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Dacia Maraini. Per un nuovo lessico della letteratura e del teatro SalTo23

Scritto da Segreteria il 21 Maggio 2023

“È tempo di un nuovo lessico della letteratura e del teatro in cui le scrittrici, le drammaturghe, le poete, le giornaliste come Dacia Maraini trovino il loro posto insieme alle altre forme delle scritture a firma di donne”.

Così Laura Fortini scrive e ha sottolineato nel corso dell’incontro di presentazione del volume Dacia Maraini. Per un nuovo lessico della letteratura e del teatro (Viella Editore), di cui è curatrice, tenutosi in Sala Azzurra (Padiglione 3) al Salone Internazionale del Libro di Torino sabato 20 maggio 2023. Un dialogo che ha visto protagonista la stessa Dacia Maraini, la quale ha dimostrato come il canone letterario e teatrale e, più in generale, culturale dell’Occidente sia da ripensare.

Nuove categorie critiche da declinare, quindi, facendo riferimento al contributo femminista in questo campo, così come nel percorso tracciato dai saggi delle diverse autrici che vanno a comporre il volume presentato: G. Boldorini, C. Giovanardi, L. Iamurri, L. Mariani, G. Pi, L. Ricaldone, H. Serkowska, N. Setti, M. Venturini.

Laura Fortini ha sottolineato appunto che questo lavoro sul volume è stato possibile solo per una fruttuosa collaborazione tra donne. Dal sostegno del Concorso Lingua Madre, alla Casa Internazionale delle donne di Roma, la Società Italiana delle Letterate e tante altre: «C’è una forza delle donne che qui si sta esprimendo e che Dacia incarna – donna che si dona con grande generosità».

Voci a cui si è aggiunta quella dello scrittore Lorenzo Pavolini, che ha condotto l’incontro, per approfondire il nuovo lessico cui accenna il titolo del libro, spaziando dai tempi del Teatro La Maddalena (la compagnia teatrale e femminista fondata da Maraini e altre negli anni Settanta) alla “passione per le domande” nel continuo interrogarsi dell’autrice: «C’è una continuità molto forte tra il suo lavoro di scrittrice, giornalista, critica teatrale, annotatrice, drammaturga: non tutti conoscono tutta questa scrittura, fatta anche di partecipazione attiva e di reinterpretazione di modelli. Osservazione, critica e riflessione costante sulla realtà: Dacia Maraini è stata, ed è, infaticabile».

Una produzione vastissima dunque la sua, che rende le donne protagoniste sin dagli esordi di La vacanza per poi continuare a delineare personagge memorabili da L’età del malessere a Memorie di una ladra. Sono “diversamente epiche”, come le definisce Fortini, eroine dell’impresa del vivere anche quando attraversano il presente come nel diario Donna in guerra. Generi e stili diversi, sino alla forma del diario, tra le preferite, come ricorda la stessa Dacia Maraini in Amata scrittura o quando ripercorre la propria infanzia in La nave di Kobe. Una genealogia fondativa riproposta poi in La lunga vita di Marianna Ucria, ma anche nei dialoghi immaginari con il padre Fosco in Il gioco dell’universo.

Una complessa riscrittura degli affetti, una vera e propria re-visione della tradizione culturale tra testi teatrali classici, personagge storiche o rivoluzionarie.

Nella scrittura di Maraini, la storia e il ruolo delle donne si riscrivono a partire da loro e anche le mutilazioni, le pratiche, il modo di affrontare la vita acquistano una differente centralità da Veronica, meretrice e scrittora a I digiuni di Catarina da Siena, a Dialogo di una prostituta con un suo cliente e altre commedie. Anche perché “il mio è un innamoramento – come ha scritto Dacia Maraini – io amo il teatro e considero il momento dell’apertura del sipario un atto rituale che ci ricollega alle sue origini sacre”.

Necessario concentrarsi dunque sulla storia di questa forma d’arte, portatrice di una profonda tradizione di misoginia, dal teatro greco a quello religioso del Medioevo. Dacia Maraini ha ripercorso l’esclusione delle donne, fino alla rivoluzione del Rinascimento italiano (che ha dato poi le basi a quella francese, nonostante la distruzione della Controriforma): per la prima volta le donne sono salite sul palcoscenico e hanno anche scritto. Sono stati rappresentati i loro diritti, il primo quello dell’amore con la libertà di scegliersi il marito. «Il teatro ha dato spazio alle donne, alla libertà femminile. Noi siamo partite da questo per varare il teatro delle donne: le donne devono potersi esprimere in proprio, ma questo non vuol dire che il nostro fosse un teatro contro i maschi o che a sua volta li escludesse. Il punto – ha precisato Dacia Maraini – è che dava spazio alla creatività femminile. A quei tempi non esistevano per esempio le registe, le tecniche e siamo state noi a formarle, volendo confrontarci su questa esclusione».

Sì, perché per l’autrice il teatro è il rapporto con la Storia: «La Storia è la memoria. Henri Bergson dice che la memoria è la nostra coscienza e io condivido appieno. Senza memoria non abbiamo capacità di giudicare, di capire, di rapportarci con altre e altri. Per questo io ho lavorato molto con testi storici sulla memoria, intimamente legata all’immaginazione».

Questo altro aspetto essenziale del discorso narrativo dell’autrice, da sempre impegnata nel restituire la voce a chi abitualmente non ce l’ha, il nucleo tematico dei suoi testi sospeso tra immaginazione e realtà. «Considero l’immaginazione come il motore più potente del nostro corpo – ha detto Maraini – quello che viene chiamato anima, ma per me è immaginazione. Se una persona non riesce a immaginare, per esempio, la sofferenza altrui, non prova empatia e non può avvicinarsi a un problema etico: l’etica nasce dalla capacità di immaginare il dolore degli altri, la sofferenza degli altri, e quindi pensare in termini di collettività anziché solo dell’Io».

Come sottolineato, fondamentale è così il costante confronto con l’altro/a. E quindi il corpo, che ha un suo linguaggio ed è “profondamente culturale”. Siamo figlie e figli della Storia. E ben lo ha illustrato Luisa Ricaldone – docente, parte della Giuria e del Gruppo di Studio CLM, anche lei presente in sala – nel suo saggio Maraini e le altre: a proposito della fame, che va a comporre il volume.

“Se è vero che le esperienze d’infanzia segnano per la vita, la prigionia giapponese per Dacia Maraini è sicuramente da annoverarsi fra queste. E compagna della prigionia è la fame”, scrive Ricaldone.

Ed è proprio questo il percorso scelto per portare alla luce un altro tema forte del repertorio letterario di Maraini. Patimenti, emozioni, pensieri, miseria restituiti attraverso quell’esperienza dalla scrittrice, che vanno a legarsi con quelli di altre autrici venute prima o dopo di lei. Emerge la necessità di scrivere per rielaborare un vissuto che è al limite dell’umano, per allontanare il dolore oggettivizzandolo nella narrazione, ma non solo. Altro discorso, infatti, è quello della fame rivendicata quale scelta di vita o trasformata in metafora di desideri umani. Ricaldone ne traccia la via, tra reclusioni, miserie, rinunce, fagocitazioni per concludere che “da parte sua, Maraini ha dimostrato che l’affabulazione è il surrogato del cibo che manca”.

Un incontro molto sentito e partecipato, ancora una volta dimostrazione di come Dacia Maraini sia stata protagonista nella letteratura e nel teatro degli ultimi anni e continui a esprimersi e a rivalutare il mondo, nella contemporaneità continua dell’autrice.

Di seguito la galleria.