"Il cibo crea ponti" Riflessioni per Expo Milano 2015
Scritto da Segreteria il 01 Maggio 2015
“Il cibo crea i ponti” scrive l’autrice del Concorso Lingua Madre Enisa Bukvić in una sua riflessione che condividiamo nella giornata di inaugurazione di Expo Milano 2015, insieme a un altro testo dedicato alle usanze culturali alimentari in Bosnia Erzegovina, suo paese d’origine.
Buona lettura a tutte/i!
Il cibo crea i ponti
Credo che siamo poco consapevoli di quanta importanza culturale abbia il cibo e quanto siamo legati alle abitudini alimentari della terra dalla quale proveniamo. L’alimentazione insieme alla lingua, alle abitudini culturali, alla mentalità, alla musica e ad altri usi e costumi della terra nativa diventano parte del nostro essere. Ho potuto capire bene tale fenomeno soltanto con il mio trasferimento in Italia dal mio Paese di origine, all’epoca, la Jugoslavia.
Nei primi tempi avevo molta nostalgia della mia terra: mi mancavano amici, abitudini e usanze sia sociali che culturali. Spesso cadevo in una depressione profonda: ascoltare la musica delle parti mie e cucinare i piatti del mio Paese mi aiutava di stare meglio. Durante i primi sei mesi del mio soggiorno romano, non riuscivo a consumare l’olio di oliva e al suo posto usavo quello di semi o il burro. Con tempo mi sono abituata.
Più difficile per me è stato il rapporto con il caffè. All’inizio non riuscivo a consumare quello preparato alla maniera italiana, poi mi sono abituata.
Come ho già detto, appena arrivata in Italia, cucinavo i piatti del mio Paese, che mi facevano sentire bene e mi davano l’impressione di essere ancora a casa mia. Con l’acquisizione poi di una più forte padronanza linguistica, ho desiderato di poter avere amici italiani. Quando incontravo persone simpatiche e aperte le invitavo a casa per offrire loro i miei piatti tipici. Accettavano con entusiasmo. Così, attraverso il cibo, ho allargato la cerchia delle mie amicizie; preparavo per gli amici la musaka, la pita, la sarma, il gulaš ed ero molto contenta che li gradissero. All’epoca non capivo l’importanza di questi miei comportamenti, mentre ora sono ben consapevole che in questa maniera miglioravo la mia integrazione in Italia e nello stesso tempo valorizzavo la cucina del mio Paese e, con questa, anche me stessa.
Sulla base dei dati della ricerca che ho svolto durante gli studi per la tesi di specializzazione in Scienze dell’alimentazione ho riscontrato che nelle famiglie bosniache che vivono in Italia era presente lo stesso fenomeno riguardo il loro rapporto con il cibo del Paese di origine, come nel mio caso. I loro racconti, molto nostalgici, narrano di momenti di socializzazione in patria proprio grazie al cibo; in particolare grazie il consumo del caffè. Cercano di praticare tale usanze anche in Italia, però quando trovano del tempo libero, in particolare durante le feste, anche religiose. Sono in maggior parte le donne quelle che portano avanti tale usanze e abitudini alimentari del loro Paese.
Durante i vari corsi di formazione che ho svolto con le comunità straniere in Italia, ho sentito i racconti simili a quelli sopra descritti, sempre dalle donne. Si nota un forte legame con il cibo del proprio Paese di origine. Parlo delle comunità provenienti dalle varie parti del mondo. Alla fine di ogni corso, ogni donna ha preparato un piatto tipico del suo Paese che abbiamo mangiato in compagnia e con il piacere.
Viaggiando in Italia ed in Europa, incontrandomi con i parenti, gli amici e le persone della diaspora bosniaca ho notato che i giovani, arrivati da piccoli o nati nei paesi ospitanti, facilmente accettano il cibo di tale paese, mentre i grandi hanno più la difficoltà e in continuazione sono in ricerca di prodotti del Paese di provenienza.
Oggi giorno, a casa cucino sia il cibo italiano, sia quello del mio Paese. In ogni caso, modifico le ricette. Si può dire che la mia cucina è “culturalmente contaminata”. Quando invece mi trovo in Bosnia Erzegovina, cucino spesso i piatti italiani per i miei parenti e amici.
Socializzo proprio grazie al cibo. Per me mangiare significa stare in compagnia e condividere, oltre al piacere per il gusto. Il cibo può creare i ponti tra le persone e tra i popoli.
Tradizioni culinarie multiculturali in Bosnia Erzegovina
La Bosnia Erzegovina è uno stato situato nei Balcani occidentali, che fino ad aprile 1992 faceva parte della Jugoslavia. La sua capitale è Sarajevo. Ha una storia significativa e importante legata alla sua posizione geografica e perciò contiene elementi multiculturali in ogni parte del suo tessuto culturale. Nella cucina bosniaco – erzegovese si incrociano molti elementi orientali e occidentali, che attraverso la loro unione formano poi un tutt’uno. La Bosnia è stata tra i primi luoghi in Europa, fin dall’antichità, ad avere un importante attività agricola che confermano i ritrovamenti archeologici.
Le fonti che fanno riferimento al passato della Bosnia Erzegovina ci forniscono, tra l’altro, le basi per comprendere che in questo Paese la cucina si è sviluppata ad alto livello sin dai tempi più remoti. Se si consultano i documenti storici, si nota che nelle usanze alimentari delle famiglie nobili bosniache, ad esempio i Kosača, si utilizzano piatti, posate e bicchieri d’oro e d’argento. Nella canzone popolare sulla famiglia Ljubovići, viene citata una teglia d’oro. A conferma di quanto detto vi sono testimonianze scritte sui testamenti di alcune famiglie sarajevesi, come quello del 1777 di Smajil Beg Dženetić, in cui si citano utensili per il caffè e altri oggetti per la cucina in argento. Conferma sull’alto livello della gastronomia bosniaca giungono anche da molti libri antichi di ricette tradizionali, che annoverano piatti molto raffinati ed elaborati.
Nonostante l’antica tradizione della gastronomia bosniaco – erzegovese, uno scrittore come Poulet, nei suoi appunti di viaggio del 1658, annovera il pilav, un piatto composto di riso e carne, che in Bosnia esistevano diversi tipi di questa pietanza, che si differenziavano anche nel colore. Un menù festivo completo porta il nome di Veliki pilav (grande pilav). A questo dobbiamo aggiungere i cosiddetti menu ašćinski, con più di 200 piatti. Ašćinica è il ristorante tipico bosniaco, con la maggior parte dei piatti d’origine turca. In Bosnia Erzegovina stare a tavola significa soprattutto socializzare; per questo il canto è sempre presente e molti piatti tipici vengono citati nelle canzoni bosniache, in particolare nella Sevdalinka.
La gastronomia raffinata era legata alle famiglie nobili ma anche a quelle borghesi delle città. Il noto scrittore di viaggio Elvija Čelebrija parla spesso nei suoi scritti delle specialità tipiche di molte città bosniache, mentre Mula Mustafa Bašeskija, nelle sue cronache del diciottesimo secolo, racconta delle cene ricchissime di quell’epoca, che contavano da venti a trenta piatti diversi.
Non so quanto si possa parlare di una cucina nazionale tradizionale o autoctona. Utilizzando questo parametro è molto difficile definire l’origine di alcuni piatti, da quale regioni e quale popolo provengano. Molti autori preferiscono definirli piatti tradizionali, dato che sono in uso da lungo tempo in Bosnia. Si può dire che la tradizione culinaria bosniaca si basi su elementi culinari autoctoni nei quali sono entrati i colori e sapori dell’Oriente e quegli elementi frutto dell’incrocio tra Occidente e Oriente.
A causa della posizione geografica della Bosnia Erzegovina e dell’influenza degli accadimenti storici, si è creato sotto il cielo di tale Paese una particolare cultura dell’alimentazione. Nella tradizione culinaria bosniaco -erzegovese le tracce più forti le hanno lasciate gli ottomani, come testimoniano i cibi di più largo consumo, ad esempio il burek e altri tipi di pite. Si tratta di pasta sfoglia a strati di carne, oppure di verdure o formaggio, cotta al forno. Molto apprezzati sono anche i čevapčići, una specie di piccole salsicce di carne macinata mista speziata. Seguono la sarma, involtini di carne macinata in foglie di verza fermentata, e la musaka, preparata con la carne macinata, patate, uova e formaggio. Sono molto comuni anche le zuppe, e il somun, un pane molto sottile, simile alla pizza bianca. Dolci come la baklava, le hurmašice, le ružice e altri ancora si consumano frequentemente. I loro ingredienti comuni sono là frutta secca sminuzzata e l’agda, uno sciroppo composto di acqua e zucchero.
Allo stesso modo dei Turchi, anche altri popoli hanno influenzato la gastronomia bosniaca, per cui si cucinano spesso il gulaš o il paprikaš, con pesci d’acqua dolce, piatti di derivazione ungherese, nonché la cotoletta viennese e l’insalata russa.
Un piatto tipicamente bosnico è il bosanski lonac. Si tratta di una specie di spezzatino con almeno tre tipi di carne, verza, patate e altre verdure cotte lentamente in una pentola di coccio, rigorosamente chiusa. Piatto noto per la quantità dei suoi ingredienti, il bosanski lonac, ha un sapore particolare, molto delicato, ma solo se viene cotto nel modo descritto.
In generale, i piatti bosniaci sono cotti nel brodo oppure al vapore, modalità che gli conferiscono una particolare digeribilità e leggerezza. Sono ricchi di ingredienti naturali, con molte verdure, frutta, latte e suoi derivati.
Enisa Bukvić è nata a Bijelo Polje ( ex Jugoslavia). Laureata in Scienze agrarie a Sarajevo e specializzata in Scienze dell’alimentazione a Roma, ha maturato una lunga esperienza lavorativa dapprima nell’industria agro – alimentare jugoslava e italiana, poi nella ricerca scientifica, nella formazione e nella cooperazione con organizzazioni non governative (ong) italiane e internazionali.Scrive e pubblica i libri in italiano e in bosniaco. Vive a Roma e a Mostar.