Appuntamenti

Immigrazione e cultura Il CLM alla tavola rotonda Bibliobabel

Scritto da Segreteria il 23 Febbraio 2021

Lunedì 22 febbraio il Concorso Lingua Madre con le autrici del progetto ha partecipato alla tavola rotonda Immigrazione e cultura, secondo appuntamento nell’ambito di Bibliobabel, un percorso di formazione destinato ai bibliotecari di Torino, al fine di rispondere ai bisogni sociali, formativi e culturali dei residenti stranieri. Un percorso che vede attivamente coinvolto il CLM e che abbiamo approfondito in questo articolo.

Il programma vuole essere un’occasione per le/i partecipanti di confrontarsi con il tema dell’intercultura, in dialogo con straniere e stranieri che lavorano nel settore, dall’editoria alla produzione audiovisiva e multimediale. Scrittrici/ori quindi ma anche registe/i, ricercatrici/ori, giornaliste/i sono chiamate a esprimere le loro considerazioni in dialogo con chi, cittadino italiano impegnato nella cultura, si sta accorgendo di loro. Si vuole riflettere su una lingua in movimento e su una società che, in realtà, è già mutata e interrogarsi su come promuovere un nuovo approccio al tema dell’intercultura e quale ruolo possono avere straniere e stranieri in questo processo già avviato ma che stenta ancora a decollare.

Hanno partecipato le autrici del Concorso Andreea Luminita Dragomir, Wafa El Antari e Luisa Zhou insieme a Daniela Finocchi, ideatrice e responsabile CLM. Con loro anche Adil Azzab, regista e scrittore, Yassin Dia, ricercatrice Fieri, Paola Gallo, responsabile narrativa italiana Einaudi, e Karim Metref, giornalista e promotore dei diritti dei giornalisti stranieri in Italia. A moderare l’incontro Marcella Rodino, giornalista dell’Ufficio Pastorale Migranti di Torino.

A introdurre la tavola rotonda Domenico Cerabona della Fondazione Giorgio Amendola – fra gli enti organizzatori di Bibliobabel – che ha spiegato i principi fondanti del progetto, volto ad avvicinare alla biblioteca le tre principali comunità linguistiche presenti sul territorio metropolitano di Torino: cinese, romena/moldava e araba.

La parola è quindi passata a Marcella Rodino che è entrata nel merito dell’argomento. “In Italia gli stranieri sono oltre 5 milioni e nella sola provincia torinese costituiscono il 9,5% della popolazione. Quando si parla di migrazione, sembrano predominare fenomeni emergenziali o fenomeni legati alla sicurezza, non si menziona quasi mai questa popolazione che da tempo risiede in Italia, lavora, consuma, produce cultura. Questa tavola rotonda è nata proprio per andare a cercare persone di origine straniera, spesso seconde generazioni, che attraverso la cultura si esprimono, magari per lavoro, magari per passione. Di cultura si vive. Quando guardiamo a percorsi di inclusione, di intercultura non si può prescindere da questa fetta di popolazione. Le biblioteche si devono aprire di più al territorio, coinvolgendo agenti straniere e stranieri che si occupano di cultura”.

Andreea Luminita Dragomir ha raccontato la sua personale esperienza con la lingua italiana, un percorso che l’ha portata a padroneggiare e fare proprio il nuovo idioma, spingendola a mettersi in gioco, partecipando al Concorso Lingua Madre. “Il solo fatto che il mio primo racconto Case senza sole sia stato pubblicato in Lingua Madre Duemilasedici. Racconti di donne straniere in Italia (Edizioni SEB27) ha costituito per me un’insperata vittoria – ha spiegato Dragomir – un’occasione per raccontarmi e una fonte di grande soddisfazione. Nel 2019 ho poi vinto il Premio Speciale Slow Food Terra Madre del CLM con il racconto Un lascito, dedicato alla mia adorata insegnate di italiano, senza la quale nulla di tutto questo sarebbe stato possibile”. “Definire la cultura non è facile” ha poi concluso Andreea Luminita Dragomir “per  me è l’insieme di tutte quelle cose che ci avvicinano alla spiritualità come l’arte, la musica, la scultura e ovviamente la scrittura”.

Anche Wafa El Antari, come le/gli altre/i relatrici/tori, si è interrogata sul significato di cultura. “Mi ritrovo nelle parole di Albert Camus, secondo il quale la cultura è il grido dell’uomo davanti al suo destino, un mosaico di esperienze che ad un certo punto sentiamo il forte desiderio di esprimere”.

“Faccio parte della cosiddetta seconda generazione – ha quindi spiegato El Antari – una condizione che ho pienamente realizzato solo un paio di anni fa, all’università, dato che sono nata e cresciuta in un contesto che mi ha dato poche occasioni di contatto con marocchini o musulmani. Per me è stata poi particolarmente significativa un’esperienza di volontariato che ho fatto presso il carcere di Verona, dove i detenuti hanno fatto un percorso legato alla lettura che si concentrava proprio attorno al luogo biblioteca. Ascoltare le loro storie è stato uno dei primi confronti con la mia stessa cultura, ho ritrovato persone, fuori del mio nucleo famigliare, che mi parlavano di luoghi che non ho mai vissuto. Avere questa esperienza all’interno del carcere, luogo in cui la libertà è concetto particolare, ha avuto tutto un altro significato. Perché questo è il mio rapporto con la letteratura e la cultura: la ricerca di libertà”.

“Per me la cultura è qualcosa che si evolve con il tempo, un’entità dinamica che ha come scopo creare un terreno comune in cui gruppi di persone possano riconoscersi e convivere. Un terreno che viene, tuttavia e per fortuna, sempre contaminato” ha sostenuto Luisa Zhou. “Quando ho scritto il racconto (S)corri nelle mie vene. Sottopelle, con il quale ho vinto il Premio Speciale Slow Food Terra Madre del CLM nel 2016 ero all’inizio del mio percorso per comprendere la mia identità di seconda generazione. Una strada che mi ha portato, sia dal punto di vista professionale, sia da quello personale, a interrogarmi sempre di più sulle storie e sulla possibilità di usare il racconto per promuovere l’inclusione. Ora vorrei dedicarmi alla creazione di universi narrativi, diffondere idee, pensieri ed emozioni attraverso non solo la scrittura, ma anche altre forme artistiche, attraverso diversi media, per arrivare a tutte e tutti”.

È quindi intervenuta Yassin Dia: “Il fatto  di avere un background migratorio ha sicuramente influito sulla mia vita, concretizzando il mio interesse sul tema. La mia identità oscilla sempre fra appartenenza e esclusione. Credo che il dialogo debba necessariamente includere non solo i migranti: questi temi possono essere piattaforma comune per un confronto costruttivo con tutte/i”.

“Chi è straniero o straniera e scrive in italiano ci fa un regalo incredibile” ha esordito Paola Gallo, proseguendo “è una possibilità meravigliosa per entrare in contatto e riscoprire la nostra stessa lingua sotto una luce diversa, fatta propria e rielaborata da qualcuna o qualcuno che l’ha imparata e che ha deciso attivamente di esprimersi attraverso di essa. Se posso dare un consiglio ai bibliotecari è quello di cercare l’autenticità e creare un luogo in cui si possa essere se stessi/e”.

Anche Daniela Finocchi si è confrontata sul tema della lingua sostenendo come sia necessario ripartire proprio dal linguaggio. “Bisogna fare molta attenzione alla posizioni eurocentriche e patriarcali. Le lingue sono creature vive, come gli animali, che si evolvono ed è anche questa la ricchezza che le straniere apportano all’Italia e all’italiano. Non si tratta solo di “dare” ma di ricevere al contempo. L’importante è offrire l’opportunità, soprattutto alle donne, di prendere voce. Tutto questo senza intermediazioni, senza volersi fare interpreti ma semplicemente ponendosi all’ascolto”. Ha quindi spiegato come le stesse autrici del Concorso affrontino in modo unico l’italiano, che spesso si fa componente metanarrativa nei loro racconti, diventando un personaggio a tutti gli effetti, con cui relazionarsi. La lingua, come sostiene Bernardine Evaristo, può persino diventare un luogo di lotta, da qui può nascere qualcosa di nuovo, stravolto, fluido, capace di arricchire tutte e tutti.

Adil Azzab, regista e scrittore, è poi intervenuto in merito al complesso di inferiorità che ha vissuto in prima persona, quando arrivò in Italia. “Mi sentivo dire che non essendo italiano certe cose mi erano precluse, ho vissuto il rischio di non poter sperimentare il mio talento e il mio interesse, una cosa che mi accomuna a tanti miei coetanei”. A 13 anni aveva infatti lasciato il Marocco per raggiungere il padre a Milano. Tempi difficili e il mito dell’Italia vista come un paradiso che presto svanisce. Poi l’incontro con un centro di aggregazione giovanile e con la cinepresa, il ritorno in Marocco, l’idea di raccontare la propria storia: ne è nato un film in cui tanti ragazzi si riconoscono.

Karim Metref ha infine portato il suo punto di vista sul giornalismo italiano e sul linguaggio usato dai media nei confronti della migrazione e dei migranti. “Per essere iscritti all’albo dei giornalisti bisogna avere la cittadinanza, così come per aprire una testata giornalistica, una condizione questa estremamente preclusiva per gli stranieri in Italia che porta a una mancanza di rappresentazione di migranti e stranieri nei media” ha specificato, aggiungendo “il web è stato un sicuro aiuto per questo processo ma la strada che ci aspetta è ancora lunga”.

Ne è seguito un dibattito con le/i bibliotecari/e per raccogliere idee e suggerimenti su come avvicinare straniere e stranieri alle biblioteche, su come costruire percorsi condivisi di relazione e confronto.

Rodino ha quindi chiuso l’incontro con un invito ai bibliotecari presenti, ad agire sempre con curiosità, per aprire una porta, per conoscere qualcosa o qualcuno di nuovo, senza etichette e pregiudizi, dandogli la possibilità di raccontarsi.

Qui è possibile rivedere il video completo della tavola rotonda.