Appuntamenti

"Tabboulè, bagnacauda e pollo d’oro" Ultimo appuntamento dei laboratori "Parole fra donne"

Scritto da Segreteria il 15 Giugno 2010

Sabato 12 giugno al Borgo Medievale (Parco del Valentino, viale Virgilio 107, Torino) si è svolto il laboratorio Tabboulè, bagnacauda e pollo d’oro. Dalle ricette medievali alla cucina multietnica dei nostri giorni, ultimo appuntamento del ciclo di incontri “Parole fra donne”, realizzato dal Concorso e dalla Fondazione Torino Musei.
Un percorso di scoperta, attraverso i sensi, di piante, erbe medicinali e aromi da cucina. Così è iniziato l’incontro, grazie a una visita guidata al giardino orto botanico del Borgo Medievale. A questa si sono legate le letture animate di racconti tratti dal Concorso Lingua Madre e si è dato avvio ad un laboratorio circolare, al fine di riproporre le modalità di incontro e condivisione tipiche della cultura orale femminile.  Le donne partecipanti sono state invitate a raccontare a turno una ricetta, un sapore o un ricordo legati ai cibi a loro più cari. Sono stati rievocati, così, affetti e momenti speciali, luoghi e origini differenti, incroci e ibridazioni. E se la “pizza egiziana”, proposta da una bambina della cosiddetta “seconda generazione”, ha confermato la valenza culturale del cibo, in quanto espressione identitaria e veicolo d’incontro e scambio tra i popoli; altri piatti, ricchi e profumati hanno richiamato alla memoria storie e aneddoti, saperi ed esperienze tra mashi egiziano, impanate e zippole sarde, gnocchi in salsa rosa, alici marinate, brodo di gallina, zabaione, latte e formaggi genuini. Ricordi fortemente legati a figure di madri, nonne, zie e sorelle – maestre in cucina e nella vita – a riprova del valore affettivo, culturale e politico, della genealogia femminile.

Leggi i pensieri e guarda le foto del laboratorio realizzate da Paola Marchi, Carla Massimetti e Brunella Pernigotti

Alice: «Le mie origini sono genovesi. A Genova la cucina è prevalentemente a base di pesce. Il piatto al quale sono più legata sono le acciughe marinate. È il piatto forte di mia madre, le chiedo infatti sempre di prepararle. Mi ricordano, inoltre, una storia legata al mio nome. Le acciughe, infatti, si chiamano anche alici. Quando ero piccola e chiedevo ai miei genitori da dove venissero i bambini, loro, per soddisfare la mia curiosità, mi raccontavano che, in origine, io ero un’ “acciughina” e che mi trovarono in riva al mare. Solo con le loro cure e il loro amore, diventai una bambina. Insomma, una versione “marinara” della storia di Pinocchio».

Marta: «Io ho origini sarde. I miei ricordi e le mie conoscenze sono legati soprattutto a una zia di mia madre, che mi ha insegnato tutto. Era paralizzata e si muoveva solo su una sedia a rotelle, ma nonostante questo la ricordo vitale e sempre indaffarata in cucina a preparare piatti che adoravo. Mi chiedevo e chiedo ancora oggi come facesse a superare con tanta noncuranza le obiettive difficoltà della sua condizione. Mi ha trasmesso la gioia di vivere e… di cucinare. Ricordo le sue impanate, i timballi di sfoglia ripiena o le zippole, dolci tipici sardi, impastati in un recipiente di terracotta chiamata scifedda, così come il pane e la pasta».

Eman: «Voglio raccontare un piatto tradizionale egiziano, il mashi, un piatto ricco di ingredienti: il riso, il pomodoro, le spezie, i peperoni, le zucchine e tante altre verdure. Tutti gli ingredienti, poi, vengono racchiusi in foglie di cavolo, pazientemente tagliate e arrotolate. Si formano involtini piccoli, piccoli. E’ un piatto molto elaborato e quando in famiglia si decide di prepararlo si lavora per un’intera settimana. Più che un piatto, un vero e proprio rito».

Figlia di Eman: «Per preparare la pizza è necessario mettere dell’acqua a bollire… ah no, così si prepara la pasta… beh, diciamo che la mia è una “pizza egiziana”».

Vilma: «Durante un mio viaggio in Inghilterra, mi capitò di vedere dei fossili che avevano ritrovato. Tra questi, c’era un mortaio. La cosa che mi stupì fu che aveva esattamente la forma della mia mano».

Irma: «Mi ha stupito vedere tra le piante del giardino orto botanico proprio l’erba di S. Pietro. Mi ha ricordato subito mia madre, che la usava per la frittata. Ricordo che mia madre, in primavera, mi portava a raccogliere le erbe selvatiche, con le quali preparava dei piatti gustosissimi. Un sapere che io ho perso e mi dispiace. Condiva anche la pasta e l’insalata con fiori ed erbe».

Alessandra: «Io sono di Torino, ma mia nonna è di Verzuolo (Cuneo). Lei mi preparava spesso gli gnocchi in salsa rosa, rosa perché oltre al pomodoro, aggiungeva la panna. Ogni volta che la nonna veniva a trovarci, lei e mia madre si mettevano a preparare questo piatto, era un rito irrinunciabile. Anche se oggi io gli gnocchi li compro già pronti, non posso dimenticare quella tavola colma di farina e patate che significava tante cose…».

Alessandra: «Io ricordo gli odori che invadevano la cucina già dal mattino presto. Ricordo bene, ad  esempio, l’odore del brodo di gallina. Era un odore “amico”, accogliente, di casa e non mi disturbava anche se stavo facendo colazione, anzi.  Oggi vengono considerati degli scarti, ma noi, come aperitivo, mangiavamo le zampe e il fegato della gallina».

Zaveria: «Io ho dei bellissimi ricordi legati al periodo in cui stavamo in campagna dalla nonna. Eravamo una famiglia numerosa, e spesso ci riunivamo in questa grande cascina, dove si producevano i formaggi. La prima colazione era molto ricca, a base di latte appena munto, vari tipi di formaggio, polenta e latte. Mia nonna era una donna incredibile: faceva tutto lei. La polenta poi, non mancava mai.».

Laura: «Io sono di origini campane. Il pesce fa parte della nostra tradizione culinaria. Per fortuna ho sposato un campano, che oltretutto cucina molto bene il pesce. Ma il mio più bel ricordo è legato alla preparazione dello zabaione. Ci divertivamo a fare delle gare; vinceva chi riusciva a montare meglio le uova. Le più forti eravamo io, mia sorella e mia madre; mio padre, invece, perdeva sempre. Dopo aver sbattuto le uova, aggiungevamo il marsala, o il caffè o il latte. Questa piccola e ricorrente competizione è uno dei miei ricordi più cari».