Giornata Mondiale contro le mutilazioni genitali femminili L’intervista di Alba Arcuri ad Alia Sharif Aghil
Scritto da Segreteria il 08 Febbraio 2012
Il 6 febbraio è stata la Giornata Mondiale contro le mutilazioni genitali femminili, una pratica che oltre 140 milioni di donne nel mondo hanno subito nella loro infanzia. Su questo tema il 12 febbraio, sul programma Area di servizio di Radio Rai 1, andrà in onda l’intervista di Alba Arcuri ad Alia Sharif Aghil, autrice del Concorso Lingua Madre, che in I ricordi della mia terra, pubblicato nell’antologia Lingua Madre Duemilasei, racconta:
«Un altro rito, che la maggior parte di noi bambine ricorderà per sempre dato che è molto doloroso e crea mutazioni nel nostro corpo (mentre per i maschietti avviene in forma più blanda) si chiama gurò, ed è la discussa pratica della circoncisione.
Io fui fortunata perché quando mi sottoposero a quell’intervento avevo solo pochi mesi, e quindi non ero cosciente del dolore che provavo; neanche ora potrei ricordare che cosa sia successo a me, ma quando ebbi sei o sette anni potei vedere tale rito praticato ad altre bambine. A me capitò l’intervento da neonata perché in quei giorni a casa nostra si celebrava il matrimonio di un mio zio ed era presente la signora della circoncisione; così io e altre due bambine venimmo sottoposte a questa pratica cogliendo l’occasione del festeggiamento di quel matrimonio. Spesso si usava accomunare questi eventi anche per motivi economici. Le cerimonie per la circoncisione potevano avvenire quindi in vari periodi dell’anno: veniva chiamata la signora esperta della pratica che di solito era una donna robusta e ben decisa, spesso la stessa che faceva da levatrice alle partorienti e da accompagnatrice alle neospose durante i primi giorni del matrimonio. Un giorno a casa dei miei parenti vidi la preparazione per il rito della circoncisione: in una stanza venivano preparati una stuoia, delle lenzuola, bacinelle d’acqua, lamette, e degli unguenti da usare come disinfettante; poi con l’aiuto dei famigliari si procedeva all’intervento. Le mamme e le nonne cercavano di blandire le bambine che dovevano essere sottoposte all’intervento con mille promesse di vestiti nuovi, di dolciumi, e spiegando a loro che l’intervento era necessario per entrare nel mondo dei grandi e che rappresentava un importante rito di purificazione. Quando stava per iniziare l’intervento, in casa calava un silenzio inquietante e dopo un po’ si sentivano le urla di pianto delle bambine che facevano tremare le pareti; subito dopo i famigliari e gli amici applaudivano la bambina per la sua bravura ed emettevano il classico suono di festa (alaal), e si finiva con l’offerta di dolci e caffè ai presenti. Le bambine circoncise dovevano rimanere a riposo per un po’ di giorni con le lenzuola avvolte alle gambe, poi venivano coccolate e nutrite con delle buone pappe. Ma in casa continuava ad aleggiare per parecchio tempo tanta paura, e da quel giorno in poi la donna dell’intervento rappresentava il terrore delle bambine.»
(Alia Sharif Aghil, I ricordi della mia terra, in Lingua Madre Duemilasei. Racconti di donne straniere in Italia, Edizioni Seb 27)