Di un’altra voce sarà la paura Intervista all’autrice CLM Yuleisy Cruz Lezcano
Scritto da Segreteria il 09 Aprile 2024
In occasione dell’uscita del suo nuovo libro Di un’altra voce sarà la paura per Leonida Edizioni, l’autrice CLM Yuleisy Cruz Lezcano affronta in questa intervista il tema della violenza subita dalle donne. Storie strazianti, ma allo stesso tempo colme di rabbia nei confronti di una realtà che può sembrare a volte senza via d’uscita.
Si tratta di una raccolta di poesie che presenta le vite di donne messe all’angolo, abbandonate “dagli dei e dagli uomini”. Cruz Lezcano tramite i suoi versi dà voce ai silenzi ingiusti, che in realtà sono più grida soffocate, con coraggiosa fermezza. Grazie alla sua determinazione e capacità di scrittura, racconta la cruda verità, unendola anche alla sua esperienza privata, per riportare in luce le storie di donne che rimarranno eterne nella poesia.
Il libro è stato candidato al Premio Strega Poesia 2024 e sarà presentato al Salone Internazionale del Libro di Torino domenica 12 maggio.
Quanto è difficile spiegare la complessità del tema della violenza contro le donne? Perché è importante raccontare storie come queste?
In questo libro, più che spiegare la complessità, riporto storie diverse di violenza, riferendomi la maggior parte delle volte a quella fisica. Ma come ben si sa la violenza fisica, soprattutto quella compiuta nell’ambito familiare, è preceduta, spesso, dalla violenza psicologica. Affrontare un argomento del genere, comporta una richiesta emozionale non indifferente. Dopo avere scritto alcune poesie del libro rimanevo stanca, sfinita emotivamente e, man mano che scendevo con le immagini nei particolari delle scene di violenza, sentivo la necessità di fare decantare le poesie, fare delle pause.
Di libri sulla violenza di genere ne sono stati scritti tanti, ma non è stato comunque detto tutto quello che c’è da raccontare. Tra le persone che non conoscono il fenomeno, c’è una sorta di incredulità. Dobbiamo pensare che una donna su tre subisce quotidianamente violenza e che questo è un fenomeno trasversale, presente in ogni luogo del mondo, durante le guerre e in tempo di pace.
Il libro contiene quarantacinque poesie che raccontano storie diverse, e nonostante questo non è esaustivo riguardo a tutte le forme di violenza di genere che si sono viste e si continuano a ripetere, sempre in modo differente nel nostro tempo. Sin dal titolo si legge il mio tentativo e il mio impegno nel dare voce a chi non è riuscita a parlare, a urlare abbastanza forte, a denunciare o a farsi ascoltare riguardo la violenza subita.
Sicuramente non è un libro bello, è un libro crudo, con fatti reali riportati dalla cronaca o che ho ascoltato da amiche o durante lo svolgimento della mia professione nel consultorio famigliare, dove ho lavorato per dodici anni. Credo che la mia vita non sia molto diversa da quella di tante donne che hanno avuto esperienze di abuso. Devo menzionarlo perché è importante che questo venga alla luce. È sempre nascosto per vergogna o paura, e questo a lungo andare genera traumi terribili che ti accompagnano per tutta la vita.
La scelta di “dare voce” a qualcun’altra è un compito controverso, doveroso, ma che richiede grandi responsabilità. Ha sentito questo peso nello scrivere? Oppure è prevalsa in lei la necessità di informare e diffondere la realtà dei fatti?
La responsabilità più grande che ha la poesia sociale e di militanza è proprio quella di sensibilizzare tramite accostamenti poetici sui problemi di sempre ed emergenti. Per fare questo il/la poeta/poetessa non può isolarsi, ma deve proprio intingersi, come un pennello, di realtà. Studiando il mondo attorno a sé, potrebbe incontrare la voce per anticipare anche il futuro. Chi si occupa delle donne e delle problematiche sociali che le riguardano ben sa che abbiamo bisogno di politiche di riconoscimento e di empowerment della differenza. Politiche che ci permettono di contribuire alla vita e crearla in un modo più generativo, più affettivo, che non implica eliminarsi a vicenda, ma piuttosto relazionarsi con affetto, ammirazione, parole, sentimenti. Con tale premessa mi rivolgo ai lettori, allo scopo di dare emozioni per cercare appoggio e azioni che implichino “il cambiamento”.
Questo libro contiene violenze reali apparse nella cronaca, di gruppo e non, ma anche esperienze anonime sulla violenza di genere (stupro, abuso, disprezzo, in famiglia, con il partner, tra amici o sconosciuti, micro-machismo) e violenza durante i conflitti bellici. Offrire una visione sull’enorme varietà di violenze esistenti vorrei potesse servire a smantellare certi miti, come l’idea che lo stupro aumenti se la donna è ubriaca, in abiti “provocatori” o se gira di notte nei vicoli bui. E soprattutto vorrei che fosse chiaro che gli stupratori e gli aggressori non sono persone malate o pazze, ma anzi sanno benissimo cosa fanno, perché lo fanno e come lo fanno; che la loro convinzione nell’abuso delle donne deriva da insegnamenti sociali sessisti che vengono normalizzati in questo modo.
La maggior parte delle sue pubblicazioni è costituita da raccolte di poesie. Per quale ragione predilige questo genere? I versi cosa le permettono di comunicare in più rispetto ai racconti o ai romanzi?
Per me la poesia non è solo uno spazio di contemplazione; al contrario rappresenta uno spazio di azione sociale e intenzionale. Mi ha dato e mi dà la possibilità di avere linguaggi vicini localizzati nell’esperienza, nel contatto, nelle emozioni e nelle sensazioni che condividiamo come esseri umani. La poesia mi permette di usare nuove parole, nuovi linguaggi, di incontrare le parole in altri modi, di creare nuovi scenari. Infatti è uno spazio politico, di incontro, di lavoro collettivo e collaborativo con altri esseri umani che la pensano diversamente da me e che hanno avuto esperienze diverse, ma anche un luogo per trovare alchimie, sintonie, affinità e soprattutto condivisione. Credo che la poesia sia uno di quei linguaggi generativi che devono servire a tutti noi per andare oltre la contemplazione. Abbiamo bisogno di poesia e arte impegnate nell’azione politica del cambiamento, dell’evoluzione verso uno stato alto di umanità, comprensione e solidarietà.
La sua raccolta verrà presentata al Salone Internazionale del Libro di Torino. Cosa significa per lei e qual è il messaggio che avrà più premura di comunicare ai lettori e alle lettrici?
Presentare questa raccolta al Salone Internazionale del Libro rappresenta per me una preziosa vetrina sia mediatica, sia pratica; rappresenta anche un’occasione per cercare di catturare l’attenzione di lettori sconosciuti, cosa che è sempre difficoltosa e non banale. Per fare questo mi sono posta da sola delle domande: «Cosa consiglieresti al lettore prima di iniziare a sfogliare le pagine di quest’opera?». Idealmente potrei rispondere: «Lettore, preparati al peggio, apri la mente, perché per leggere questo libro è necessario sbarazzarsi dell’idea che si tratti di casi isolati, perché accadono giorno dopo giorno, in qualsiasi luogo, tempo e situazione». E per le donne, se sono state vittime di violenza, dico: «Non siete sole, non siete le uniche, le violenze accadono continuamente e non devono restare in silenzio».
Mi auguro che Di un’altra voce sarà la paura riesca a toccare il cuore, che faccia accapponare la pelle, provocare tremore e orrore, perché questo è solo un millesimo di quello che provano ogni giorno le donne che subiscono violenza.