Appuntamenti

Giornata Internazionale della Donna Per un reciproco sostegno femminile

Scritto da Segreteria il 08 Marzo 2023

Il CLM celebra la Giornata Internazionale della Donna 2023 attraverso la voce di due giovanissime autrici del Concorso.

Un’occasione per riflettere sia su quel nucleo incontaminato e vero che ogni donna porta dentro di sé, sia sull’importanza del reciproco sostegno femminile.

Una forza riscoperta – anche oggi, sempre vera ogni volta – nel racconto L’atlas e le sue donne di Houda Affaoui e Omaima Diouani, dove la protagonista sente il bisogno di affidarsi in egual modo alla madre naturale e alla donna che le insegna la condivisione femminile, solo così può riconoscere se stessa.

Madri biologiche e madri simboliche, quindi, che vanno a comporre quella “sequela delle madri, ossia quella struttura che fa di ogni bambina il frutto di un interno di un interno di un interno, e così via fino ai confini dell’universo”, come scrive Luisa Muraro, nota filosofa e pedagogista.

 

L’ATLAS E LE SUE DONNE
di Houda Affaoui e Omaima Diouani [Marocco]

Come ogni giorno dell’anno, anche in quella fredda alba invernale, Fadma iniziò la giornata nel suo villaggio inerpicato sulle montagne dell’Atlas, con ansia e trepidazione. L’aspettava un tragitto di otto chilometri per raggiungere la scuola ma, quando camminava, Fadma non sentiva la fatica perché sapeva che quella era l’unica via da percorrere, con tenacia, per non rinunciare al sogno che difendeva dentro di sé.
Al suo ritorno venne accolta dalla madre appena rientrata dal pascolo: un lavoro duro quello del pascolo, da generazioni ancora assegnato alle donne della sua famiglia. Al contrario di lei, per sua madre però, il tempo del sogno era scaduto. Fadma glielo leggeva ogni giorno negli occhi rassegnati.

Anche quel giorno dunque, prima incontrò la madre di ritorno dal pascolo e poi entrò con lei in casa. Dentro, come al solito, c’erano suo padre e i suoi fratelli già accoccolati intorno al focolare: aspettavano che sua madre servisse loro la bissara, l’unico piatto che si potevano permettere; un semplice passato di fave secche con aglio, olio e cumino, che veniva assaporato come una prelibatezza.
Fadma ancora non sapeva che da quel giorno la sua vita avrebbe preso una svolta decisiva. Dopo quella cena infatti, ci fu una lunga e accesa discussione tra i suoi genitori alla fine della quale il padre li abbandonò.
Da quel momento la parola d’ordine per lei divenne “responsabilità” e in conto dovette pure mettere la rinuncia ai suoi sogni. Niente più scuola, né passi faticosi e fantasiosi per raggiungerla: un tempo tutto suo svanito nel nulla! Non le era rimasto altro da fare che occuparsi dei fratelli e rinunciare a tutto perché ormai le loro condizioni economiche permettevano di mandare non più di un figlio a scuola. Anche per lei, come per sua madre, era arrivato il tempo del sacrificio in favore del fratello minore, per non privarlo della conoscenza di cui lei amava nutrirsi.
Per due anni consecutivi la sua famiglia cercò di sopravvivere malgrado tutte le difficoltà di fronte alle quali Fadma non si scoraggiava mai, sostenendo la madre esausta, dandole forza e coraggio a dispetto della sua giovane età e della voce interna che le sussurrava che non ce l’avrebbero fatta, incutendole timore ogni giorno.
Ciò che Fadma non sapeva era che la luce stava tornando e presto l’avrebbe di nuovo illuminata donandole un’altra volta il piacere di vivere.
Qualche giorno dopo infatti, fece visita al loro villaggio un gruppo di volontarie, donne determinate che avevano sentito parlare di quell’ambiente e delle sue difficoltà, che credevano nella solidarietà, sostenute dal loro coraggio e da un grande cuore.
Tra loro c’era Halima. Proprio Halima una mattina, girando fra le case, vide Fadma fare lavori molto pesanti e difficili per una ragazzina. Incuriosita dal fatto che un’adolescente così magrolina fosse capace di fare tutto senza il sostegno di nessuno, si avvicinò e le offrì aiuto. In quel momento Fadma stava tirando su l’acqua da un piccolo pozzo, unica fonte d’acqua pulita di tutto il villaggio. Nonostante la fatica però, la ragazzina regalò a Halima uno dei suoi bellissimi sorrisi e poi la invitò in casa dove le offrì una tazza di tè alla menta colta nel piccolo orto dietro casa, accompagnata da alcuni dei pochi dolcetti rimasti dall’infornata di tre giorni prima.
Halima, da parte sua, ascoltò Fadma, regalandole il suo tempo e Fadma, pian piano, raccontò tutta la sua storia non nascondendo anche il rancore per la situazione in cui si era ritrovata. Da tanto tempo desiderava raccontare, ma le donne del villaggio non erano solite “regalarsi ascolto e cuore”. Non c’era tempo per i sentimentalismi.
Halima rimase colpita dalla storia di Fadma. Sua figlia Nor aveva la stessa età e studiava serenamente al liceo. Poi, quando le lacrime cominciarono a pungerle gli occhi, si sporse verso la ragazza e la strinse fra le braccia, cercando di rassicurarla e darle un po’ di conforto.
Quel giorno decise che avrebbe aiutato quella ragazza e l’avrebbe trattata come una figlia: aveva capito che Fadma conosceva il vero significato della vita e avrebbe fatto di tutto pur di viverla fino in fondo senza mai scoraggiarsi davanti alle difficoltà che il destino le avrebbe messo davanti.
Il giorno dopo quindi, Halima parlò con la madre di Fadma e le raccontò che cosa potevano fare le donne, insieme, anche quando non sembravano esserci vie d’uscita. Alcune di loro infatti, si erano organizzate e avevano dato vita a un progetto autofinanziato per sostenere l’istruzione superiore tra le ragazze dei villaggi dell’Atlas. Questo avrebbe garantito anche a Fadma alloggio e istruzione in città. Una decisione, quella di lasciare andare via Fadma, di sicuro non facile da prendere per la madre, ma che avrebbe garantito un futuro migliore alla figlia.
Fadma, sopraffatta e confusa dal sì di sua madre, fu felice di scoprire in quella donna rassegnata il coraggio del sacrificio e decise di non deluderla.

Oggi Fadma è riuscita a laurearsi in giurisprudenza, ha realizzato i suoi sogni, è riuscita a salvare la sua famiglia e a darle una vita migliore. Soprattutto, però, ha reso sua madre, ovvero la figura più importante della sua vita, molto fiera di lei. Tutto ciò è stato possibile grazie a Halima che le ha fatto il dono più bello: la certezza che si può ancora continuare a credere nell’umanità.

Il nostro mondo oggi ha bisogno più che mai di persone come Halima, persone che hanno compreso l’importanza di quello che per molti sembra scontato e acquisito mentre per altri si rivela ancora una conquista faticosa. Noi dovremmo imparare ad apprezzare ciò che abbiamo e voltarci indietro a guardare quelle che fra noi, ancora, rimangono indietro. Non tutte sono fortunate come Fadma che ha incontrato una persona con buon cuore; molte si devono adeguare al loro destino e subirne le ingiustizie. Siamo certe però, che ci sono tante Halima nel mondo e questa storia ci dà la convinta speranza che, in ogni luogo, anche se sperduto, la determinazione e la condivisione femminile possono ancora cambiare qualcosa in meglio.

 

Racconto pubblicato in Lingua Madre Duemilaventidue – Racconti di donne straniere in Italia (Edizioni SEB27).

Fotografia Donne d’India di Alessandra Gollé per la VI edizione del Premio Speciale Fondazione Sandretto Re Rebaudengo del Concorso Lingua Madre.