Coronavirus: e le donne?

La libertà per me Il commento di Maria Angela Maretti

Scritto da Segreteria il 30 Ottobre 2020

Coronavirus: e le donne?
Continuano le risposte all’invito a riflettere sul tema lanciato nei mesi scorsi dal CLM. Ecco il contributo di Maria Angela Maretti.

La libertà per me

Quando ero ragazzina, ricordo chiaramente quanto era bello essere liberi da impegni scolastici e la meraviglia che rappresentava per me un intero pomeriggio da poter dedicare ad un sereno ozio.
Le poche volte che le lezioni scolastiche saltavano per una qualche ragione esplodeva una gioia selvaggia, pensando alle strepitosissime cose che si potevano fare in tutte quelle ore di libertà.  Ricordo dettagliatamente una di quelle mattine, era il 16 marzo 1978, stavamo facendo Inglese, entrò la bidella e bisbigliò qualcosa all’orecchio della prof che ci guardò poi scura in volto e ci disse che era stato rapito Aldo Moro, il Presidente della Democrazia Cristiana. La scuola aveva quindi deciso di sospendere tutte le lezioni e di mandarci a casa. A queste parole ci illuminammo tutti di colpo come 26 lampadine accese improvvisamente, ma la prof non si lasciò ingannare dai nostri occhi brillanti, e ci ordinò di andare immediatamente a casa, non a gironzolare per i viali.
Quando ormai mesi fa le lezioni in tutte le scuole di ogni ordine e grado sono state sospese a causa della pandemia, il mio primo pensiero è stato che – pur nell’inedita drammaticità della situazione – tanti altri ragazzi si saranno sentiti come me allora, improvvisamente liberi, almeno nei primissimi giorni, prima che le scuole organizzassero le lezioni online, e la totale sospensione di qualsiasi tipo di attività ricreativa e all’aperto li e ci facesse precipitare tutti nella noia e nello sconforto.

“Il viaggio della vita” di Ana-Maria Iulia Radoi (Romania)

Dopo settimane di lockdown, credo che ognuno di noi abbia elaborato dentro di sé un suo speciale concetto di libertà, di cosa si può fare in questo strano tempo sospeso, in cui teoricamente puoi fare tutto quello che vuoi purchè tu non esca e non entri in contatto con persone esterne al tuo gruppo familiare.
Chi in questo momento non lavora, nemmeno in modalità smartworking e non ha bambini da accudire (come me insomma), si trova a dover gestire a casa un sacco di ore che da vuote che sono devono essere riempite da qualcosa, possibilmente anche divertente e che impegni il cervello, se si desidera arrivare alla fine di questa straniante esperienza ancora sani di mente.
Adesso poi che siamo tutti a casa, in famiglia ci siamo equamente e spontaneamente divisi i compiti: nostra figlia si occupa degli approvvigionamenti, mio marito pensa ai pasti, ed io faccio le pulizie e metto in ordine.
Non è una cattiva soluzione, tutte le mattine vado comunque a prendere il pane nel forno vicino a casa, ed abitando in una tranquilla zona residenziale a ridosso della campagna, riesco a farmi una passeggiata nel verde, lungo quiete e deserte piste ciclabili.
È il silenzio che mi colpisce sempre, la quasi totale assenza di auto permette di captare con nitidezza qualsiasi piccolo rumore: tanti uccelli che cantano, inebriati dall’arrivo della primavera, qualche cane che abbaia in lontananza, e soprattutto il rumore del vento che muove i rami degli alberi (quegli alberi che Renzo Piano ha definito “metafora della guarigione”). Noto che il vento piega anche gli steli d’erba rivelandone la parte più chiara. E mi capita di pensare che non facevo caso al vento tra l’erba dei campi dai tempi di una lontana vacanza in Scozia.
Ma la libertà a casa è anche molto altro, ed è stupefacente come una buona connessione a internet ti permetta di vedere e fare cose che solo due mesi fa ritenevi impensabili: non solo non avevi il tempo di farle, ma neanche quello di immaginare che si potesse. Quindi, accettando suggerimenti ed inviti che si trovano in rete, si possono registrare recensioni su libri letti, frequentare lezioni di lingue straniere, leggere giornali di altri Paesi per capire come vedono all’estero quello che sta accadendo qui, scrivere articoli e provare a dare forma scritta alla tempesta di pensieri che questo momento ci provoca.
L’anno scorso, in occasione della Festa del Racconto, ho visto una cartolina del fumettista americano Bill Watterson, che mi aveva colpito in modo particolare. L’ho portata a casa e appoggiata su una credenza, alcuni giorni fa l’ho letta con occhi diversi: “Non c’è mai abbastanza tempo per fare tutto il niente che vuoi”.

 

La fotografia “Il viaggio della vita” di Ana-Maria Giulia Radoi (Romania) fa parte delle fotografie selezionate dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo per la XIII Edizione del Concorso Lingua Madre.