Le interviste immaginarie Il volume raccontato dall'autrice Laura Malaterra
Scritto da Segreteria il 11 Gennaio 2022
Dodici donne, artiste, del passato si raccontano fra immaginazione e realtà storica. Questo è il presupposto alla base de Le interviste immaginarie (Gruppo Albatros Il Filo), il nuovo libro dell’autrice CLM Laura Malaterra, scrittrice, fotografa, attrice e regista, curatrice della riduzione teatrale e della regia dello spettacolo Donne che cucinano la vita, tratto dai racconti delle autrici del Concorso.
In questa intervista, Laura Malaterra approfondisce i temi trattati nel volume, spiegando il lavoro di ricerca da lei svolto sulle fonti e le motivazioni che l’hanno spinta a raccontare le storie di queste donne.
Ci parli del volume nella sua totalità, la sua composizione e la sua struttura. Com’è nata l’idea di questo libro e cosa l’ha spinta a scriverlo?
Mi sono sempre piaciute le storie di donne che hanno lasciato un segno con la loro arte, particolarmente negli ambiti della fotografia, del design, dell’architettura. Quando mi è giunta da Artwort (blog d’arte indipendente su cui scrivo) la proposta di raccontare la vita di donne famose d’altri tempi che hanno contribuito, con le loro idee e il loro fare, a portare innovazioni non solo nell’arte ma anche nella vita con esistenze uniche, originali e sempre un po’ controcorrente, ho pensato ad una serie di interviste dove avrei potuto parlare con loro e porre le domande che da tempo avevo in testa.
Mi ha mosso quindi la curiosità di scoprire ed approfondire momenti e sensazioni delle loro esperienze che potevo solo “immaginare” dopo aver letto le loro storie. Sono nate così Le Interviste Immaginarie uscite a puntate su Artwort dal 2018, un po’ come Le tigri di Mompracem di Emilio Salgari pubblicato a puntate su La Nuova Arena dalla fine del 1883. Poi è nato il desiderio di pubblicare il libro.
Nella struttura del dialogo le mie domande sono sempre riferite a fatti effettivamente avvenuti, documentati con una ricerca approfondita su eventi, personaggi, luoghi, date, mentre nelle risposte ho cercato di ricostruire la personalità dell’intervistata come emerge dalle sue opere e dalla documentazione, ma ho anche cercato di immaginare i loro stati d’animo, le sensazioni, le movenze, il timbro della voce. Un viaggio nelle vite di “altre donne” che mi ha veramente affascinato ed è diventato quasi un “viaggio teatrale nel tempo” seguendole tra Venezia, dove ho incontrato Peggy Guggenheim, Parigi, dove al celeberrimo Cafè de Flore ho intervistato Suzanne Valadon nel 1937 e poi Eileen Gray nella sua bellissima casa al 21 di rue Bonaparte, e New York dove con Margaret Bourke-White abbiamo ricordato la sua foto dell’imponente diga di Fort Peck nel Montana uscita sul primo numero di Life nel lontano 23 novembre 1936. Ma ho anche incontrato Walter Gropius a casa di Annelise Fleischmann Albers mentre la stavo intervistando ed Emilio Vedova ospite di Peggy Guggenheim a palazzo Venier… incontri sorprendenti ed inattesi!
Nell’immagine di copertina ho cercato di interpretare tutto quello che ho provato scrivendo, mi sono sempre pensata con un elegante cappello in testa intenta ad ascoltare e prendere appunti in un’atmosfera di una “eleganza d’altri tempi” ben rappresentata dalle artiste che ho incontrato, non solo formale ma anche intellettiva, di gesti, movenze, e che ho cercato di ricreare con la toile de Jouy come fondale, un tavolino che emana l’essenza del caffè e il sorriso radioso di una giovane donna bella, elegante che guarda al futuro con la consapevolezza della sua forza. Una donna che vuole rappresentare tutte le donne che ho intervistato, donne “che non si stancano mai di sorridere e ti offrono un caffè caldo e avvolgente, ricco di profumi, aromi e promesse”.
Le donne da lei “intervistate” sono personalità di spicco in diversi campi di interesse: come le ha scelte e perché?
La passione per donne dalla forte personalità che avevano raggiunto risultati a volte grandiosi nelle loro opere e nei loro progetti, portati avanti ostinatamente anche in anni tragici segnati dalla guerra, è stato il fatidico fil rouge che mi ha guidato per viaggiare nel tempo.
Penso in particolare alla drammatica fuga da Berlino sotto i bombardamenti di Inge Morath per raggiungere Salisburgo e alla lotta quotidiana di tutte per farsi valere ed essere riconosciute in ambienti spesso dominati dagli uomini. Donne artiste ma anche e soprattutto pioniere ed anticipatrici di nuove sperimentazioni nell’arte e nella vita.
Il sottotitolo del libro Artiste del passato che illuminano il presente forse spiega anche il fascino che sento per certe opere innovative e rivoluzionarie – una fotografia, una sedia, un manifesto – che progettate in tempi lontani sono tuttora icone e punti di riferimento per elaborare “il futuribile”. Nel 2021 sono in produzione, con tanti altri oggetti pietre miliari di un design ancora oggi sofisticatamente azzardato, la mitica poltrona Bibendum, creata tra il 1925 e il 1926 da Eileen Gray, per l’appartamento di Madame Mathieu Lèvy nella Rue del Lota a Parigi, le leggendarie Lounge Chair degli Eames progettate agli inizi degli anni ’50. Il primo réportage fotografico di Dora Maar che ha documentato l’evolversi di Guernica fotografando un Picasso ispirato e virulento nel dipingere come era nella vita e nell’amore; il libro fotografico pubblicato nel 1987 The Eternal Body della grande Ruth Bernhard, cinquanta immagini in bianco e nero dove il corpo della donna viene sublimato, tutt’oggi un cult per i fotografi di tutto il mondo.
Potrei continuare con tantissime altre opere. In questi tempi dove tutto si brucia all’istante – pensieri, parole, informazioni, mode – eccezionale è ritrovarsi ad essere illuminata, in tutti i sensi, dall’iconica Tube progettata da Eileen Gray nel 1927. La genialità di essere sempre all’avanguardia.
Seppur di fantasia, queste interviste hanno una forte base storica. Ci parli del suo lavoro sulle fonti e di come abbia poi preso forma il testo finale.
Incontrare queste artiste e ritrovare le loro opere ancora oggi considerate modernamente innovative e rese immortali dal passare del tempo, mi ha reso consapevole di dover scrivere dopo un’approfondita documentazione, responsabilizzandomi per riportare la veridicità di avvenimenti, incontri, pubblicazioni, luoghi, date.
Ho suddiviso il mio lavoro in due momenti: la ricerca di documentazione, attraverso libri, cataloghi, web, e la stesura dell’intervista. Il primo momento a volte si è dilungato per vari motivi, non ultimi l’attesa dei libri prenotati e il dover seguire altri impegni di lavoro. Il secondo momento posso sintetizzarlo come una sorta di “pausa” dalla vita reale ed immersione totale, di giorno ma specialmente di notte, nella vita delle artiste divenute amiche confidenziali perché si è venuta a creare quell’ “affinità elettiva” che sempre unisce le donne.
È vero, per ognuno di noi “scriventi” esistono, tra le 24 ore di ogni giorno, quelle sospese dove la penna o i tasti del computer scivolano via sotto le dita e ci lasciano lettere, parole, frasi e tutto sembra definirsi con la leggerezza del niente. Dopo il tramonto e nel buio della notte, stranamente, tutto mi pare più chiaro.
Così sono nate Le Interviste Immaginarie, in una sorta di limbo creativo dove ho provato la piacevole sensazione di “stare recitando senza recitare”.
La copertina de Le interviste immaginarie prende vita su Facebook, grazie alle animazioni di Vincenzo Gioanola, commentate dalla voce della stessa Laura Malaterra sulle note di Chopin. Potete scoprirla a questo link.