Pensieri in libertà Avviato al carcere Lorusso Cutugno di Torino un ciclo di laboratori per le detenute
Scritto da Segreteria il 13 Febbraio 2008
A seguito della collaborazione avviata con il Ministero della Giustizia, ha preso avvio oggi 12 febbraio 2008 il ciclo di incontri all’interno degli istituti di pena femminili italiani con la presentazione al Carcere Lorusso e Cutugno di Torino (seguiranno Vigevano, Pozzuoli, Latina) del Concorso letterario nazionale Lingua Madre e delle antologie Lingua Madre. Racconti di donne straniere in Italia (Seb27).
Hanno partecipato alla presentazione: Daniela Finocchi, ideatrice e responsabile del Concorso letterario nazionale Lingua Madre; Vilma Morillo Leon, autrice CLM, le detenute dell’istituto di pena. Letture animate di Alice Drago.
Presenti anche giornaliste e cine-operatori RAI e le inviate MariaTeresa Martinengo per La Stampa, Federica Cravero per La Repubblica, Federica Burbatti per la RAI.
Il servizio televisivo è stato trasmesso al TG3 regionale del 12-2-2008 alle ore 14. Un ulteriore approfondimento sarà trasmesso nel fine settimana.
“L’incontro è stato molto partecipato e toccante – ha detto Claudia Clementi, direttrice della Casa Circondariale Lorusso Cutugno – le donne detenute sono per la maggioranza straniere e avere un’opportunità per raccontare la propria storia, le proprie emozioni e sentimenti senza filtri o intermediazioni, come nel caso di questo concorso, è importante”.
Lo hanno dimostrato le detenute presenti in sala che non hanno esitato a testimoniare le proprie esperienze, a volte molto dure e sofferte, come quella di Elisabetta che ha perso due figli attraverso una vita di soprusi e violenze subite o come quella di Loredana che ha dovuto abortire la notte prima di partire per il suo viaggio d’emigrazione verso l’Italia. Storie finite col carcere, raccontate con gli occhi lucidi, ma con la forza di chi cerca un riscatto, anche attraverso l’impegno all’interno dell’istituto, con i corsi di alfabetizzazione e di italiano a fianco delle operatrici vissute “ più come amiche, perché ci aiutano a vivere un po’ meglio, insegnandoci l’italiano, perché capire vuol già dire molto per noi”.
L’ironia e la gioiosa empatia di Vilma Morillo Leon hanno conquistato subito le partecipanti: “Il mio fidanzato italiano mi aspettava all’aeroporto, non era l’uomo abbronzato che avevo conosciuto alcuni mesi prima in Venezuela, era così bianco e pallido, mi sembrava un pollo congelato!” ha raccontato citando il suo racconto “Quanti pensieri” pubblicato in Lingua Madre Duemilasette.
Le letture animate a cura di Alice Drago hanno offerto gli spunti per la narrazione spaziando tra immagini poetiche, realtà scomode, ricordi sofferti, identità in bilico e speranza.
“Avvertii un brivido e un gelo nel cuore, una voce mi disse “Pazienza. Non perdere mai la pazienza” e l’onda si disfece”scrive scrive Rosana Crispim da Costa in Pazienza, racconto premiato al II Concorso letterario nazionale Lingua Madre. Mentre Loredana Pislaru, seconda classificata della stessa edizione scrive nel suo Il viaggio: “Portavo la carretta piena di cemento, oppure il babbo mi metteva a imbiancare la casa, di dentro e dei fuori. Quando non c’era niente da fare andavo a zappare un campo di granturco. Il babbo mi diceva: “Tu comincia che fra un’ora arrivo anch’io”. Ma arrivava la sera per portarmi a casa”. Cambio di prospettiva con Gabriella Kuruvilla nel suo Documenti, terzo classificato: “Ho un problema di identità spezzata: non posso dire che sono mezza indiana se non conosco nulla di questa metà che mi appartiene”. Si è passati quindi ai ricordi e alla centralità dell’istruzione quale volano di emancipazione e speranza, grazie a Marisa Bacani Bautista e il suo racconto Angeli made in Italy: “Dovete mangiare bene per rendere bene a scuola – diceva sempre mio padre. Lui la mattina preparava il riso e le uova fritte. Eravamo otto figli seduti sulle panchine attorno a un lungo tavolo centrale. “Non abbiamo niente da lasciarvi in eredità tranne i vostri diplomi” E’ la cosa più bella della cultura filippina. Tutti i genitori dicono così ai loro figli”. Culture, tradizioni, differenze che si mettono a confronto e si sommano, per esempio Juenang Djandjo nel suo racconto Il matrimonio ricorda come “Il potere gestionale e decisionale della donna nella cultura camerunese è molto inferiore. La donna africana che si sposa viene trattata come un oggetto di compravendita, assai diversamente da quello che avviene per esempio in Italia”.
Il percorso formativo consisteva quindi nel costruire un racconto collettivo “a tappe”. Tutte insieme, allieve (in prevalenza straniere) e insegnanti, sono state così coinvolte nel creare una storia sospesa tra realtà e immaginazione. Ognuna, allacciandosi alla parte raccontata da chi la precedeva, ha arricchito il racconto facendo ricorso alle proprie esperienze, ai propri desideri, ma anche a quello che le suggeriva la fantasia. Un approccio che è al contempo disciplinare e interdisciplinare, con valenze educative e relazionali e il racconto realizzato al termine del laboratorio parteciperà alla prossima edizione del concorso.
Il laboratorio e l’esperienza messa in atto insieme alle detenute è un esempio significativo delle interazioni che stanno ridisegnando la mappa culturale del nuovo millennio che testimonia la ricchezza, la tensione conoscitiva ed espressiva delle donne provenienti da “altri” Paesi, mettendo in gioco la condivisione e il piacere di ritrovarsi per costruire qualcosa insieme nel rispetto della differenza e delle differenze.
Ecco tutte le foto.