Gli incipit dei racconti vincitori XI Edizione del Concorso Lingua Madre
Scritto da Segreteria il 21 Marzo 2016
Unità di misura UTC, il fuso orario. È così che devo misurare la metà delle mie relazioni interpersonali, in perenne jet lag affettivo: «ci sentiamo al mio pranzo, ossia per la tua colazione»; «no, a quell’ora non posso, sarò nel pieno del sonno». Un constante rendez-vous sfuggente, perché in effetti ci dimentichiamo spesso di quegli appuntamenti su skype quando viviamo quell’altra parte delle nostre vite, quella parte fatta da carne e ossa, contatti e odori.
JET LAG AFFETTIVO
Angela María Osorio Mendéz
Colombia
Primo Premio
Siamo più di sette miliardi su questo paradiso terrestre o inferno dantesco. Visti da lontano sembriamo un insieme infinito di punti, minuscoli e colorati. Ci muoviamo incessantemente come le formiche. Provate ad esaminare più in dettaglio questi puntini. Che cosa osservate? Ognuno è caratterizzato da una serie di aspetti peculiari: posto di origine, tratti fisici, lingua, religione, bagaglio culturale e così via. Soprattutto ogni puntino ha una storia da narrare.
EXCEPTIO REGULAM
Claudia Mariana Mare
Romania
Secondo Premio (Premio Consulta Femminile Regionale del Piemonte)
A tratti si ricordava di sua madre, sua zia e lei, nel piccolo accogliente bilocale in una zona periferica di Atene. Sua madre spesso invitava le amiche, chiacchierava, rideva risaltando l’immancabile rossetto rosso mattone e muovendo la folta chioma di capelli afro. Sua zia Elizabeth, che tra una doccia e l’altra usciva spesso per andare a lavoro, e immancabilmente tornava con un pacchettino di baclava da mangiare con una bella tazza di chai con lei, la sua nipotina, e sua sorella.
STON AFRO, STON AFRO TIS THALASSA
Michela Mivida Di Meo
Grecia
Terzo Premio
Sei sdraiata al caldo, sotto le lenzuola pulite. Il ginecologo ti ha controllato un’altra volta ma vorrei che lo facesse di nuovo, per essere certa che non ti accadrà nulla. Mi alzo e cerco l’infermiera. Mentre mi allontano, ti lamenti. Non sono sicura se è perché me ne sto andando o perché finalmente ti ho lasciata sola. Quando torniamo, l’infermiera mi assicura che manca poco, che ogni cosa sta seguendo il suo corso naturale. Me lo ripeto di continuo, ma la luce al neon dei corridoi elude il passare del tempo, lo deforma.
ELEONORA
Jacqueline Nieder
Italia
Premio Sezione Speciale Donne Italiane
Mio padre, uomo ignorante e violento, fisicamente corpulento, massiccio, duro con se stesso e il prossimo, vedeva in me qualcosa di insolito e di diverso nei miei atteggiamenti. Ogni volta che mi vedeva diceva: «Dounya, non basta pregare cinque volte al giorno, il nostro dio ci osserva, più devoti siamo e migliore sarà la nostra esistenza!».
Avevo diciotto anni, aiutavo mia madre in casa e guardavo le mie tre sorelle più piccole.
CHANGES
Dounya Mahboub
Marocco
Premio Speciale Rotary Club Torino Mole Antonelliana
Per quanto detestasse il villaggio, Ayue amava percorrere quella strada in salita che l’avrebbe portata alle immense, infinite risaie di Yuhu.
Le piaceva il suono dei suoi passi sulla pietra nuda, il chiacchiericcio delle case che si affacciavano sulla via, il tepore del sole sulla pelle alle otto del mattino. Sapeva bene che l’afa estiva l’avrebbe investita con tutta la sua violenza da lì a qualche ora, proprio per questo cercava di godersi quel momento in un misto di aspettativa e leggerezza.
(S)CORRI NELLE MIE VENE. SOTTOPELLE
Luisa Zhou
Cina
Premio Speciale Slow Food-Terra Madre
“Maledetta Speranza!” pensò la fragile ottantenne mentre l’acqua del caffè alla turca bolliva. Erano trascorsi ventuno giorni dalla partenza della figlia Speranza.
Prima di allora altrettanti giorni erano trascorsi dall’arresto del figlio Costantino. Da anni il ragazzo dava evidenti segni di squilibrio, negli ultimi mesi aveva trascurato di radersi la barba e di tagliarsi i capelli così come di lavarsi e cambiarsi gli abiti, diventando molto nervoso e irascibile quando qualcuno lo notava.
SPERANZA
Lorena Reci
Albania
Premio Speciale Torino Film Festival
Aprì la porta e si accorse che era venerdì…. Dai corridoi proveniva un olezzo nauseante di pesce (il venerdì in prigione c’è sempre il pesce… e c’è sempre lo stesso olezzo!). Come ogni mattina, A si era alzata verso le 7.30 e, bevuto il suo caffè, aveva cominciato a sbrigare le faccende di “cella” (già, nulla cambia, nemmeno in prigione, quelle ci toccano sempre) e fu proprio in quel momento che, alzati gli occhi verso quell’orizzonte, grigio anche nei giorni di sole, vide Ele davanti all’ufficio matricole.
LA STORIA DI ELE
Alessandra Rosa
Italia
Premio Speciale Giuria Popolare