Amal Oursana al premio di “Fahrenheit” Alcune riflessioni dell’autrice sulla migrazione in Italia
Scritto da Segreteria il 10 Dicembre 2024
La vincitrice CLM Amal Oursana è stata scelta come finalista per il Libro dell’anno di Fahrenheit con il suo esordio Il segreto nel nome edito da Capovolte.
Questa iniziativa è portata avanti dalla omonima trasmissione radiofonica, ovvero Fahrenheit su Rai Radio 3, noto e storico programma dedicato alla lettura. Al premio possono competere solo opere opere letterarie di narrativa edite da case editrici medio-piccole. In ogni puntata durante l’anno viene individuato un libro del giorno e tra tutti i candidati ne vengono poi selezionati dodici, i libri del mese, che parteciperanno poi alla fase finale fino alla proclamazione di un solo vincitore, il libro dell’anno, appunto.
Questi titoli sono stati presentati in occasione di Più Libri Più Liberi, fiera nazionale della piccola e media editoria: lo Speciale Fahrenheit – in diretta dalla Nuvola di Roma – si può riascoltare a questo link.
Di seguito, una riflessione dell’autrice.
Ciò che mi ha spinto a scrivere Il segreto nel nome è stato il vuoto percepito nella letteratura italiana di qualcosa che parlasse della seconda generazione di immigrati senza retorica. In questo libro metto a nudo me stessa e la mia famiglia di fronte a tanti temi che ci toccano.
Sono tra l’altro molto contenta del riconoscimento che il libro sta riscuotendo. Fahrenheit di Rai Radio 3 lo ha nominato il libro di novembre 2024, facendolo arrivare tra i 12 libri dell’anno.
A distanza di quasi tre mesi dalla pubblicazione e con quattro presentazioni, di cui due nel territorio di Modena, come autrice raccolgo alcune riflessioni importanti che il libro mi sta insegnando.
Il primo che salta agli occhi è che i libri chiamano l’incontro e aprono il dialogo e quindi possono insegnare esattamente come fanno i figli, come riporta un protagonista nel romanzo.
Il secondo è che il romanzo si affaccia a distanza di vent’anni dall’ambientazione in cui è scritto, in un’epoca di forte crisi europea.
Nei primi anni Duemila, il fenomeno dell’immigrazione in Italia aveva appena più di dieci anni e i comuni più sensibili rispondevano alla grande preoccupazione dei cittadini organizzando incontri folcloristici per fare incontrare i nuovi cittadini e promuovere l’intercultura.
A distanza di vent’anni gli stessi comuni sono meno inclini a ripetere l’esperienza, un po’ perché i fondi scarseggiano sempre di più e un po’ perché saremmo dovuti passare alla fase successiva, il passo verso l’inclusione di questa nuova cittadinanza. Un passaggio naturale potrebbe dire qualcuno, sì, ma l’istituzione non ne ha tenuto conto ufficialmente. Il libro ravviva il dibattito e ci rendiamo conto come questo passo non compiuto crei una situazione di stasi.
Ci siamo interrogati sui termini “integrazione”, “assimilazione”, “inclusione” e sui modelli francese e statunitense. Il tema della cittadinanza negata ai figli nati da stranieri in Italia. Mi chiedo: forse, gli italiani sono troppo conservatori?
Non saprei.
Un’ulteriore riflessione importante di cui il romanzo si fa portavoce è il tema dell’abbandonare la ricerca di un’identità legata al mondo geopolitico, e rivolgersi al mondo invisibile, là dove coltivare un’interiorità. All’interno dell’insegnamento sufi i protagonisti ritrovano un messaggio liberatorio che è quello di imparare a dis-identificarsi e nutrire la propria spiritualità.
Questo non a partire da una negazione come può essere il modello americano, ma attraverso un attraversamento delle radici, percorrendo una strada personale che include tutte le scomodità di ciò che si eredita, perché è proprio lì che si nasconde la unicità di ciascun individuo.
Quindi volendo vedere l’aspetto positivo, malgrado il clima scoraggiante del periodo storico attuale, chiediamoci come vogliamo compiere il prossimo passo: concedendo la libertà che ciascuno possa esprimere la propria diversità come ricchezza o seguendo i modelli dell’omologazione?
Altro fatto importante, che si è verificato nella sala del castello Campori di Soliera, è una cittadina italiana, nata a Soliera che condivide la difficoltà di poter esprimere la propria scelta religiosa che non è più quella cristiana e di come questo le comporti di essere discriminata.
La nuova italianità dovrebbe avere orizzonti più ampi per rispettare un valore importante, che è quello della libertà di essere sé stessi.
Ringrazio profondamente il Concorso Lingua Madre che mi ha permesso di entrare in contatto in modo concreto con la letteratura italiana.
Alcune foto sono tratte dai profili Instagram di Capovolte e Rai 3.