Appuntamenti

"Il precipizio" di Tiziana Colusso Intervista alla scrittrice e autrice CLM

Scritto da Segreteria il 23 Settembre 2020

La scrittrice e autrice CLM Tiziana Colusso racconta nel testo teatrale “Il precipizio” (EscaMontage Edizioni) il massacro del Circeo che dopo 45 ancora ci interroga e induce riflessioni che coinvolgono etica, politica, devianza psico-patologica, rapporti di classe oltre che rapporti uomo-donna.

Ecco l’intervista all’autrice per approfondire le motivazioni e la struttura della sua opera.

Dopo quarantacinque anni, il massacro del Circeo, perpetrato da tre rampolli dell’alta borghesia romana appartenenti alla destra eversiva degli anni ’70, ci interroga ancora, e induce a riflessioni che coinvolgono etica, politica, devianza psico-patologica, rapporti di classe oltre che rapporti uomo-donna, proprio negli anni dell’esplosione del movimento femminista.

È un “fattaccio brutto” – dice Tiziana Colusso – ma soprattutto uno “gnommero” gaddiano, un gomitolo di cause e concause, una rete che di nodo in nodo si fa larga a catturare le storie individuali e collettive. L’urgenza di cimentarmi con questo evento cupo – che per decenni era rimasto come una lacerazione muta della sua adolescenza –  è nata durante un lungo soggiorno al Circeo, in occasione dell’iniziativa “Residenza delle Narrazioni. Il mare di Circe”. E proprio Circe, assunta come Maga, Pharmakis, terribile e materna a un tempo, diventa il motore narrativo di questa scrittura teatrale sui generis, che non si regge su dialoghi ma su voci ieratiche e assolute: quella di Circe, quella di Donatella (la sopravvissuta), quella della Narratrice (l’ex-adolescente degli anni ‘70) e altre voci , che compongono una polifonia del dolore e della trasformazione del dolore. Su tutto incombe la presenza del “Precipizio del Circeo”, come viene chiamata quella parte del monte Circeo crollata in mare in tempi remoti e che lì rimane come una premonizione di ogni altro precipizio.

Tiziana Colusso al Circeo, presso la Torre dei templari, stanza dedicata a Elsa De Giorgi – © Rino Bianchi

Perché dopo quarantacinque anni esatti, e dopo aver pubblicato libri su vari argomenti, ha sentito l’esigenza di scrivere un testo dedicato al massacro del Circeo?

I pensieri e gli eventi ci lavorano in modo carsico, in fiumi sotterranei che scorrono lungo gli anni, fino al momento in cui si crea una faglia, una frattura spazio-temporale che ne consente l’emersione. Per me quei fatti, accaduti nel settembre del 1975, hanno costituito una lacerazione irrimediabile dell’ adolescenza, per me e per almeno un paio di generazioni. Certo, le ragazze più grandi potevano capire fino in fondo l’orrore degli accadimenti, io ero una quindicenne ancora chiusa al mondo, divisa tra la scuola di suore, che ci abituava al non-detto e al silenzio su tutti i temi che riguardavano il corpo e la sessualità, e una famiglia che cercava di tenermi fuori da ogni bruttura del mondo, anche se in seguito le brutture del mondo mi hanno colpita in pieno, poiché non avevo gli anticorpi emotivi. Ma in qualche modo, ovviamente, ho saputo quello che era successo al Circeo, ho provato rabbia e dolore come tutte le donne all’apprendere quello che era successo. Per tanti anni ho preferito scrivere di argomenti che non mi riguardavano direttamente, per una sorta di pudore o di protezione, e solo adesso lascio che a volte il vissuto personale affiori nella scrittura. Per questo, quando sono stata invitata insieme ad altri autori/autrici italiani e stranieri a prendere parte al progetto “Residenza delle Narrazioni. Il Mare di Circe”, vivendo per un certo periodo al Circeo con la suggestione di scrivere qualcosa ispirato al territorio, non ho avuto dubbi. Era arrivato il momento.

Perché ha utilizzato la forma del testo teatrale?

Il teatro è stata la mia prima passione culturale, all’inizio degli anni 80 avevo una rubrica di teatro a Radio Blu e per una serie di circostanze ho conosciuto e frequentato l’ambiente dell’avanguardia teatrale. Il teatro che seguivo e prediligevo era il teatro performativo e multimediale, non il teatro “di parola”, il teatro drammaturgico, che mi sembrava retaggio del teatro borghese ottocentesco, già rovesciato dagli spettacoli surreali o futuristi delle avanguardie storiche. In seguito i miei interessi e studi si sono spostati verso la letteratura, e più tardi ho iniziato a pubblicare testi in prosa e poesia. Tuttavia, nei momenti in cui mi sono trovata ad affrontare argomenti storici complessi, dove confluiscono voci diverse e drammatiche, la forma drammaturgica mi si è imposta naturalmente. Negli anni 90 ho scritto il testo “Irina l’idiota. Appunti per una lingua folgorante”, una sorta di poesia teatrale a più voci, su uno stupro immaginato come una crocifissione da parte di un gruppo di ragazzi ai danni di una donna sordomuta, guardiana di cimitero. Il testo è stato rappresentato in un Festival a Tuscania.  Nel 2001 ho scritto e rappresentato come scrittura scenica – e in seguito pubblicato –  il testo “Il tempo del vaiolo”, un atto unico ambientato in una Roma futuribile, devastata da una terribile epidemia di vaiolo….. oggi si potrebbe dire un testo profetico! Ed ecco è arrivato recentemente questo testo, “Il precipizio. Teatro delle voci per Donatella e Rosaria”, che in qualche modo riprende il tema di “Irina l’idiota” ma calandosi nella realtà di uno stupro-assassinio realmente accaduto. Anche se non ho rinunciato a mescolare la realtà con una dimensione ulteriore, mitica, rappresentata dal personaggio della maga Circe, elaborata come maga-pharmakis potente e consapevole. La rielaborazione di Circe si è nutrita di uno straordinario romanzo-saggio della studiosa statunitense Madeline Miller, tradotto in Italia proprio nel 2019, in tempo per metterlo in valigia e portarlo durante alla “residenza delle narrazioni” al Circeo. So che altri testi sono stati scritti sul tema del massacro al Circeo, ma ho letto lo stretto indispensabile, proprio per allontanarmi in parte dalla cronaca e far lievitare i fatti ad un livello di universalità atemporale, come riflessione sul dolore delle donne e la trasformazione individuale e collettiva di questo dolore, sotto il segno della sapienza archetipica della Maga Circe.

La plaquette con il testo verrà presentata per la prima volta il 27 settembre 2020, nella giornata conclusiva del Farnesina Book Fest (Roma, Arena Farnesina), proprio in concomitanza con la data della ricorrenza dei fatti del Circeo, che è il 29/30 settembre.