Le autrici di Lingua Madre

Intrecci, traduzione, cultura delle donne Tante le collaborazioni nate grazie al CLM

Scritto da Segreteria il 10 Aprile 2017

Il Concorso Lingua Madre favorisce intrecci tra donne e tra le autrici che vi partecipano. A volte questi intrecci nascono spontanei. È quanto avvenuto con il libro di Giuseppe Catozzella, Non dirmi che hai paura, su cui, di recente, si sono confrontate le autrici Sumaia Shek Yussuf Abdirashid, Alia Sharif Aghil e Rahma Nur in occasione di un’iniziativa promossa nell’ambito di Leggermente 2017.
E proprio in questo periodo, Anita Vuco – vincitrice del secondo premio (Premio Consulta Femminile Regionale del Piemonte) della XII edizione del CLM – sta traducendo dall’italiano verso il croato il romanzo che percorre i passi di Saamiya Yusuf Omar, un’atleta somala che partecipò alle Olimpiadi di Pechino nel 2008, morta nel Mediterraneo, il 2 aprile 2012, mentre tentava di afferrare la cima di una fune lanciata dai soccorritori italiani.
Condividiamo le intese e profonde parole con le quali Anita Vuco ci ha comunicato del suo lavoro, parole che raccontano molto del complesso e articolato rapporto con la lingua e la lingua madre e con la traduzione, tema che – tra le altre cose – troverà spazio nell’ambito degli appuntamenti del Concorso al Salone del Libro di Torino 2017.

(Fotografia: Fili colorati di Edona Ndoci, selezionata per il Premio Speciale Fondazione Sandretto Re Rebaudengo IX CLM)

“È la prima volta, per me che ho sempre scritto e tradotto esclusivamente verso l’italiano, che adopero la mia lingua madre. Negli anni ’90, da vera ingenua, smisi quasi di utilizzare serbo o croato, come lo si vuole chiamare, perché non accetto ancora una sua differenziazione forzata; per la scrittura adoperavo esclusivamente l’italiano, facendo una fatica immensa, e nella lingua parlata facevo lo stesso non appena il mio interlocutore dimostrava di conoscerlo minimamente. Per più di due decenni la scelta della lingua è stata un “comodo alibi” che mi assicurava quel minuscolo distacco da tutto ciò che altrimenti mi avrebbe completamente travolta. Non avrei mai creduto di poter curare quella ferita in maniera consapevole o di metabolizzarla almeno in parte, eppure sta succedendo, proprio ora, con la traduzione letteraria che è stata soltanto un primo timido passo, per proseguire poi con la scrittura, nella quale mi sto riappropriando di quel bagaglio linguistico troppo a lungo tenuto ben celato. Una gioia inaspettata, enorme. Predrag Matvejević, me lo predisse già all’epoca: «Sei troppo giovane per sapere che non sei tu quella che può decidere di abbandonare una lingua, perché non è la lingua che rinuncerà a te. Spunterà fuori vigorosa e potente, non appena ti sarai fatta abbastanza forte da perdonare te stessa per cose delle quali non hai alcuna colpa». Non riesco che cogliere in tutto questo quel meraviglioso intreccio che governa le nostre vite, del quale per di più, nella quotidianità, non siamo coscienti. Grazie dal cuore, Anita”.