Donne, migranti, corpi di confine L'incontro a Torino Spiritualità 2016
Scritto da Segreteria il 03 Ottobre 2016
Oggi è la giornata in memoria delle vittime “senza nome” della migrazione, celebrata il 3 ottobre in ricordo della tragedia del mare avvenuta a Lampedusa nel 2013.
Di corpi senza nome, corpi che non contano si è parlato anche durante l’incontro tenutosi sabato 1 ottobre al Circolo dei lettori di Torino nell’ambito di Torino Spiritualità 2016 “D’Istinti animali”.
Da dove traggono origine l’esclusione e i rapporti di subordinazione che hanno storicamente visto emergere l’Uomo a discapito di altri e altre? Che cosa si intende per specismo e qual è il suo legame con le questioni femminili e le migrazioni?
“Questioni animalesche” è stato un intenso dibattito su questi temi, moderato dalla giornalista de La Repubblica Francesca Bolino, tra Daniela Finocchi, Alessandra Pigliaru e un pubblico davvero numeroso e partecipe.
Ad aprire l’incontro – moderato dalla giornalista, ideatrice e curatrice del blog de La Repubblica “Il volo della mente”, Francesca Bolino – l’intervento di Daniela Finocchi: tramite anche la lettura dei racconti delle autrici, l’ideatrice e responsabile del CLM ha dato una forte rappresentazione del sentimento di estraneità e della condizione di doppia marginalizzazione che riguarda le donne, i loro corpi, tanto più le donne migranti. Le parole di Monica Vodarich – che narrano appunto la sua invisibilità in quanto donna e clandestina – si sono intrecciate a quelle delle altre, come quelle di Besa Mone e Kerene Fuamba, il cui testo ha dato adito a una riflessione su tutti quei corpi che non contano, quei corpi che non sono degni di lutto (migranti, vittime delle guerre e della violenza degli uomini). La parola è poi passata ad Alessandra Pigliaru – Presidente della Società Italiana delle Letterate e collaboratrice per le pagine culturali de Il Manifesto, la quale – dopo aver definito il termine specismo come supremazia dell’Uomo su tutte le altre specie, umane e non umane – ha sottolineato il legame tra questo e il paradigma antropocentrico, causa di sopraffazioni e violenze. Relegate ai margini, insieme a coloro che da sempre sono considerati “soggetti deboli”, fuori dai canoni universalistici, le donne da sempre portano avanti un lavoro di de-costruzione di questo pensiero. Molte infatti le filosofe e femministe citate dalle relatrici, da Judith Butler a Mary Wollstonecraft, fino a Rosi Braidotti e alla sua teorizzazione del nomadismo, mostrando come siano state soprattutto le intellettuali ad aver aperto un varco in questo paradigma unico, destrutturando l’idea stessa del soggetto di diritto e mettendo al centro la categoria della relazionalità.
“Le donne – ha detto Pigliaru– da sempre danno conto della relazione con l’altro/a, anche con i ‘non umani’”. Relazione che non può prescindere dal riconoscimento della condizione di vulnerabilità che appartiene a tutti i soggetti e agli esseri viventi, perché “toccare la vulnerabilità – ha spiegato Pigliaru – significa toccare l’altro, entrare in intimità con il vivente”.
Riflessioni importanti e profonde che hanno richiamato curiosità e domande dal pubblico, tra cui erano presenti: Luisa Ricaldone, docente del gruppo di Studio del CLM, Cristina Bracchi, componente della Giuria del CLM e – come anche Ricaldone – della Società Italiana delle Letterate, Anna Chiarloni, docente dell’Università di Torino, Maria Abbebu Viarengo, autrice del CLM e tra le fondatrici dell’Associazione AlmaTerra di Torino.