Le autrici di Lingua Madre

Le biografie delle vincitrici IX Edizione del Concorso Lingua Madre

Scritto da Segreteria il 31 Marzo 2014

BIOGRAFIE E MOTIVAZIONI PREMI VINCITRICI
IX CONCORSO LETTERARIO NAZIONALE LINGUA MADRE

Dragana Nikolic nasce in Serbia, a Belgrado, l’11 marzo 1973. Nel 2001 si trasferisce in Italia, a Roma, dove tutt’oggi vive e lavora. Biologa e mamma di due bambini, è da sempre affascinata dalle parole, dai doppi sensi e dalla ricchezza delle trame umane che si sviluppano sotto la superficie. Crede nell’Amore, nelle magie, nelle sinergie e nella bellezza della lentezza. Pensa che saper fare i biscotti, riparare un rubinetto o riconoscere una quercia non siano capacità da sottovalutare. È alla continua ricerca dell’equilibrio tra i propri pensieri, le emozioni e i numerosi spigoli della vita quotidiana. Fino a  oggi, non ha mai pubblicato nessuna opera letteraria.
Il suo racconto Blu notte ha vinto il Primo Premio del IX Concorso letterario nazionale Lingua Madre, con la seguente motivazione: «Per la tenuta narrativa, la musicalità, il ritmo, la capacità di esprimere gli ondeggiamenti psicologici della protagonista e le sensazioni più profonde. Per il modo non banale di descrivere il sentimento dominante dell’emigrata, la solitudine. Per l’atmosfera di sospensione che chi narra sa creare. Un monologo interiore che tocca corde profonde con uno stile maturo e coinvolgente. Una costruzione particolarmente efficace in un andirivieni di pensieri, luoghi, sensazioni, ricordi tra il passato felice e il vuoto del presente. Un sogno che cresce, fatto molte volte, come una passeggiata meditativa di cui si conoscono a memoria le tappe, e quindi una realtà che pian piano si rivela come memoria di un periodo concluso. Questo intreccio di piani, unito ad un erotismo non scontato, rende il racconto molto intenso e sicuramente riuscito».

Betina Lilián Prenz nasce in Argentina, a La Plata, nel 1968. Nel 1975 – costretta ad abbandonare il paese d’origine insieme alla famiglia a causa degli avvenimenti che porteranno al golpe del 1976 – si trasferisce a Belgrado, dove frequenta le scuole elementari. Poi, nel 1979, lascia la capitale serba per Trieste, città nella quale tuttora risiede. Dopo la Laurea e il Dottorato in Filosofia del Linguaggio, ha lavorato come docente a contratto in varie università, occupandosi anche di traduzione letteraria, soprattutto poetica.
Il suo racconto Viavai ha vinto il Secondo Premio del IX Concorso letterario nazionale Lingua Madre, con la seguente motivazione: «Per l’abilità narrativa di rappresentare storie di emigrazione attraverso un racconto multiplo e intrecciato di destini e relazioni familiari. Per la capacità di fare riferimento a eventi storici e problematiche politiche e sociali senza atteggiamento didascalico e senza ingenuità. Per la capacità di illustrare, dai diversi punti di vista, l’immigrazione e la sua eredità, a volte amara, attraverso una struttura originale, a più livelli: uno verticale, con la relazione avi/figli, e uno orizzontale con la relazione moglie/marito. Il titolo non può che rendere merito agli scambi di cui è fatta la vita e che questo testo è riuscito a ricreare in maniera sorprendente attraverso il micromondo di una famiglia. Sullo sfondo, sfiorata ma presente, la dittatura argentina, l’emigrazione italiana in Argentina, un “viavai” tra due poli raccontato con leggerezza e grazia, un piccolo insieme di voci che restituisce la dimensione autenticamente corale di tutte le storie».

Sumaia Shek Yussuf Abdirashid nasce il 4 settembre1993 da genitori somali.
“Il mio nome è Sumaia e vengo dalla Somalia” è una frase che usa per presentarsi e suscitare un sorriso nei suoi interlocutori. In realtà è nata e cresciuta in Italia, ma ha ottenuto la cittadinanza all’età di diciotto anni, vivendo sino ad allora senza essere burocraticamente né italiana, né somala. Oggi frequenta il secondo anno al Politecnico di Torino, presso la Facoltà di Architettura. Di sé racconta: «Il mio sogno, se così si può definire un progetto che si ha tutta l’intenzione di realizzare, è di specializzarmi in Urbanistica e ricostruire un giorno le strade che hanno visto crescere i miei genitori». Il suo racconto Ci saranno giorni come questo ha vinto il Terzo Premio del IX Concorso letterario nazionale Lingua Madre, con la seguente motivazione: «Per la capacità di rendere narrativa la trasmissione di esperienza e di esistenza, di sradicamento e radicamento, fra generazioni. Per l’indicazione forte a ricordare le origini, le vicende familiari e la storia, ma sentendosi cosmopoliti e cittadini/e del mondo. Per la prosa e il linguaggio – espressivi e convincenti – in cui le tematiche dell’emigrazione e le questioni storiche tra Somalia e Italia sono descritte in modo auto-narrativo, sullo sfondo, e in dialogo con il destinatario interno al racconto. Una bella lettera d’amore e di speranza che, con naturalezza, tocca il cuore e l’anima. Il tono è amaro e carico di sensi di colpa, ma alla fine la speranza torna a fare capolino e finisce per vincere. La disperazione diventa passione e la passione, alla fine, si trasforma in un augurio per la persona, per il mondo. Un testo carico di saggezza, che trasmette il travaglio esistenziale – quasi in maniera tangibile – al lettore».

Pinuccia Corrias nasce a Macomer, in Sardegna, il 1° aprile del 1945. Partita dal suo paese per studiare a Milano, ha giocato la propria vita tra la Sicilia – terra del marito – e il Piemonte, sviluppando uno stretto legame con i gruppi femministi di Torino e Pinerolo, ispirati al “pensiero della differenza”. Questa esperienza ha segnato il suo pensiero, la sua scrittura, ma anche la sua azione sul mondo, in particolare nella scuola dove ha insegnato letteratura e storia per trent’anni. Da qui – spiega – nasce il suo sguardo valorizzante sulla migranza, anche quando – come nel testo presentato al Concorso Lingua Madre – la sventura vorrebbe annientare non solo i corpi, ma la memoria di chi un giorno lascia la propria terra per inseguire un sogno. Il suo racconto Amèn Inshallah Shalom ha vinto il Premio Sezione Speciale Donne Italiane del IX Concorso letterario nazionale Lingua Madre, con la seguente motivazione: «Per la scrittura agile e poetica. Per il tema della sicilianità che si intreccia e convive con il dramma delle donne e degli uomini che dalle terre martoriate dell’Africa sbarcano nell’isola. Un racconto pieno di intelligenza e passione. Un’accorata, forte e sentita meditazione sulla morte dei naufraghi di Lampedusa, in particolare delle naufraghe, vittime del mare e della speranza. Una riflessione anche sul luogo e i modi della sepoltura, nella mescolanza di parole straniere e dialettali, che tocca il cuore e fa pensare. A metà tra il saggio e il racconto, la prima parte crea lo sfondo, dando voce ai luoghi e ai fatti. Poi subentra la poesia. La scrittura è sontuosa, interroga e dipinge con grande rigore e precisione, restituendo il ritmo e i suoni della Sicilia. La storia bellissima della condivisione dello spazio della sepoltura ha un sapore mitico e nella chiusa si rivela, anticipato dal titolo, il senso ultraterreno della migrazione cui tutti sono destinati. Un invito, struggente, a non dimenticare chi ci ha precedute e chi viene da lontano».

Hamida El Bennaoui nasce il 20 maggio 1992 a Tinghir, un piccolo paesino berbero nel sud-est del Marocco. All’età di quattro anni si trasferisce con sua madre e i suoi fratelli in Italia per raggiungere il padre e riunire la famiglia. Vive a Lograto, in provincia di Brescia, e si divide tra studio e lavoro: studentessa di Economia al II° anno e, dal 2011, maestra nella scuola materna della sua cittadina. Ha diversi hobby e interessi ma quelli ai quali si dedica maggiormente nel tempo libero sono la fotografia, la lettura e la pallavolo. La sua fotografia Terra ha vinto il Premio Speciale Fondazione Sandretto Re Rebaudengo del IX Concorso letterario nazionale Lingua Madre, con la seguente motivazione: «Tinghir è una cittadina di circa 35.000 abitanti che si trova nel sudest del Marocco, incastonata sotto le montagne dell’Atlante quando da Marrakech si guarda oltre Ouarzazate. La popolazione è di origine berbera, è il nome tinghir, nella lingua berbera, significa “delle montagne”. Tinghir è circondata, come fosse protetta, dalle montagne, come risulta nell’immagine di Hamida el Bennaoui. Una fotografia intitolata “Terra”, a specificare innanzitutto l’orgogliosa appartenenza a quel luogo, com’è tipico delle nobili genti del deserto, ma, al contempo, l’importanza di esser parte di una comunità, avvertita come una necessità imprescindibile. Le piantagioni, che rigogliose splendono ai piedi della città, proprio questo rappresentano: un processo in divenire, qualcosa che cresce per un bene comune, da perseguire insieme, grazie all’impegno e al supporto di tutti».

Hafida Faridi nasce in Marocco, a Marrakech, il 2 novembre 1968. Nel suo paese frequenta l’università, studiando Letteratura Francese. Si trasferisce in Italia nel 1996. Mediatrice culturale e autrice della raccolta di riflessioni poetiche Quando il silenzio parla (Stampa Sud, 2011), ha collaborato con la Gazzetta del Mezzogiorno curando la rubrica sul mondo arabo “Lune nuove”. Ha partecipato a diversi seminari culturali e interreligiosi nazionali. Attualmente è Presidente dell’associazione italo-araba “Aafak-Orizzonti” e parte dell’associazione interreligiosa diocesana “Mai senza l’altro”. Il suo racconto Mendicante d’identità ha vinto il Premio Speciale Rotary Club Torino Mole Antonelliana del IX Concorso letterario nazionale Lingua Madre, con la seguente motivazione: «Il testo si contraddistingue dagli altri per aver affrontato in tono letterario, e utilizzando spesso un linguaggio metaforico, il tema della perdita di identità che affligge spesso chi emigra, inseguendo un sogno, in un altro paese e si ritrova a fare i conti con il disincanto ed il senso di estraneità che ne consegue. L’autrice è stata in grado di trasmettere più di altri il senso di smarrimento che vive chi lascia la propria cultura e le proprie tradizioni, trovandosi a vivere una condizione di doppia estraneità: straniero in un altro Paese ed alieno al rientro in Patria».

Ramona Hanachiuc nasce il 7 luglio del 1976 a Vaslui in Romania, dove riceve un’istruzione scolastica durante gli ultimi anni del periodo Ceausesco. Mette al mondo, all’età di vent’anni, sua figlia Ioana e nel 1999 decide di trasferirsi con lei in Italia, ad Alba, dove ancora oggi vive e lavora. È volontaria del 118 cittadino e nel tempo libero – come lei stessa racconta – ama dedicarsi alla lettura di quei classici che durante la dittatura le erano proibiti. Il suo racconto Magie del passato ha vinto il Premio Speciale Slow Food-Terra Madre del IX Concorso letterario nazionale Lingua Madre, con la seguente motivazione: «Il racconto di Ramona Hanachiuc illustra un gesto semplice, quotidiano, come quello della panificazione, come fosse una magia, una sorta di rituale, dove i movimenti delle mani sono coordinati da una sapienza secolare, che le nonne trasmettono alle nipoti. Il cibo, come mostrano molti dei racconti delle donne di Lingua Madre, è esattamente questo: non solo un nutrimento per il corpo ma spesso anche per lo spirito».

Nadia El Maani nasce il 21 dicembre 1996 a Casalmaggiore, in provincia di Cremona, da genitori di origini marocchine. Nella sua città frequenta l’Istituto Polo Romani. «Cerco solo di fare tutto ciò che mi gratifica – racconta – e dà un senso alla mia personalità. In parole semplici, vivo la mia vita, assorbendo le emozioni che questa mi regala». Il suo racconto La strada dei sogni e dell’amore ha vinto il Premio Speciale Torino Film Festival del IX Concorso letterario nazionale Lingua Madre, con la seguente motivazione: «È un racconto semplice e – a modo suo – romantico, dove viene narrata la storia di una giovane ragazza diciassettenne che vive in un piccolo paese del Marocco che ha il nome di un numero: 17. Figlia di genitori separati, vive con la seconda moglie del padre che è emigrato in Italia in cerca di fortuna. La sua vita si divide tra i lavori di casa, sotto la rigida e crudele disciplina della matrigna, e il desiderio di fuggire altrove inseguendo il sogno della musica. La storia possiede i tratti tipici della favola cinematografica, se vogliamo una sorta di Cenerentola in salsa magrebina. Gli ingredienti ci sono tutti: la perfida matrigna, i fratellastri dispettosi, i tormenti interiori di una fanciulla dall’animo dolce e puro, ma vessata come una schiava, il padre lontano che, pur amandola, non la può proteggere, il desiderio di una vita migliore. La chiave originale, in questo caso, potrebbe essere rappresentata dalla madre biologica perduta, una cantante ricca e famosa, che assume il ruolo del principe che, alla fine, la ritrova e la salva da quella vita di privazioni e sofferenza».

Mihaela Andreea Cucos nasce in Romania, a Barlad, nel 1994. Vive in Italia da quasi dieci anni e attualmente frequenta con profitto il quinto anno dell’ITES “Russell-Moro” di Torino. Ama la lettura, che considera un rifugio dalla realtà, la scrittura, attività cui si dedica con passione, e le lingue straniere. Il suo racconto Mamă adottiva ha vinto con 285 voti il Premio Speciale Giuria Popolare del IX Concorso letterario nazionale Lingua Madre.