Notizie

Ritratti di donne da vecchie In libreria il saggio di Luisa Ricaldone

Scritto da Segreteria il 02 Dicembre 2017

Il nuovo sguardo sulla vecchiaia delle donne consegue direttamente dalla elaborazione del pensiero delle donne stesse e dalla connessa presa di coscienza progressiva di sé come soggetti storici. (…) un nuovo immaginario ha scosso radicati stereotipi e aperto un territorio letterariamente fertile, che ha scardinato e ribaltato concezioni antiquate.

È ora disponibile, in libreria e online, il saggio “Ritratti di donne da vecchie” (Iacobelli Editore) di Luisa Ricaldone, Presidente della Società Italiana delle Letterate e parte del Gruppo di studio e della Giuria CLM. Un libro che riflette sulla vecchiaia – uno dei tabù del nostro tempo e del nostro Occidente – e sul rifiuto a confrontarsi con l’invecchiamento del corpo e con le emozioni che su di esso agiscono, con il peso della memoria – o la sua perdita.

Di seguito la recensione del volume.

Aggiornamento aprile 2020: “Ritratti di donne da vecchie” è ora disponibile in ebook

Ritratti di donne da vecchie

Recensione di Daniela Finocchi, ideatrice e responsabile CLM

Se è vero che la mappa della vita in Occidente si è ormai modificata per tutti, sono di più le donne a riflettere e scrivere sul tema. Del resto sono proprio loro ad essere coinvolte maggiormente nel cambiamento radicale che ha mutato la concezione, la percezione, la figurazione stessa della vecchiaia. Lo descrive bene Luisa Ricaldone nel suo libro “Ritratti di donne da vecchie”, Iacobelli Editore. Un libro che, a dispetto delle sue 136 pagine, offre un panorama completo, esaustivo e anche divertente sul tema. La spiritosa immagine scelta per la copertina – un simpatico gruppo di coloratissime, estrose, ma eleganti anziane – la dice lunga a proposito di un immaginario mutato e del simbolico che gli sottende. Se da un lato tutto questo è molto liberatorio, introduce allo stesso tempo la questione del: “non possiamo neanche diventare vecchie” .

Insomma, una dicotomia, tra ciò che le donne provano e hanno elaborato in questi anni e quello che vive il mondo circostante: la negazione della vecchiaia. Dall’aumento dell’età pensionabile alla procreazione assistita, alla chirurgia plastica, gli esempi non si contano.

Per tutto questo, occorre parlare di “vecchiaie”, al plurale, per comprenderne tutte le numerose e spesso contraddittorie forme.

“Alla vecchiaia va attribuita una posizione di privilegio – sostiene Ricaldone – perché è proprio a partire dalla fine che si può raccontare l’intera parabola”.

E allora ripercorriamola questa narrazione, partendo proprio dal capitolo che affronta le “modificazioni femministe”.

Il nuovo sguardo sulla vecchiaia delle donne deriva, infatti, dall’acquisita consapevolezza e dalla presa di coscienza di sé come soggetti storici, entrambe conquistate grazie alla rivoluzione del femminismo. Siamo ben lungi da quell’Emilio che, completamente vinto dalle vicende personali, rifiuta di sentirsi vivo e sceglie “la senilità”, rinunciando così anche alle emozioni e ai sentimenti. Qui le personalità possono addirittura rimodellarsi, recuperando persino tendenze e talenti fino ad allora inespressi. Ed ecco quindi un piacevolissimo excursus attraverso i saggi e i romanzi più significativi, da “La fontana della giovinezza” di Luisa Passerini – primo libro italiano a unire posizionamento autobiografico e femminista sul tema – senza dimenticare gli approfondimenti di Leggendaria o del Cirsde, e autrici quali Betty Friedan, Germaine Greer o Simone de Beauvoir antesignana del “cambiamento profondo della società che l’attenzione alla vecchiaia avrebbe implicato”.

Una sorta di coraggio moderno che arriva con l’ingrigire dei capelli, quello, per esempio, che ha dato a Rita Levi Montalcini la spinta giusta per dedicarsi alla politica, sua vera vocazione. Gli anni infondono potenza: Goliarda Sapienza scrive del suo vecchio ragazzo steso su di lei e si trova a “pensare bizzarramente che la morte forse non sarà che un orgasmo pieno come questo”.

Ecco: si può amare da vecchie? Da vecchi sì, non c’è problema, lo sappiamo. Per le donne, invece, è un desiderio indegno (insieme ad altri), ma che produce libertà, scrive Edda Melon, e sul tema vengono interpellate Elena Gianini Belotti, Lidia Ravera (che ritroviamo spesso tra le pagine del libro), ma anche Doris Lessing e altre ancora. Così scorrono, avvincenti, le pagine sino a quelle che si fermano ad analizzare la tentazione di scrivere la propria vita. Un capitolo seducente come le autobiografie di cui tratta, da quelle che – fedeli alla pratica femminista del partire da sé – raccontano il presente (Marina Piazza, Franca Valeri, in qualche modo Diana Athill) alle “distratte” come Lepetit, sino alle retrospettive di Grazia Deledda o Alba de Céspedes. E c’è uno “stile tardo” in queste scritture, variegato e multiforme, impossibile da inquadrare in un canone, che si può tradurre in essenzialità o in sperimentazione, ma che può anche portare alla decisione di tacere.

Non poteva mancare il tema della malattia, in particolare l’Alzheimer, che conta una vasta letteratura. Lacerante e inaccettabile, il disconoscimento degli affetti trova un’interessante chiave narrativa con Tahar Ben Jelloun, che decide di far parlare direttamente la madre malata. Ma la trattazione è troppo ampia e dettagliata per riassumerla in poche righe, meglio rimandare alle dense pagine di Ricaldone.

Ancora un cenno è d’obbligo su “le vecchie che ti cambiano la vita”: dalle nonne inquietanti della Morante a quelle gelose della Romano, nonne come “altre necessarie”. Personagge particolarmente rappresentative nell’ambito della cosiddetta letteratura di emigrazione, dove costituiscono “il” legame col passato per tante autrici, quali Scego, Nouri, Aden.

Un libro intenso, insomma, che offre mille spunti di riflessione, che accompagna per mano e alla scoperta di un mondo spesso sconosciuto, che può essere anche molto divertente, graffiante, scanzonato come le vecchie della copertina.

E se la surrealista Leonora Carrington scrive di soffrire all’idea di perdere la propria solitudine “a causa di una quantità di gente spietatamente benintenzionata”, come darle torto?