Parole fra donne: il bagaglio della vita Il commento di Tiziana Rubano
Scritto da Segreteria il 14 Aprile 2010
Pubblichiamo il commento di Tiziana Rubano, una delle partecipanti al laboratorio del 10 aprile al Borgo Medievale (Parco del Valentino – viale Virgilio 107 – Torino), pubblicato su Vento di Cilento
“Quando donne intelligenti vengono chiuse in uno stanzino di pochi metri quadri e pungolate con pillole di storie vissute non possono che scaturirne grandi cose. Una di fronte all’altra, sconosciute ma simili, pescate fra la folla eppure figlie della stessa madre, pelli diverse con occhi che si intendono, età lontane e mani che si incrociano. Dovrebbero chiamarsi laboratori di emozioni quelli organizzati nell’ambito della manifestazione “Parole fra donne: esperienze di narrativa e scrittura” nel progetto interculturale del Borgo Medievale e Palazzo Madama di Torino intessuto con il concorso letterario internazionale Lingua Madre. Stamattina, il tema proposto era “Il bagaglio della vita – dalle pellegrine alle donne globali”, un percorso sul tema del viaggio e dell’emigrazione. Due ore in cui non è stato chiesto altro che confrontarsi, noi così diverse, ma così vicine per passato e sensibilità. Cosa ne è uscito?
Che siamo donne divise a metà. È buffo, perché è l’espressione che uso da sempre per indicare la mia condizione di figlia di emigrati innamorata delle proprie origini. Divise a metà perché strappate dalla propria terra, perché nate da genitori nati altrove, perché costrette a viaggi continui per sentirsi a casa, perché spinte a cercare altra dimora per trovare l’ispirazione. O, come nel mio caso, perché attratta da una terra che non sarà mai mia e radicata in una che è di altri. Donne che non avranno pace fino a quando non potranno fermarsi nell’unico posto al mondo in cui vorrebbero essere. Ma qual è quel posto? Quello che affiora nostalgicamente nei profumi di cucina, nell’odore di pietre bagnate, nell’aria intrisa di essenze selvagge o quello che dopo il viaggio le ha fatte diventare donne? È stato chiesto di indicare l’oggetto da cui non ci separiamo mai. Chi ha citato un pupazzo, chi un amuleto. Io, forse più cinica, da mesi porto sempre con me, chiuso nell’agenda, un foglio, una semplice fotocopia che leggo al bisogno. Ultimamente sempre più spesso. Si tratta di un atto congressuale americano. Parla di uomini dalla pelle scura da cui bisogna guardarsi, di cui bisogna temere. Puzzano perché tengono lo stesso vestito per giorni, vivono stipati in piccoli appartamenti, stuprano le donne e sono dediti a furti. Sono italiani. Guardando le mie compagne argentine, filippine, del Paraguay, avrei voluto regalar loro quel misero pezzo di carta. Per avvertirle che la storia si ripete, ieri eravamo noi, oggi sono loro, domani saranno altri o forse di nuovo noi. Questo dobbiamo tenere a mente. Nessuno ne è esente. Godiamoci casa nostra finché ce l’abbiamo.”