fatto in casa con il basilico ortolano.
Dicono che il giorno di San Martino, l’11 novembre, è un giorno particolare nel periodo autunnale. Succede che solitamente quel giorno di novembre, e anche quelli vicini, faccia un tempo bellissimo: “L’estate di San Martino”.
Allora, approfittando di queste giornate particolari mio marito, che all’epoca era ancora il mio fidanzato, mi propose d’andare insieme a fare una passeggiata sulla montagna di San Felice Circeo, quella montagna legata al mito della Maga Circe. Siccome c’ero stata per vedere il panorama solo fino al punto che si può raggiungere in auto, accettai. Anche se quel giorno era bel tempo, salendo sulla montagna a piedi mi accorsi che la stradina era ancora molto scivolosa per la pioggia, e più andavamo avanti, meno si capiva qual era il sentiero giusto per arrivare su.
La cima della montagna era stupenda, l’aria limpida e pulita, si poteva vedere il panorama a 360°, e proprio sulla punta più alta c’era il basamento d’un antico tempio romano, e la memoria andò inevitabilmente alla mitologia omerica. Ma dopo questa soddisfazione, naturalmente ci aspettava la discesa per tornare a casa.  Per me fu più faticoso scendere che salire.  Abbiamo impiegato circa 4 ore tra andata e ritorno. Ero distrutta, ma, fortunatamente, dopo questa fatica ci aspettava un piatto di tagliatelle casareccie fatte da mamma sua, con il ragù. Mi ricordo ancora quanto erano buone. Anche adesso ogni tanto mio marito mi chiede di salire sulla cima del Circeo, ma rispondo sempre allo stesso modo: “E’ stato bellissimo, ma una volta basta e avanza!”.
Accorciandosi le giornate, arriva l’aria festosa di Natale e Capodanno. Quando si comincia a non mangiare la carne di venerdì, l’Avvento è vicino. Quando mia suocera comincia a preparare le ciambelle al vino e anice, è ancora più vicino.
Anche alla vigilia di Natale è astinenza dalle carni, e generalmente si mangia il pesce. Non la conoscevo questa abitudine prima di venire qui. Ormai la so bene, ora cucino anch’io, ma un piatto semplice come gli spaghetti alle vongole.
I pesci in Italia si vendono principalmente tutti interi. Questo mi è scomodo, perché da noi si trovano sempre due tipi, interi, e anche puliti e porzionati. Anche le varietà di pesce sono di meno che da noi. Abbiamo diversi tipi di pesci che mangiamo anche crudi. Con questa mia abitudine faccio spesso spaventare gli italiani. Comunque, anche qui si trovano pesci freschi e buoni, e mi piace molto cucinarli.
L’unica cosa che esiste anche da noi come in Italia è che arriva Babbo Natale. Questa è ormai una tradizione di tutto il mondo. Di solito scende dal camino ma, poiché non abbiamo il camino, ci dicono che entra dalla finestra. Forse non importa da dove entra Babbo Natale per i bambini, l’importante è che porti i regali desiderati. Babbo Natale è simpatico e buono: vorrei che i bambini ci credessero il più a lungo possibile, ma non possiamo farglielo credere per sempre.
Quando era piccola mia sorellina, mi travestivo proprio io, che ero già abbastanza grande, da Babbo Natale. Ogni anno mi ponevo il problema di dirle la verità su Babbo Natale. Avevo timore che la mia sorellina fosse presa in giro dai compagni di scuola. Dopo tanti anni, non mi ricordo com’è finita questa faccenda di Babbo Natale, ma mi rammento che era una grande preoccupazione.

Dopo Natale arriva Capodanno, la cui festività si sente meno rispetto a quella religiosa natalizia. E’ molto diverso da noi, che festeggiamo invece di più il Capodanno. A mezzanotte non ci sono gli scoppi, e riecheggia solamente il suono della campana del tempio. Proprio a mezzanotte dell’ultimo giorno dell’anno, pregando per un futuro di prosperità e di salute, ognuno mangia delle cose particolari: qui le lenticchie con lo zampone o il cotechino; mentre da noi la pasta integrale nella zuppa con l’aringa cotta sopra. Anche se il paese cambia, e le sue abitudini sono diverse, abbiamo simili intenzioni scambiandoci gli auguri per avere un bellissimo anno nuovo.
Nel periodo delle feste, un gioco nuovo per me e che mi piace è la tombola, con i tanti cioccolatini in premio. Anche noi abbiamo i giochi che si fanno soprattutto in questo periodo, ma senza i premi. Forse era meglio che li mettevamo, così ci si divertiva di più.
Con l’ora legale, d’inverno, ci sono poche ore di luce. Continua a fare freddo, ma non mancano mai i divertimenti per i bambini qui: la befana e il carnevale.
Una volta ho raccontato della befana a una mia amica che ha dei bambini piccoli. E dopo mi ha scritto che i suoi figli hanno creduto veramente che la befana portasse ai bambini cattivi il carbone, e sono rimasti un pochino preoccupati. Mica sarebbe male che ci sia anche da noi la befana per far star buoni i bambini!
Il carnevale si calcola partendo dal giorno della Pasqua. Mi piace andare a vedere i bambini che si mascherano, ma non voglio ricevere quegli spruzzetti. E poi ci sono quei dolci fritti che mi fanno impazzire. Sono tanto golosa, sopratutto dei crostoli: di solito ne mangio troppi, ma è una cosa che si gusta solo una volta all’anno, e quindi non c’è motivo di rinunciarvi.
Dopo carnevale, si cominciano a sentire gli uccelletti che cinguettano; si trovano al mercato le fragole e gli asparagi. L’aria è dolce e profumata: finalmente arriva la primavera.
Con la primavera arriva anche la Pasqua. E’ un’abitudine che seguo in Italia, perché, come al solito, noi non l’abbiamo. Dicono che a Pasqua si mangia l’agnellino. La famiglia di mio marito, però, non ha quest’abitudine. Meno male, perché non mi piace quell’odore selvatico, e mi fa pena pensare a quelle povere bestiole. Mi ricordo dell’agnellino di Heidi.
L’uovo di cioccolato è un’altra cosa nuova per me. E’ sorprendente e buono. Anche se non sono più una bambina, desidero lo stesso aprirlo e trovarci una bella sorpresa, e sempre volentieri lo mangio.
Certe volte sembra che faccia caldo come l’inizio dell’estate, ma è meglio essere prudenti. Spesso ritorna il freddo, ma ormai l’inverno è finito. Si comincia a godere questa bella stagione: anche le galline fanno le uova fresche ogni giorno. Possiamo lavare il nostro cane Orazio con il sapone profumato senza problemi di freddo, ed è ora di piantare e seminare gli ortaggi per mangiare saporito e sano in estate.
Così fra un po’ arriverà l’estate, e raccoglieremo i frutti dell’orto cresciuti con il sole mediterraneo. Le quattro stagioni nell’arco dell’anno sono sì diverse, ma ciascuna ha le sue gioie e soddisfazioni.

 

L’illustrazione che accompagna il racconto è contenuta nel volume “Due infanzie per Nambena e altri racconti” realizzato a seguito del laboratorio artistico MIRAcconto illustrando condotto dalle illustratrici Annalisa Sanmartino e Giulia Torelli dell’Associazione BUM Ill&Art e promosso in collaborazione con le Biblioteche Civiche Torinesi ed il contributo della Youth Bank Mirafiori.