Il filo della matassa L'autrice CLM Masal Pas Bagdadi racconta il suo nuovo libro.
Scritto da Segreteria il 16 Febbraio 2021
È uscito il nuovo libro Il filo della matassa dell’autrice CLM Masal Pas Bagdadi, pubblicato da Salomone & Belforte. Una riflessione sul significato della vita affrontata con tenerezza e nostalgia, grazie a una narrazione che si snoda tra sogno, passato e presente, immaginando un futuro di speranza.
Come si legge nella quarta di copertina, “la facilità con cui lettrici e lettori possono rispecchiarsi nelle parole dell’autrice rende i protagonisti vivi e tocca in modo naturale le esperienze umane di piccoli e grandi. La vita di Masal, donna capace di sperimentare le difficoltà e di superare gli ostacoli, diventa per chi legge un’avventura meravigliosa e da non perdere. L’autrice apre la propria anima a lettrici e lettori per condividere e riflettere sulle cose che contano e aiuta a fare luce sugli aspetti più profondi che ci avvicinano gli uni agli altri”.
Abbiamo intervistato l’autrice Masal Pas Bagdadi circa il percorso seguito per scrivere questo nuovo volume e i temi che vengono affrontati nel racconto.
In questo nuovo libro lei si apre ai lettori raccontando la propria vita, senza nascondere le difficoltà. Tuttavia sono sempre molto presenti i sentimenti di speranza e fiducia, nel futuro e nel prossimo. Quanto contano per lei questi sentimenti? Quanto conta per lei mettersi in relazione con gli altri?
Le emozioni e i sentimenti determinano la nostra vita più di quanto immaginiamo, perciò tutti i miei scritti sono influenzati direttamente o indirettamente da ciò che ho vissuto, sia nella mia vita privata sia in quella professionale.
In questo libro racconto, pur in modo romanzato, la mia vita con tutte le sue sfaccettature, mettendo a nudo episodi intimi che è difficile, in genere, esprimere apertamente. Attraverso questo testo, è come se mi riflettessi allo specchio per fare scorrere la mia vita avanti e indietro, tra passato, presente, e futuro, senza giudizio o paura. È come se ne facessi un bilancio, riconoscendone emozioni, esperienze, difficoltà e fiducia, con la speranza che tutto questo possa avere un senso per il futuro.
Parlo di nipoti, figli, vecchi amori adolescenziali, un lungo matrimonio finito e sogni rivelatori. Ritengo che la narrazione esposta in modo personale faciliti la condivisone di una esperienza che può arricchire lettrici e lettori emotivamente, spingendole e spingendoli, spero, a riflettere sul proprio vissuto.
Io concepisco la vita solo attraverso la condivisione con gli altri, donne, bambini, uomini, di ogni etnia e religione. Come dice Alejandro Jodorowsky “Ciò che è mio, se è soltanto mio, non è mio. Soltanto quando ciò che mio è anche per gli altri diventa mio”.
Qual è, quindi, “il filo della matassa”?
La matassa del mio racconto racchiude il senso stesso della vita, e il filo che si srotola da essa ha il compito di far (ri)vivere, volta per volta, un pensiero, un’esperienza, un incontro da fermare sulla carta. Ho adottato la forma della libera associazione, svincolata da un ordine prestabilito – propria di quel flusso di pensieri che può scaturire da una seduta psicanalitica – una modalità che mi ha permesso di spaziare tra presente, passato e futuro, toccando al contempo la fede. Spero di aver contribuito a mettere a fuoco problemi emotivi comuni a tante e tanti di noi. Anche se credo, nella mia personale esperienza, che con il tempo la vita si assottigli e l’anima fragile che l’accompagna faccia sempre più difficoltà a tollerare il dolore. Siamo incapaci di fermare il tempo, ma – come affronto nell’ultimo capitolo del mio libro – sono riuscita a placare la mia anima inquieta riconciliandomi con la natura e trovando sollievo nel mondo che ci circonda, che continua a esistere nonostante tutto.
Lei ha vissuto sulla sua pelle le conseguenze del razzismo. Nei confronti di chi è costretta/o a migrare, in questo momento storico, si assiste a uno scarto tra la percezione, l’immaginario dell’opinione pubblica e la realtà. Quanto è importante dare voce a chi ne è, o ne è stata come lei, protagonista?
Sono stata perseguitata in prima persona. Sono scappata delle persecuzioni anti ebraiche da parte degli arabi di Damasco a 5 anni – era il 1944 – e sono stata una rifugiata in Israele, cresciuta senza la mia famiglia in un kibbutz, un trauma questo che, malgrado gli anni, riaffiora con dolore ancora oggi e che ho raccontato nel libro A piedi scalzi nel kibbutz, che ho pubblicato con Bompiani nel 2002. Ho paura ogni volta che attacchi e violenze razziste si scatenano contro innocenti, contro quelle fasce di popolazione che, per religione, etnia, status sociale, vengono identificate come diverse. Nel mio piccolo, attraverso libri e storie, cerco di combattere contro la violenza e l’ignoranza dalle quali sfociano ogni giorno, come ben si vede dalle notizie sui quotidiani e alla TV, atti di brutale e infondata discriminazione, fino ad arrivare a quelle che non posso descrivere che come stragi. Queste implicazioni mi hanno accompagnato per tutta la vita e non posso fare a meno di riportarle anche in quello che scrivo, un processo che mi dà la distanza necessaria per analizzare ed elaborare il mio vissuto, anche e soprattutto in relazione alla discriminazione che ho sperimentato sulla mia pelle.