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L’era innaturale: storie, paesaggi, ecologie Il CLM a Terra Madre 2018

Scritto da Segreteria il 21 Settembre 2018

«Ventidue anni fa, quando abbiamo iniziato questa avventura, la sensibilità sulle tematiche del cibo non era assolutamente paragonabile a quella di oggi”. Così ha esordito il presidente di Slow Food Carlo Petrini alla conferenza stampa di apertura della XII edizione di Terra Madre Salone del Gusto, all’insegna di una scommessa vinta: quella per il riconoscimento del valore del cibo nella società e nella vita di ogni persona.

Presenti il ministro delle Politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo Gian Marco Centinaio; il commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare Vytenis Andriukaitis, l’assessore all’agricoltura, caccia e pesca della Regione Piemonte Giorgio Ferrero, la sindaca di Torino Chiara Appendino che ha aperto i lavori.

Per cinque giorni a Torino delegati da 150 Paesi del mondo prenderanno parte a un progetto di sapere  inclusivo e democratico basato sul costante dialogo tra conoscenza accademica e conoscenze tradizionali.

“L’approccio mediatico alla gastronomia – non ha dimenticato di ricordare Petrini – non rende giustizia del percorso intrapreso in questi due decenni. Non è giusto, infatti, mettere sotto i riflettori solo la categoria degli chef, peraltro in massima parte uomini, quando la gran parte del cibo è assicurato dalle donne, contadine, produttrici e allevatrici di tutti i continenti”.

Proprio dalla volontà di rendere le donne protagoniste, dalla capacità di costruire connessioni tra campi del sapere e dell’agire politico – su cui insiste il fondatore di Slow Food – è nato l’incontro che ha visto il CLM inaugurare la kermesse nell’Arena di Terra Madre, lo spazio condiviso che ospiterà 340 indigeni, 230 migranti e 1000 giovani nei giorni della manifestazione: L’era innaturale: storie, paesaggi, ecologie.

Dal volume Antroposcenari. Storie, paesaggi, ecologie (Il Mulino), a cura delle docenti dell’Università degli Studi di Torino Daniela Fargione e Carmen Concilio, ospiti dell’incontro, ha preso avvio una riflessione sulle nuove narrazioni in cui ambiente, migrazioni, cibo non sono più un semplice sfondo per le storie, bensì influiscono sulle trame e sui personaggi, divenendo spazio di significato, generando traiettorie narrative del tutto nuove. Il discorso sulle emergenze – ambientali e sociali – che l’epoca contemporanea sta sviluppando, infatti, non può più prescindere da una riconnessione e un dialogo tra natura e cultura, tra conoscenze scientifiche e immaginari, tra pratiche e poetiche.

Le produzioni artistiche e letterarie, specialmente a firma femminile, sono così un valido strumento per conciliare il rigore scientifico e l’estro creativo, necessario affinché sia data una lettura più complessa e articolata dei fenomeni e delle crisi globali.

Come avviene nel racconto Parole sospese sulla neve di Melita Ferkovic (vincitrice del Premio Speciale Slow Food – Terra Madre/Concorso Lingua Madre 2018), in cui le interconnessioni tra paesaggio e paesaggio interiore, tra cibo e cultura, giocano un ruolo fondamentale e simbolico.
Sono stati letti brani del testo e quindi l’autrice ha portato il suo saluto alla platea, “scrivere è un’azione essenziale per rafforzare le mie radici – ha detto – per dare valore alle cose che prima sembravano scontate. Allo stesso modo, il cibo non è solo un semplice nutrimento, ma assume una dimensione più alta e simbolica, significa dedicare tempo e amore all’altro/a, come una metafora dalla quale far emergere nuovi, scenari, nuovi immaginari”.

Immaginari che all’antropocene contrappongono il ginecene, come approfondito nel saggio a firma di Daniela Finocchi e Paola Marchi contenuto in Antroposcenari,  un’approccio che guardi al mondo come a un ambiente domestico di cui prendersi cura perché “l’oblio della nostra dipendenza dall’aria, dall’acqua e dall’amore ha origine nel disprezzo dell’opera femminile di mettere al mondo e di provvedere quotidianamente ai bisogni materiali e affettivi della vita”.

Uno sguardo inclusivo, positivo, accogliente, che deve guardare con attenzione ma fiducia al futuro perché, come ha concluso Daniela Fargione, tutte e tutti “abbiamo bisogno di nuove narrazioni che non siano rassicuranti ma siano in grado di darci speranza, in grado di spronarci all’azione”.

Un ricco confronto a più voci che si è concluso tra gli applausi del folto pubblico che riempiva l’arena.