Coronavirus: e le donne?

Curare è generare Intervista a Disana.pianta

Scritto da Segreteria il 21 Maggio 2020

Coronavirus: e le donne?
Continuano le risposte all’invito a riflettere sul tema lanciato nei giorni scorsi dal CLM. Ecco il disegno di Disana.pianta, nome d’arte di Giulia Gambino, e un’intervista all’artista a cura di Michela Marocco, social media manager del Concorso.

Curare è generare

Cosa hai voluto raccontare con “Curare è generare”?

Dell’articolo di Daniela Finocchi mi è rimasto impresso il concetto di cura e tutto è partito da lì. La cura ci contraddistingue e accomuna in quanto donne e ho sempre pensato che sia strettamente legata ad una sensibilità e un intuito spiccatamente femminili. Per me “cura” non è solo adottare una premura, un’attenzione nei confronti delle persone e del mondo ma anche rendersi conto che in quello stesso mondo c’è qualcosa che non va e attivarsi in tal senso. Per questo ho scelto di raffigurare delle mani, forze generatrici e trasformatrici per eccellenza, che tracciano su un foglio una linea in divenire, un tratto che diventa anche testimonianza del cambiamento e allo stesso tempo, a livello personale ma forse non solo, di quello che tutte e tutti noi abbiamo vissuto in questo strano periodo. Quelli che abbiamo passato sono stati mesi contraddistinti dalla riflessione e dal silenzio, un’occorrenza rara in quella che è stata la nostra routine fino a poco tempo fa, e proprio questa calma forzata mi ha portato ad ascoltare meglio quello che avevo attorno, sentendo il forte bisogno di dare a tutto ciò una voce.

“Curare è generare” di Disana.pianta

Cos’è Disana.pianta e com’è nata?

Disana.pianta è la mia identità artistica e per me, crearla, è stata una necessità. Sentivo di avere bisogno di uno spazio di espressione creativa che non riuscivo a trovare nella mia vita di tutti i giorni. Da questo punto di vista la quarantena è stata provvidenziale: mi ha dato l’opportunità di riflettere su ciò che per me era davvero importante e il tempo per realizzarlo, dedicandomi alla mia passione. I primi soggetti sono arrivati con estrema naturalezza e mi sono ritrovata a comporre opere che raccontavano il confino che stavo vivendo e gli aspetti psicologici che questo comportava. Ho quindi creato una serie di istantanee, vere e proprie polaroid ad acquarello, che rappresentavano pensieri legati alla quarantena, alle cose che mi mancavano e a ciò che invece avevo riscoperto, al vedere il mondo da dietro una finestra. Ho poi continuato a sperimentare con tecniche e soggetti cercando il mio tratto distintivo, qualcosa che potesse davvero rappresentarmi e che potesse esprimere al meglio quello che provo. Non sono ancora riuscita a trovare questa mia “voce grafica” ma sono davvero felice di aver intrapreso la sua ricerca.

E chi è invece Giulia Gambino?

Ho studiato al liceo artistico di Torino ma prima della quarantena, in una quotidianità che ormai sembra davvero lontana, passavo le mie giornate fra i bambini. Sono educatrice in un asilo nido e insieme ad altre/i colleghe e colleghi ho fondato l’associazione Motoriamente, che si occupa di psicomotricità. Sono quindi sempre stata circondata e coinvolta nella “cura” degli altri e forse proprio il fatto di essere impossibilitata a continuare la mia professione mi ha portato a concentrare questa attenzione altrove, esplorandola dal punto di vista artistico, riprendendo una strada che avevo interrotto ma mai completamente abbandonato.