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Mamme Quante storie!

Scritto da Segreteria il 04 Settembre 2020

Dai racconti delle autrici CLM più fiabeschi e fantastici, una serie di letture pensate per le/i giovani lettrici/lettori.

Generda Brace [Albania]

MAMME

Sono stata da Laura oggi, abbiamo fatto i compiti insieme. Ha una bella casa Laura. Sua mamma fa l’insegnante. Alle cinque del pomeriggio è entrata in camera e ha detto: «Laura, hai offerto qualcosa alla tua amica?». Noi eravamo così impegnate a ridacchiare e a parlare delle nostre cose che alla merenda non ci pensavamo proprio. Sua madre ha fatto un gesto di rassegnazione e ci ha detto di andare in cucina.

Stava correggendo i compiti dei suoi allievi. Ha liberato il tavolo, ha messo a scaldare il latte e ci ha servito una cioccolata calda, fumante. Buonissima. Anche una fetta di crostata.

Wow! Doppio wow!

La mamma di Laura è una bella donna, sicura, elegante. Poi è squillato il telefono: era una sua amica. «Esco. Faccio un po’ di spesa e torno», ha detto a Laura. Poi si è rivolta a me «Se vuoi, quando torno, ti porto io a casa». L’ho ringraziata, ma sarebbe passata a prendermi mia madre.

«Torna presto allora» ha detto, ed è uscita.

Sono dietro di lei, in cucina. Sta lavando i piatti. Dovrei andare a mettermi il pigiama e a preparare lo zaino per domani, ma non mi va. Qualcosa mi frulla per la testa. Penso alla mamma di Laura.

«Mamma, perché siamo venuti qui?»

Mia madre prende tempo, non risponde subito e non si gira a guardarmi.

«Lo sai, Generda. Che c’è?»

«Niente. Così, per parlare. Sai che mi piace quando mi racconti la tua storia».

Mia madre chiude il rubinetto, si asciuga le mani e si siede al tavolo, davanti a me.

«Sono nata il 13 aprile 1979, a Tirana. Sono arrivata in Italia nel 2002: in Albania non c’era un governo democratico e non si trovava lavoro. Appena arrivata, mi ha preso la malinconia: ero abituata a vivere in città e qui mi sono trovata a vivere in un paese! Avevo deciso di vivere nello stesso posto in cui abitava già una mia vicina di casa, una vicina in Albania. Anche se avevo già studiato un po’ l’italiano, avevo paura di non riuscire a esprimermi, a parlare correttamente. Lei invece lo sapeva già e avrebbe potuto aiutarmi. Per questo ho scelto Fubine.

Mi piace l’italiano ma mi piace di più parlare con le mie amiche in albanese».

«E il lavoro? Perché non lo cerchi?»

«Perché c’è Natalia, è così piccola… Lo vedi, ha bisogno di tutto. Appena sarà cresciuta un po’, lo cercherò. Perché, ti dà fastidio avere una mamma casalinga, tutta a tua disposizione?»

«No, che dici! È che lo volevi così tanto!»

«Già. Ma sai le cose non sempre vanno esattamente come noi vorremmo. E poi si tratta solo di aspettare un po’. Non è stato facile, sai? Appena arrivata qui, nei primi tempi, ho avuto una grande nostalgia di casa. Mi mancava tutto, e mi sembrava che non mi sarei mai abituata a stare qui. Poi però, come vedi, le cose, lentamente, hanno cominciato a cambiare. Noi poi siamo fortunati, perché i tuoi nonni vengono ogni anno a trovarci. E tutte le volte rivedo in loro quelle difficoltà che ho vissuto io al mio arrivo».

«Ad esempio?»

«Beh, pensa a cosa dice tuo nonno tutte le volte che cucino i tortiglioni con zucchine e tonno! Sai che sono il mio piatto italiano preferito. Beh, tutte le volte lui dice: «Che cos’è questa roba? Sei diventata italiana? Non potevi cucinare il bürek?”. Certo che posso, il bürek mi piace molto e mi riesce anche bene, ma mi sembra bello dar loro quello che c’è qui, no?!»

Dalla tv in salotto ci arriva il ritornello di una canzoncina italiana.

«Anche per la musica è così. Mi piace sempre la mia musica, ma questo non m’impedisce di cantare le canzoni di Emma Marrone. Che altro posso dirti?»

«Oggi a scuola abbiamo parlato dei musulmani».

«Giusto. Io sono cristiana, dalla nascita: vado a messa, prego Dio, voglio bene a Gesù. Rispetto le altre religioni e voglio che tu e Natalia siate libere di scegliere un domani la vostra religione».

«E con le mamme delle mie compagne come ti trovi? Con la mamma di Laura ad esempio?»

«Bene. Non ci sono differenze: abbiamo le stesse abitudini, comportamenti e difetti molto simili. Forse anche perché io sono piuttosto giovane. Hai una mamma giovane, sei contenta? Scherzi a parte, mi trovo bene qui e non ho avuto difficoltà a stringere amicizia. Gli italiani mi considerano uguale a loro e non hanno mai fatto differenze».

«E quando torniamo in Albania? Come ti trovi?»

«Vado ogni anno e ci resto circa tre settimane e tutte le volte la trovo cambiata. Ci sono sempre nuovi palazzi, nuovi centri commerciali. Ma è sempre il mio paese d’origine e in quanto tale il mio punto di vista, il mio modo di guardarlo è sempre lo stesso. Certo, alcune abitudini sono diverse: lì si pranza tardi, verso le 15,30. E l’intervallo a scuola dura un’ora: meglio là, vero?!

L’Italia mi è piaciuta da subito, c’è un governo democratico, non era così quando abitavo in Albania. La pace è importantissima, Generda, ma deve partire dai nostri cuori. Non troverai mai pace fuori, né sarai capace di donarla, se prima non l’avrai raggiunta nel profondo di te stessa».

I miei occhi, lentamente, si fanno pesanti. Sarà per il calore della cucina. O per il suono dolce e armonioso della voce di mia madre. O forse per quella parola così semplice e bella: pace.

«Passi poi a darmi la buonanotte?», le chiedo alzandomi.

 

L’illustrazione che accompagna il racconto è contenuta nel volume “Due infanzie per Nambena e altri racconti” realizzato a seguito del laboratorio artistico MIRAcconto illustrando condotto dalle illustratrici Annalisa Sanmartino e Giulia Torelli dell’Associazione BUM Ill&Art e promosso in collaborazione con le Biblioteche Civiche Torinesi ed il contributo della Youth Bank Mirafiori.