Le autrici di Lingua Madre

Gli incipit dei racconti vincitori XX edizione del Concorso Lingua Madre

Scritto da Segreteria il 08 Aprile 2025

GLI INCIPIT DEI RACCONTI VINCITORI
XX CONCORSO LETTERARIO NAZIONALE LINGUA MADRE

Flavia conosce a memoria i nomi dei miei cugini, dei miei piatti preferiti – che sono diventati anche i suoi –, la melodia delle canzoni di Fairuz. Ho parlato molto del Libano a Flavia ma ci è voluto un po’ prima di parlare ai miei parenti libanesi di lei.
Flavia è entrata nella mia vita quando la mia non era più solo nostalgia: era un’assenza incrostata. In sette anni, mi ha visto andare e tornare dal Libano soltanto due volte, per pochi giorni: un tour quasi museale fra oggetti e spazi di un passato familiare, un’immersione che serviva a toccare con mano un Paese per rassicurarci che ci fosse ancora.
PIANGERE PER L’ABBATTIMENTO DI UN ALBERO 
Leyla Khalil 
Libano
PRIMO PREMIO 

Cinquantanove anni. Candiolo, Piemonte. 
«Mastectomia totale».
Ascolto queste parole italiane, che non ho mai sentito prima, a bocca aperta. Torno a casa e le cerco su internet. Mi rendo conto che si riferiscono a un intervento chirurgico.
Sette anni. Città di Kiyose, prefettura di Saitama, Giappone. 
Nasce mio fratello e mia madre lo sta allattando, in una stanza in cui non c’è nessuno tranne noi. Lei si alza la camicia senza vergognarsi, ovviamente, e lascia che il neonato si nutra dal suo seno. Io mi vergogno molto a guardare le grandi tette di mia madre con quelle vene blu, ma non riesco a staccare gli occhi da esse.
OPPAI
Sayaka Miyamoto 
Giappone
SECONDO PREMIO   

Intorno a me si stende un buio profondo, immenso. La linea dell’orizzonte, che durante il giorno separava il mare dal cielo, è stata inghiottita dalla notte. L’aria è fredda, pungente. Sento il fruscio incessante delle onde contro lo scafo. Non ci sono più stanze libere sulla nave, dormiamo all’aperto, coperti dai nostri vestiti. Chiudo gli occhi, avvolta dal vento che mi accarezza il viso, e ascolto il respiro del mare. Chissà quando rivedrò la mia casa in Albania.
Sulla terraferma, il presente non lascia spazio alla nostalgia. «Non devi più parlare in albanese», mi dicono, «ora devi imparare l’italiano». Comincio a soffocare la mia lingua, a sostituirla con la nuova. Imparo velocemente, cercando di mimetizzarmi e di non attirare l’attenzione. Non voglio essere “la straniera”. Voglio essere come loro. E ci riesco.
LA MIA VOCE È CASA 
Loranda Domi 
Albania
TERZO PREMIO 

Tra meno di un’ora inizia l’esame. Il lungo Dora Firenze è spazzato da un gelido vento invernale e io mi stringo nel cappotto, battendo i denti. Non è solo il freddo a mettermi i brividi, ma anche l’ansia che provo nel varcare il cancello del Campus universitario. Cerco di non guardare il palazzo di vetro, la cui incombenza mi incute un certo timore. Fuori dall’aula dell’esame si stanno radunando altri ragazzi che scherzano tra loro. Io resto in silenzio, ripassando mentalmente i testi che ho preparato. La porta si apre, ne esce una professoressa giovanissima e dall’aria simpatica.
猫 = GATTO 
Anna Monteccone 
Italia
PREMIO SEZIONE SPECIALE DONNE ITALIANE 

L’ho odiata sai.
Lo so che non si dovrebbe, ma ho odiato Colei che mi ha messo al mondo.
L’ho odiata perché non la conoscevo. Perché solo sapevo il suo nome.
Ho odiato molte cose di Lei, come il suo non esprimersi mai.
Sai, Lei non è una da troppi discorsi, ma si notano sul suo viso tutte quelle parole che non ha mai detto. Per colpa di questo suo carattere così schivo ha sempre faticato a farsi delle amiche, non era una di quelle madri che trovavi fuori da scuola a parlare con le altre, non è mai venuta alle mie recite, non ha mai partecipato alle assemblee genitoriali.
Questo suo carattere.
IL FIORE DI SMERALDO 
Nancy Jissel Solis Realpe 
Ecuador
PREMIO SPECIALE TORINO FILM FESTIVAL 

Una fila di magliette una sopra l’altra nella colonna di sinistra, biancheria intima in quella di destra. In mezzo, maglioni arrotolati come cannoli siciliani da cui spuntano barattoli di vetro da mezzo chilo. «I maglioni sono pesanti, così i barattoli non si rompono in aereo» ripete mia madre ogni volta che preparo la valigia per tornare in Italia. Prima di chiuderla facciamo entrambe mille controlli, assicurandoci che i maglioni siano ben arrotolati intorno ai barattoli.
La valigia – distesa sul tavolo nello studio di mamma come se fosse una teglia di lasagne di vestiti di vari colori – sembra annoiata, oramai abituata alla solita routine. Clunkkk, ziiiip, «buon viaggio e fammi sapere quando arrivi», slammm.
BARATTOLI
Lidija Pisker 
Bosnia Erzegovina/Croazia
PREMIO SPECIALE SLOW FOOD – TERRA MADRE 

Mi svegliai presto al mattino e presi in mano la penna e il quaderno perché si sa che i sogni sono come farfalle che svolazzano e svaniscono in un batter d’occhio. Avevo preso l’abitudine, così scrissi subito: Eravamo in cucina mia mamma e io da bambina. La vedevo che versava in una ciotola della maizena. Con le mie piccole mani giocavo a mescolare quella farina che sembrava seta, ridevo e poi piangevo mentre mi toccavo le dita; il gioco si faceva sempre più divertente per le sensazioni che provavo nell’affondare le mani in quella ciotola ripiena di morbidezza bianchissima.
Mi sforzai di ricordare qualche dettaglio in più, niente, tutto lì. Era un’altalena fra il piangere e il ridere a man mano che la farina setosa scivolava fra le mie mani. Chiusi il quaderno. Avevo la giornata libera e decisi che avrei fatto una torta.
LA MIA SCARPA DEL CUORE
Luz Elsy Duarte Zapata
Colombia
PREMIO SPECIALE GIURIA POPOLARE