Le autrici di Lingua Madre

"Larisa" di Tiziana Treccani

Scritto da Segreteria il 21 Novembre 2012

Pubblichiamo online il racconto Larisa di Tiziana Treccani a integrazione di quello edito nel volume Lingua Madre Duemiladodici, mancante della parte finale a causa di un errore di stampa.

Tiziana Treccani  [Italia]

LARISA

Sono una donna disabile. Ho cinquant’anni.
Per bisogno ho iniziato ad entrare in relazione con donne straniere, badanti, otto anni fa.
Vivevo da sola. Ero ormai in pensione per l’aggravarsi della mia patologia e, quando il bisogno di aiuto nel condurre la vita quotidiana è aumentato, ho preso ad ospitare donne straniere.
Non è facile aprire la propria casa ad una persona estranea che, per necessità, è autorizzata (o talvolta si autorizza, mentre tu non sei in casa) ad accedere a tutti i tuoi spazi più intimi.
Aprendo la casa, all’inizio, aprivo anche il mio cuore a queste donne che raccontavano di lontananze, di familiari bisognosi o malati, per aiutare i quali erano venute in Italia a lavorare.
Mia mamma, pur non benestante, aveva sempre teso la mano a chi si trovava in situazioni di bisogno. Ed io, avevo imparato da lei.
Ma la cosa mi aveva provocato non poche delusioni.
La prima è stata Citra, dello Sri Lanka. Buona, ma reduce dallo tsunami e psicologicamente instabile.
Poi Marie, senegalese. Tante bugie e i documenti falsificati così da poter vendere il contratto di lavoro, che io le stavo stipulando, ad una connazionale che ne aveva bisogno per rinnovare il permesso di soggiorno, rimanendo lei clandestina.
Poi Monica, polacca. Da anni veniva in Italia di tre mesi in tre mesi alternandosi ad un’amica. Con una malinconia così profonda delle proprie figlie piccole da non essersi portata neanche una loro fotografia, perché bastava a scatenarle dentro il finimondo.
Mi aveva promesso che sarebbe ritornata da me dopo tre mesi; ma quattro giorni prima della data fissata, aveva finalmente risposto alle mie innumerevoli e preoccupate telefonate per dirmi che non tornava.
Poi Adriana, polacca. Con una casa di lusso, veniva in Italia solo per farla più bella e confortevole.
Poi Maria, polacca. Bugiarda sin dal primo giorno. Benestante abituata ad assistere nonni infermi, incapaci di reagire, che le lasciavano tutto il tempo di curare i propri affari oltre che i soldi per acquistare cibi costosi. Per fortuna, se n’è andata spontaneamente e senza preavvisarmi, dopo quindici giorni.
Poi Paola, albanese. Mi ha giurato e stragiurato che sarebbe rimasta con me tutta l’estate, ma alla fine di luglio ha acquistato il biglietto per andare con i suoi familiari a Durazzo in vacanza e mi ha lasciata sola.
Poi Larisa, moldava.
È lei che mi è rimasta nel cuore.
Giovane, ventisei anni, due figli di quattordici e dieci anni, era venuta in Italia da clandestina, pagando tremila euro per un visto turistico.
Aveva lavorato tre anni da un signore settantenne che l’aveva trattata come una figlia. All’inizio, mi aveva raccontato, era stata dura.

Oggi sono straniera
La mia vita è cruda come la morte.
Nel mondo sono andata
Mi sono allontanata da te
Pulcino che io amo.
Oggi straniera
Con le lacrime che scorrono sulle mie guance
Penso solo a te
Come posso fare ad incontrarti?
Sei solo tu quello che amo
Non posso dimenticare
Che ho preso il tuo cuore
Non c’è nessuno a cui dire
Che non sei qui vicino a me.

Naturalmente non conosceva una parola d’italiano.
Nella confusione in cui si era precipitata, si era ritrovata a mettere il burro sul davanzale esterno della finestra, anziché in frigo.
Pian piano, si era ripresa riscaldata dall’affetto di quell’uomo solo. Con la prima sanatoria, il suo “padre adottivo” aveva espletato la procedura per toglierla dalla clandestinità. Lei, quindi, era tornata in Moldavia per rientrare tre mesi dopo in Italia e scoprire che, anziché il permesso di soggiorno, ad attenderla c’era la morte – probabilmente legata al dolore della solitudine – di quell’uomo.

Mio cuore
Vorrei essere una stella
Per illuminare la tua camera.
La stella scende dal cielo
Pieno di stelle
E viene piano, piano
In casa vicino al tuo letto.
Si ferma e ti guarda
Ascolta il tuo respiro
Si piega su di te
Ti bacia.
E ritorna nel cielo sereno.
Gli occhi si aprono:
La stella non c’è.
La stella capisce che tu stai soffrendo per lei
La stella ti ama tanto
Tanto ti pensa
Sa che da qualche parte lontano
C’è un sole che la aspetta per riscaldarla.
I giorni passano,
Il sole riscalda nella direzione in cui brilla la stella.
Luna e cielo sempre si meravigliano
Di come possano amarsi una stella ed il sole.
Amore dolce
Cielo sereno
La stella ama il sole dal profondo della sua anima.

Così, clandestina, era arrivata da me, in attesa di una nuova sanatoria.
Abituata a lavorare nei campi, era molto forte: mi sollevava come un fuscello.
Mi raccontava della vita nel suo paese, ed era felice perché le avevo procurato una bicicletta con la quale, quando era libera, andava a trovare i suoi conoscenti.
Nei momenti di tristezza, scriveva poesie nella sua lingua.

Sei entrato nella mia vita
Fino al punto che non posso dimenticarti.
Voglio averti vicino a me
Per il tuo cuore ho fatto tutto.
Voglio tornare da te
Felice voglio stare con te
Ricordando il passato. 

Con il mio aiuto, le traducevamo in italiano.
«Forse, un giorno, pubblicheremo un libro tutto tuo».
Lei mi guardava incredula e orgogliosa.
Approfittando del fatto che io dovevo andare in piscina per fare ginnastica, si era fatta coraggio e aveva imparato a nuotare con la gioia di una bambina.
Veniva a scuola con me quando andavo a fare gli interventi di “Il Progetto Calamaio: educazione alla diversità”. Si mescolava ai bambini partecipando ai giochi con i quali trasmettevamo loro il nostro messaggio.
E, poi, al mare, in vacanza.
Quando mi sono trasferita a vivere in comunità, ci siamo salutate sperando che, un giorno, fosse possibile incontrarci ancora.
Era sicura che avrebbe «trovato in fretta un lavoro, perché conosceva bene l’italiano…».
Non è andata così, non ha trovato un lavoro e la malinconia di casa l’ha sopraffatta.
È tornata in Moldavia.
Penso che per lei e i suoi bambini sia stato meglio così.
L’altra faccia dell’Italia è il consumismo che fa spendere in “oggetti spesso inutili” i soldi guadagnati con tanto dolore.
Tra noi, ogni tanto, corrono degli affettuosi sms.

Le poesie sono di Larisa