Appuntamenti

La Carta di Roma tra istruzione, mediazione, mobilità Seminario di aggiornamento per giornaliste/i 2023

Scritto da Segreteria il 16 Febbraio 2023

Una sala gremita: quasi cento partecipanti che hanno colto l’occasione per confrontarsi sul tema dell’immigrazione – in particolare quella femminile – e le sue declinazioni. Questo l’eccellente esito di La Carta di Roma tra istruzione, mediazione, mobilità, tema scelto nel 2023 per l’ormai consueto appuntamento annuale di formazione per giornaliste/i organizzato dal Concorso Lingua Madre insieme all’Ufficio per la Pastorale dei Migranti – Arcidiocesi di Torino e GIULIA (GIornaliste Unite LIbere Autonome), che si è svolto martedì 14 febbraio.

Nel rallegrarsi di tornare a un’edizione in presenza, Maria Teresa Martinengo, segretaria dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte, ha introdotto l’incontro trasmettendo i saluti del Consiglio, ma soprattutto creando un clima di accoglienza: “Giornate come questa sono fondamentali per far crescere una cultura che sostiene sempre più i diritti di tutte e tutti” ha detto, sottolineando l’importanza della loro tutela.

Questo invito a presidiare la cultura dei diritti è stato rinforzato anche da Sergio Durando, direttore dell’Ufficio Pastorale Migranti dell’Arcidiocesi Torino, nel presentare la Fondazione Migrantes, Organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana. A Torino ci si occupa dell’assistenza agli stranieri – forti della tradizione di impegno sociale della città – ma tra gli obiettivi c’è anche l’informazione. “Di nuovo, oggi, ci troviamo di fronte a un’Europa costellata di muri e a una retrocessione sui diritti” ha esordito Durando, “per questo è fondamentale informarsi e interrogarsi per sviluppare una nuova narrazione”. Solo riflettendo tutti e tutte insieme circa le possibili soluzioni, si possono superare le paure delle invasioni o le chiusure, orientandosi invece a nuovi modelli di solidarietà.

Dopo i ringraziamenti, Daniela Finocchi, ideatrice e responsabile CLM, ha dato il via alla formazione, presentando relatrici e relatori oltre a lei stessa: Emmanuela Banfo, giornalista Rete GIULIA, Marcella Rodino, giornalista GIULIA e dell’Ufficio Pastorale Migranti di Torino, Simone Varisco, curatore del Rapporto immigrazione di Migrantes. In programma anche due interventi di approfondimento da parte di Natalia Sangiorgio, attrice di LabPerm di ricerca sull’Arte dell’Attore, e Rita Turino, psico-pedagogista e prima Garante Regionale del Piemonte per l’Infanzia e l’Adolescenza oltre che volontaria di Camminare insieme.

I punti della Carta di Roma devono essere ben chiari e diventare strumento base di ogni giornalista. Da questo inequivocabile principio ha preso avvio l’intervento di Emmanuela Banfo, che ha poi spiegato accuratamente le regole deontologiche fissate per tutelare il trattamento delle informazioni di richiedenti asilo, rifugiate/i, vittime della tratta e migranti in Italia: tutti termini che non sono sinonimi, ma hanno un significato ben preciso che non è corretto né lecito dimenticare, come illustra bene il Glossario della Carta. Nella correlazione con le rispettive sanzioni, Banfo ha quindi invitato ogni partecipante a “non viverle come limite alla libertà di espressione, ma piuttosto considerarle osservanze che rendono il nostro mestiere utile e socialmente meritevole. Rispettare questi punti non vuol dire censurarsi ma fare del buon giornalismo”. In più, per rapportarsi con migranti di cui molto spesso non si conoscono storie e culture, serve anche umiltà, umanità e capacità di valutare gli eventuali rischi per loro e per i familiari: la responsabilità di quanto si scrive è sempre personale, come ha ricordato la giornalista GIULIA, portando poi ad esempio alcuni titoli e notizie che cercano solo lo scandalo o si basano su dati infondati, diffondendo solo pregiudizi.

Giornaliste e giornalisti devono quindi proteggere le identità delle/dei migranti, ma queste andrebbero anche valorizzate per giungere a una vera inclusione sociale: ecco così che Daniela Finocchi ha ricordato la necessità di assicurare non solo l’accesso ai “beni primari”, ma anche e soprattutto quello alle urgenze culturali. Il Concorso Lingua Madre si inserisce in questo quadro come il primo riconoscimento letterario italiano dedicato espressamente alle donne migranti o di origine straniera, in riferimento alle appartenenze multiple che possono convivere nella stessa persona. Lo scopo è quello di offrire un luogo autentico di espressione e rappresentazione del sé, oltre ad avere una sezione per le donne italiane che vogliano raccontare l’incontro con l’Altra. “L’identità non può che rafforzarsi nella relazione” ha spiegato Finocchi, per promuovere così tra le/i presenti una lettura diversa da quella tradizionale. Come giornalista, ha spiegato di sentire il grande potere e la grande responsabilità di chi pratica la professione: “Il linguaggio può essere sessista e razzista al contempo, ma soprattutto quello che non si nomina non esiste. Su questo occorre dunque partire per mettere in uso un linguaggio che sia, insieme, rispettoso delle differenze e della differenza. La forma è sostanza: non è una semplice questione formale”.

Ma l’identità può voler dire anche “prendersi cura di sé, delle relazioni e di qualcosa che ci contiene attraverso l’arte”, come ha spiegato Natalia Sangiorgio. Con questo fine è stata creata L.U.P.A. Libera Università sulla Persona in Armonia che vuole insegnare a trasporre l’arte dell’attore nell’arte della persona. In collaborazione con CLM, al suo interno è stato sviluppato quest’anno anche il laboratorio di lettura ad alta voce Leggere leggeri in cui “ci si appropria delle parole scritte attraverso la voce, l’immaginazione e le facoltà interpretative, per veicolare immaginari, per incarnare un messaggio aprendosi al pubblico”. Sono state messe a disposizione tre borse di studio per le autrici CLM, che consentiranno loro di partecipare gratuitamente ai corsi e questo, secondo Sangiorgio, “sarà un ulteriore arricchimento del lavoro”.

Simone Varisco è quindi andato il compito di affrontare gli aspetti statistici, guardando però ai numeri in modo ragionato (e ragionevole) perché i “flussi” non esistono, ma esistono le persone “occorre sempre riflettere sulle e sugli stranieri/e che stanno dietro a cifre e tabelle – ha spiegato –  e non sono decine in più o in meno a cambiare il fenomeno, ma lo sguardo che ne diamo”. Da qui lo sgretolarsi di molti luoghi comuni. In primis – contrariamente alla percezione diffusa o che che si vuole diffondere – in Italia il fenomeno migratorio è progressivamente calato e si è stabilizzato negli ultimi vent’anni, un andamento confermato anche nel 2022 i cui dati sono inferiori rispetto al 2021. Inoltre, le/i migranti forzati da guerre o richieste di asilo sono una minima parte rispetto a chi si sposta per ricongiungimento familiare, lavoro o studio. Andrebbe quindi cambiata la lettura e soprattutto la narrazione del fenomeno che non risponde affatto a una “invasione”. Inoltre, le immigrazioni rappresentano in realtà un beneficio per tutto il comparto produttivo. Piuttosto quello che si sta verificando negli ultimi anni è il fenomeno opposto: il 66% circa delle/dei giovani con cittadinanza straniera o italiana con background migratorio vuole trasferirsi dall’Italia in un altro paese europeo. Questo a seguito di una mancata risposta alle loro istanze, agli anni di discriminazioni subite e alla paura del futuro nel nostro paese (e quest’ultima incide il 10% in più per le donne). Non è certamente un indice positivo, così come per gli spostamenti degli adulti, e al contrario testimonia come l’Italia non sia più un luogo sicuro, stabile e appetibile per chi cerca lavoro e opportunità di radicamento per la famiglia. Infine, anche nella raccolta dei dati e nelle statistiche il linguaggio andrebbe mutato per essere più aderente all’esistente. Per esempio, nel caso delle e degli studenti si dovrebbe parlare di “alunne/i con cittadinanza non italiana” piuttosto che di “alunne/i straniere/i”, espressione quest’ultima che non rispecchia la realtà dei fatti. Nel quasi 67% dei casi (e il dato è in aumento), infatti, si tratta di giovani nati in Italia, utilizzare quindi il termine straniera/o “crea un’immagine connotata – ha sottolineato Varisco – mentre la narrazione andrebbe spostata perché non vengano percepiti come studenti diversi o senza cittadinanza”. La maggior parte possiedono cultura e accento italiani e il 45% sono europei, piuttosto occorrerebbe quindi una riflessione critica sulla non acquisizione della cittadinanza italiana.

Altre criticità assai poco note si ritrovano in ambito universitario, come ha illustrato Marcella Rodino attraverso una panoramica dell’internazionalizzazione della formazione negli atenei, in particolare piemontesi. Sempre a proposito di dati, esiste, per esempio, una lettura che risulta falsata perché in quelli forniti dal MIUR non si riescono  a scorporare i numeri relativi a studenti straniere/i con diploma conseguito in Italia da quelli relativi a chi proviene da sistemi scolastici esteri. Negli ultimi anni, si è registrato un aumento di oltre il 60% delle iscrizioni straniere negli atenei d’Italia; dato che non è calato nemmeno quando si sono ridotte le iscrizioni delle/degli italiani. Risulta quindi che circa il 5,6% del totale di studenti è straniera/o, e di questi le donne superano di gran lunga i maschi (nel 2020-21 le prime erano 57.687 contro 44.509). Altro argomento di discussione, per Rodino, è che i ministeri italiani promuovano all’estero l’entrata negli atenei di studenti o ricercatrici e ricercatori straniere/ii, senza poi seguirne le sorti, disinteressandosi delle numerose difficoltà che devono affrontare. “Arrivano per diritto allo studio, – ha spiegato Rodino – ottenendo la residenza presso un collegio universitario e la borsa di studio per il primo anno, ma inevitabilmente seguono poi un diverso iter scolastico rispetto ai compagni, sia a causa delle difficoltà linguistiche sia per le minori conoscenze di base, oltre al fatto che quasi la totalità di loro lavora per mantenersi. Per questo, spesso rimangono indietro negli studi”. Una problematica emersa ancor di più durante il loockdown: il permesso di soggiorno, infatti, si riconferma solo a seguito del reddito e del merito negli esami universitari “peccato che molti si siano ammalati, abbiano perso l’occupazione per le chiusure della pandemia, non avessero gli strumenti per far fronte alla DAD, e così via”.

A conclusione dell’incontro, il focus di Rita Turino ha presentato la storia di trenta ragazzi stranieri che nel periodo del Covid-19 soggiornavano presso la Pastorale Migranti dove fruivano del polo alimentare e delle cure nel poliambulatorio offerte da Camminare insieme. Comunicando con loro è emerso che il loro progetto migratorio era chiarissimo (essere in Italia per il titolo scolastico) ma questo era pressoché impraticabile nonostante il loro impegno. “I dati mostrano che le/gli stranieri impiegano 6 anni o più per conseguire una laurea triennale, 10 se non 12 per quella magistrale. Questo ha poi gravi ripercussioni sulla loro possibilità di trovare lavoro, perché non possono vantare alcuna esperienza prima dei 30 anni. Per ogni studente straniera/o bisogna quindi chiedersi come sia possibile sostenerli nel loro progetto migratorio” ha affermato Turino. Ecco quindi la proposta a cui sono arrivati alla Pastorale migranti: durante il periodo pandemico, hanno effettuato una chiamata informatica a cui hanno risposto più di trenta docenti e che è confluita poi in un protocollo d’intesa con UniTo e Politecnico. Si è creata così una rete che segue oggi più di sessanta ragazze/i non solo sotto il profilo didattico e linguistico, ma anche psicologico, abitativo e sanitario.

Un ottimo incoraggiamento finale.

Tra gli applausi e i saluti, ci si è quindi dati appuntamento per il prossimo anno, per continuare ad aggiornarsi sul tema ma anche per seguire l’invito di don Luigi Ciotti di “Guardare oltre le mistificazioni ciniche e spaventate che dominano il dibattito pubblico. Spostare l’attenzione da ogni tipo di confine, verso l’altro e verso l’oltre. Oltre ai numeri, alla freddezza dei dati, verso i volti e le speranze della gente in carne ed ossa”.

Nella galleria tutte le foto di Marcos Dorneles, Michela Marocco, Elena Pineschi.