La bambola nera Quante storie!
Scritto da Segreteria il 02 Luglio 2020
Dai racconti delle autrici CLM più fiabeschi e fantastici, una serie di letture pensate per le/i giovani lettrici/lettori.
Yuleisy Cruz Lezcano [Cuba]
LA BAMBOLA NERA
In punta di piedi, per non svegliare Kenny, sono entrati nella stanza da letto il padre e la madre, presi per mano. Arrivano sorridendo come due ragazzini. Il padre cammina dietro la madre, sembra che stia per sbattere contro tutto. La madre invece conosce bene il cammino perché dopo il licenziamento, fa la mamma a tempo pieno che in fondo non è così male, ma quel giorno in cui le è arrivata la lettera, è stato davvero terribile. Ricorda che è andata dal direttore dell’azienda a capire quale fosse stata la causa, a chiedere se non era stata abbastanza competente e cosa poteva fare per rimediare; la risposta che le fu fornita è stata che purtroppo l’azienda doveva fare dei tagli per riuscire a rimanere sul mercato. Lei però, da allora pensa a un’altra causa, circa sei mesi prima del licenziamento, aveva ricominciato a usare il velo. Da quel momento aveva colto dei gesti di diffidenza e degli sguardi straniti. Purtroppo la causa del suo sconforto non era stata la motivazione del licenziamento, ma il fatto che era diventata anche lei un’altra bocca da sfamare e il suo progetto di un’altra gravidanza era caduto nel vuoto.
Da allora lavora moltissimo Jude, il padre di Kenny, per comprare tutto quello di cui la sua famiglia necessita, e non può vedere sua figlia ogni volta che lo desidera. Sicuramente il fatto di stare insieme, non è poca cosa. Sono stati terribili quei primi tre anni quando è arrivato dalla Nigeria in Italia, lontano dalla sua famiglia; Jude li ricorda, eccome. Ora abitano insieme, in una modesta casa dall’intonaco giallo, nel quartiere che era prima dei lavoratori di una vecchia cartiera dismessa, nel quale vivono tutti quei casi sociali, protetti dal comune. La loro palazzina però, non è così male, si trova fra il verde e il fiume, la cosa peggiore sono i rumori, con quelle pareti sottili sembra che il palazzo sia abitato da una grande rumorosa famiglia. Non era questa di certo la vita che si aspettava prima di emigrare in Italia, ma l’America esiste soltanto nella fantasia di chi non conosce la realtà.
A volte là sul lavoro si ritrova a sorridere da solo, si vede come una luce riflessa nel suo viso ed è perché sta pensando a sua figlia. Lui dice: «Quando arriva dalla finestra l’odore dolce dei fiori, penso alla mia bambina». Molte volte quando va in mensa prende un dolce e lo porta come regalo alla sua piccolina; lei diventa così contenta perché sa che suo padre la pensa sempre, anche quando non le sta vicino. Le domeniche quando lui è in casa a leggere il giornale, la vede arrivare piano, arriva lentamente come una nube, si siede sopra le sue ginocchia, gli toglie il giornale per farlo riposare, gli dà un bacio e gli accarezza i capelli e la barba.
Tre giorni prima del compleanno di Kenny, Jude è uscito in anticipo dal lavoro per andare al negozio di giocattoli, dopodomani nove anni addietro era nata la sua bambina.
Il giorno dopo, prima del compleanno di sua figlia, Jude lavora tanto; come sempre, e arriva appena in tempo per vedere la bambina addormentata, sprofondata nel suo cuscino, con la sua testolina riccia. La guarda dalla finestra, i suoi soffici capelli si muovono con la brezza che sembra giochi fra la chioma della piccola, sollevandola come se alzasse in volo delle farfalle trasparenti. Adesuwua, sua moglie e mamma di Kenny, lo vede arrivare e lo abbraccia, poi prende il grande pacco; adesso Adesuwua e Jude, in punta di piedi, attraversano la cameretta in mezzo al buio, ma questo padre cieco che prende contro tutto! «SSSSS, silenzio! Se no si sveglia la bambina!». Suggerisce la madre.
La piccola però non si sveglia, dorme nel suo lettino come un angelo. Per arrivare vicino al letto, bisognerebbe volare, perché per terra tutti i giochi sono davvero una barriera, il pavimento è così popolato dalla fantasia infantile! «Ahia!» Urla Jude quando le dita di una bambola s’incarnano dentro il suo piede. Adesso comunque la missione è compiuta, la scatola è sopra la sedia e la figlia ignara dorme.
Il mattino gli uccellini la svegliano, sembra che la salutino e la invitino a volare. I genitori arrivano intonando una canzone. Che allegro risveglio! Tutti sorridono. Chissà chi ha messo lì quella scatola? Chissà per chi è? La bambina apre il pacco e tira fuori una bambola. «Ti piace il regalo?», le chiede Jude; «Sì, mi piace papà». Appena rimane sola però, prende la sua bambola e la lancia dalla finestra. Una bambina che passa, pensando che la bambola fosse caduta dal cielo, la raccoglie e se la porta al parco a giocare.
Dopo poco Jude porta Kenny a giocare al parco. «Ma Kenny, come mai quella bimba ha la bambola che ti ho regalato?» Kenny con vergogna racconta al padre: «Papà, la bambola è così scura, così diversa dalle altre che prima che le mie compagne mi chiedano il perché, io l’ho buttata giù dalla finestra, ma non te la prendere papà non le volevo fare del male, e poi, pensavo che rimanesse lì per tanto tempo». Jude adesso ricorda che quando Kenny aveva tre anni piangendo le disse: «Io sono italiana come le altre bimbe, non parlarmi più in nigeriano, se mi parli ancora così, faccio finta di non capirti».
Jude guarda Kenny e sorride, sembra pentita del gesto di aver gettato la bambola.
– Papà io voglio essere uguale alle altre bambine.
– Kenny se ti comporti così, non sei te stessa e non sarai mai interessante.
– Papà, io non voglio essere interessante; voglio semplicemente sentirmi parte del gruppo.
– La diversità, Kenny, è una ricchezza.
Kenny però, non è convinta, si guarda nello specchio e dice ad alta voce:
– Non capiscono qual è la differenza che percepiscono gli altri, forse è che sono scura quanto quella bambola.
Jude arriva da dietro e poggia le sue mani potenti e scure sulle spalle della bambina e dice:
– Non vedo nessuna differenza fra te e le altre bambine, devi incominciare ad amare quanto vedi allo specchio.
In quel momento l’immagine di Kenny s’illumina di una nuova luce e avviene il miracolo, fa un sorriso di compiacimento, perché è certa che quella bella persona riflessa è reale e adesso è pronta per dare il meglio di sé agli altri.
Si sa, i bambini trovano del tutto naturale che i loro giocatoli parlino e siano provvisti di sentimenti umani. Non è saggio scandalizzarsi quando Kenny getta la bambola dalla finestra perché è diversa, e allo stesso tempo si pente perché non voleva farle del male.
– Kenny, ora ti voglio parlare come farei a una bimba grande, devi sapere che l’emigrazione può evidenziare una per volta, o correlate, le diversità primarie: sesso, età, colore della pelle, etnia, religione, disabilità, orientamento sessuale, le differenze possono essere tante, ma accoglierle e valorizzarle rappresenta un’ignota avventura che inizia con il rispetto dell’altro.
– Capisco che vuoi dire papà, noi bimbi dovremmo diventare gli esploratori del futuro e cogliere ogni bambino sulla terra come “unico e irrepetibile”.
– Kenny, vedo che hai capito. Sono orgoglioso di te!
Kenny ricorda che qualche giorno prima del suo compleanno, nel parco, quattro bambine straniere, come lei, avevano fatto un gruppetto e parlavano la loro lingua fra loro, ignorando che insieme a loro c’era una bambina italiana. Poi si sono girate verso la bambina italiana e, con aria accusatoria le hanno detto: «Tu sei proprio razzista, credi che per essere nata in questo paese sei superiore a noi». In quel momento Gaia, la bambina italiana, piangendo diceva: «Non è vero, io non vi ho fatto niente di male». Kenny che era stata per tutto il tempo testimone di quella scena, si è alzata e, urlando contro le sue connazionali, ha affermato: «Siete voi quelle razziste, non vi rendete conto che parlate nella vostra lingua (che è anche la lingua di Kenny) in modo che lei non capisca, per escluderla; siete voi che aggredite per prime per la paura di essere aggredite».
Adesso però, Kenny è seduta nello stesso parco, vicina a suo padre. In lontananza si sentono delle urla: «Kenny, Kennyyyyy!». È Gaia che, insieme con altre tre bambine, la sta chiamando.
– Papà, posso andare a giocare con loro? – chiede Kenny.
– Vai pure, Kenny! – dice Jude, sorridendo. È chiaro che la sua bambina è proprio cambiata, è diventata più grande e giudiziosa.
Infatti, dopo il suo compleanno, Kenny, che prima tutti i giorni piangeva perché non voleva andare a scuola, divenne un’altra. I suoi occhi, poco a poco cominciarono ad ardere di desiderio di incontrare gli altri, come un piccolo uccellino che si sveglia dal letargo. Ha cominciato a vivere davvero tramite il suo cuoricino e, soprattutto, ha iniziato a trasmettere agli altri l’armonia che aveva dentro. Si è resa conto che al di là di ogni credo, religione, colore c’è un filo conduttore che funge da canale per unire le persone. Per lei è sempre più reale la frase che le ripete suo padre: l’uomo quando ritira il proprio ego e pregiudizio ha tanto da dare e tanto da ricevere dagli altri uomini. Alcune persone, possono avere una vita più travagliata, ma in compenso molto più ricca di esperienze.
Racconto pubblicato in Lingua Madre Duemilaquindici– Racconti di donne straniere in Italia (Edizioni SEB27)
L’illustrazione che accompagna il racconto è dell’artista Disana.pianta, nome d’arte di Giulia Gambino.