Radici e movimenti della mia famiglia
Scritto da Segreteria il 25 Maggio 2010
Continuiamo a pubblicare i racconti delle ragazze e dei ragazzi del Liceo Gobetti che hanno partecipato insieme alle loro insegnanti Cristina Bracchi e Patrizia Moretti ai laboratori di narrazione e scrittura organizzati dal Concorso Lingua Madre.
Ecco il decimo racconto:
Radici e movimenti della mia famiglia
Di Giulia Macchia
(Classe III C)
I genitori di mio padre sono di origine pugliese e sono arrivati a Torino, quando lui era già nato, per trovare lavoro.
Quando abitavano in Puglia, mio nonno Giovanni faceva il contadino, mentre mia nonna Michelina aveva un negozio. Nel 1961 è nato mio padre e, non bastando più i soldi che guadagnavano, mio nonno si trasferì da suo fratello, in Svizzera, per cercarsi un lavoro che portasse a casa più soldi. Dopo qualche anno però nacque mia zia, Francesca, e decisero di trasferirsi tutti quanti a Torino, dove Giovanni trovò lavoro come operaio della Fiat e Michelina lo trovò alle scuole elementari come bidella.
Quando arrivarono non trovarono una calorosa accoglienza, ed infatti, fecero molta fatica a trovare una casa, perché i torinesi non volevano affittare alle persone che emigravano dal sud, ma dopo molti sforzi riuscirono a trovare una casa nella periferia di Torino, vicino al Lingotto. Risparmiando molti soldi riuscirono a trasferirsi in un primo appartamento di dimensioni molto piccole, ma non facevano mancare gli studi ai propri figli poiché pensavano che fossero molto importanti per il loro futuro, per questo facevano molti sacrifici e, oltre ai loro primi lavori, ne facevano altri quando era possibile.
Non obbligarono mai i loro figli a compiere degli studi che non volessero fare, ma li hanno sempre incentivati nello studio perché vedevano che era molto importante e li hanno fatti studiare a loro spese perché volevano che non si preoccupassero di altro, ma che facessero il loro dovere al meglio.
Mio padre, dopo aver fatto il liceo scientifico P. Gobetti, decise di frequentare l’università di medicina dove studiò per diventare un ginecologo e, alla fine della specializzazione, andò a fare il militare poiché a quel tempo era obbligatorio. In questi anni conobbe mia mamma che era nata a Torino un anno prima di lui.
Mia nonna materna, Bice, conobbe mio nonno, Carlo, proprio a Torino dopo che lui si trasferì qui dal Veneto. Questa famiglia era più benestante di quella di mio padre ma non per questo non sentì la guerra. Infatti, mia nonna, molte volte, ci racconta ancora quando lei e i suoi fratelli mangiavano solo riso per giorni perché non si poteva comprare niente e non si poteva uscire da casa. I miei nonni materni inizialmente avevano una casa in corso Quintino Sella e dopo aver risparmiato un po’ di soldi, mio nonno comprò un terreno in Strada Val San Martino e fece costruire una casa di tre piani con un appartamento per ognuno dei suoi figli.
La casa che fece costruire mio nonno è quella in cui mia mamma e mio padre si stabilirono quando si sposarono ed è tutt’ora la casa in cui abito io, insieme ai miei fratelli e ai miei cugini.
Dopo tutti questi spostamenti, per fortuna, i miei genitori non decisero mai di trasferirsi, anche perché non ci sarebbe una casa più bella di questa poiché, se uno si sente solo e vuole andare a trovare i propri cugini o la propria nonna, basta che faccia un piano di scale ed ecco che si può ridere e scherzare insieme. Fin da piccoli siamo stati abituati a giocare tutti insieme perché prima dell’asilo, quando ero troppo piccola, stavo a casa di mia nonna con mio cugino che ha un anno in più e facevamo insieme a lei un sacco di giochi, ci insegnava tante cose e ci divertivamo.
In futuro potrà accadere ancora che io, oppure i miei fratelli, ci sposteremo in qualche altra città o addirittura in qualche altro paese perché qui non riusciamo a trovare lavoro o solamente per una questione di piacere, ma tanto quel momento è ancora lontano, per ora si può sperare soltanto che l’Italia migliori e che in futuro ci sia più lavoro per tutti, così molti più italiani rimarranno qui e non saranno costretti a doversene andare per un lavoro migliore.
Giulia Macchia
Classe III C
Liceo Scientifico Gobetti