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Non c’è muro che tenga Lorena Carbonara all’Università per Stranieri di Siena

Scritto da Segreteria il 04 Marzo 2024

Lorena Carbonara – autrice e docente parte del Gruppo di Studio CLM – è intervenuta come relatrice alla giornata di studio Vivere il pathos delle migrazioni. Le narrazioni contemporanee e i translinguismi degli ethnoscapes organizzata dall’Università per Stranieri di Siena che si è tenuta il 29 febbraio 2024.

Un approfondimento sul multilinguismo e le identità multiple che ha indagato grazie alle parole e alle esperienze di tante autrici CLM. Non c’è muro che tenga: la lingua come strumento di attraversamento nei racconti di Lingua Madre era infatti il titolo del suo intervento, di cui riportiamo di seguito l’introduzione:

A partire dal concetto di ethnoscape teorizzato da Aryun Appadurai in Modernityat large (1996) − che così descrisse i “paesaggi di persone” che da sempre caratterizzano l’esperienza umana, ma che sempre più definiscono il mondo contemporaneo, fatto di attraversamenti di viaggiatori/trici, turisti/e, immigrati/e, profughi/e, lavoratori/trici stranieri/e e altri gruppi in movimento − questa presentazione si concentra sulla scrittura di donne migranti e non più straniere in Italia.

Il piccolo corpus di lavori che si sono condivisi è composto da estratti di racconti brevi tratti da alcune edizioni di Lingua Madre. Racconti di donne (non più) straniere in Italia (Edizioni SEB27), l’antologia giunta alla diciannovesima edizione che raccoglie gli scritti selezionati e vincitori del Concorso letterario nazionale Lingua Madre. Aperto a tutte le donne che hanno alle spalle o in corso un’esperienza migratoria e che vogliono incontrare l’Altra, il Concorso testimonia l’esistenza e la vivacità di questo specifico ethnoscape, emblema di quella liquidità teorizzata da Zygmunt Bauman (1999) e riecheggiata da Elif Shafak (2017).

Le scrittrici selezionate – che in alcuni casi utilizzano la scrittura come mezzo per l’elaborazione del trauma dovuto al dislocamento forzato e al ricollocamento in una società altra e spesso ostile – sono quasi tutte non professioniste. Chiamate a narrarsi, rispondono con pathos e diventano capaci di suscitare coinvolgimento e partecipazione sia in termini estetici che affettivi. La lingua che usano, una lingua “bastarda” come la definirebbe Gloria Anzaldúa (1987), è frutto della loro esperienza di immigrate di prima e seconda generazione o di donne italiane di origine straniera, in continua negoziazione con due o più sistemi culturali e linguistici, con due o più identità.

Per poter approcciare questi testi occorre posizionarsi contemporaneamente fuori e dentro, affidandosi a un’osservazione partecipe dell’altra, secondo la politica dell’accanto teorizzata da Paola Zaccaria (2017, 2022). È necessario accostarsi all’altra praticando ciò che Anzaldúa definisce “acercamiento”, parola messicana che rimanda al desiderio di incontrare la differenza eliminando la violenza del ricondurre l’altra a sé (Zaccaria 2017). Questa presentazione, che include una parte di reading di estratti dalle opere selezionate, mira ad approfondire la narrazione della migrazione femminile in Italia alla luce del recentissimo studio di Gabriele Del Grande (2023), che afferma: “Soltanto nel momento in cui un confine viene attraversato, assediato, e in fondo irriso, quel confine è in grado di generare un racconto. Un racconto che ci interroga e ci spinge a prendere posizione. Come in una guerra. O in una grande performance”.