Linguaggi

Nuova lingua, nuova casa Linguaggi

Scritto da Segreteria il 11 Maggio 2022

Donne che decidono di raccontarsi e scoprirsi in una lingua altra, svelando la parte più schietta e vulnerabile di se stesse. Una scelta che dà origine anche a infinite possibilità di sperimentazione. Racconti che testimoniano come reinventando la lingua si reinventa il mondo. Il desiderio di comunicare opera la trasformazione e risveglia le coscienze.

NUOVA LINGUA, NUOVA CASA
di Emilija Lazarova [Macedonia]

Siamo venuti in Italia solo per rinnovare il permesso di soggiorno. Mio padre era da tanti anni in Italia e per non perdere la validità del documento, abbiamo deciso di intraprendere il viaggio. Poi avevamo intenzione di tornare indietro con mia mamma e mio fratello. Però non è stato così. Mia mamma e mio fratello sono tornati indietro. Sono rientrati in Macedonia perché mia mamma aveva un lavoro là e mio fratello andava ancora a scuola. Io sono rimasta. Per me è stato difficilissimo vivere qua da sola con mio papà: non conoscevo nessuno, non capivo niente di italiano. Sono rimasta solo per cercare lavoro, con l’idea che in Italia si ha una vita più sicura. In Macedonia non trovavo lavoro e non c’erano abbastanza soldi per vivere serenamente, senza l’angoscia del quotidiano. Ripensandoci, ero solo una ragazzina che aveva appena finito le scuole superiori a cui dispiaceva lasciare gli amici e le persone a cui era legata di più, ma in effetti avevo solo diciannove anni, ero piena di paure e allora ho sofferto molto. Per fortuna mio papà con l’aiuto di un suo vicino mi ha trovato facilmente lavoro in una fabbrica che si trovava a pochi chilometri da casa mia e ho cominciato subito.

Mi trovavo in un ambiente grande con tanti scaffali di vetro che per me era una cosa nuova. Mai visto niente del genere, non sapevo dove girarmi, come muovermi. Mi sembrava di essere goffa e ingombrante, cercavo di farmi più piccola possibile. Il lavoro era abbastanza impegnativo per me che tutto il giorno reggevo scatoloni pesanti e le giornate mi sembravano molto lunghe. Tutto era nuovo e non conoscevo nessuno. Tutti mi parlavano ed io non sapevo cosa mi chiedevano o se parlavano di me. Non capivo nulla, neanche una parolina. Loro cercavano di spiegarmi che lavoro dovevo fare, mi scrivevano anche, in modo che li capissi, ma… Nulla! Lavoravo con ragazzi molto bravi, gentili e simpatici, che mi parlavano di continuo, tutti i giorni, ma io non ce la facevo e mi nascondevo sempre con le lacrime che venivano giù incontrollabili. Tante volte andavo in bagno per piangere perché veramente mi sentivo sola, anche se loro non mi lasciavano mai da sola. Un giorno la mia collega Giusy si è accorta che scappavo con le solite lacrime agli occhi, con la solita faccia triste e ha cercato di consolarmi; un altro giorno Caterina e Nicoletta mi hanno spiegato che non dovevo essere così triste e mi hanno fatto coraggio: «Poi più avanti vedrai che comincerai a parlare bene in italiano». Ho sofferto per quasi quattro mesi, poi piano piano ho cominciato a capire qualche frase e in quel momento mi sono sentita molto felice perché avevo raggiunto qualcosa nella mia vita, qualcosa che mi sembrava impossibile. Ero allegra e sorridevo, finalmente capivo e potevo rispondere, non ero più sola.
Questo lavoro è durato per tanti anni. Poi un giorno la fabbrica ha chiuso e per noi non è stato facile rimanere senza lavoro. Con le ragazze continuavamo a vederci. Uscivamo spesso assieme. Nonostante le preoccupazioni, abbiamo passato dei bei momenti, mi piaceva la loro compagnia, erano molto simpatiche. Grazie a loro ho potuto parlare italiano, e così in quel periodo ho imparato tante cose nuove, ho conosciuto tante persone nuove, ho parlato con tanti italiani, quindi è stato un momento molto bello.
Adesso le incontro di meno perché io e mio papà ci siamo spostati in un altro paese, ma è sempre bello vedersi per raccontarsi le proprie novità. Però così ora ho meno amici italiani e più amici macedoni, e mi dispiace perché mi trovavo bene con loro e perché adesso non parlo più tanto l’italiano. Me ne accorgo perché a scuola capisco bene, ma faccio fatica a esprimermi. Durante le interrogazioni torno la ragazzina spaurita che è partita dalla Macedonia e mi emoziono e non riesco a dire quello che vorrei. La mia insegnante di italiano mi tranquillizza e mi dice che sono brava e che si capisce lo stesso che ho studiato.
Vorrei fare di più. Ma per ora sto lavorando e studiando per la licenza media e ce la metto tutta: capisco l’italiano e non sono più nella mia bolla ovattata di solitudine. Questo è già un bel passo avanti per sentirmi nuovamente a casa.

 

Il racconto Nuova lingua, nuova casa di Emilija Lazarova è pubblicato in Lingua Madre Duemiladiciotto  – Racconti di donne straniere in Italia (Edizioni SEB27)

Illustrazione tratta dalla fotografia “Emozioni del cuore” di Annalisa Santi, selezionata per il Premio Speciale Fondazione Sandretto Re Rebaudengo alla XV Edizione del Concorso Lingua Madre.