"Il viaggio" di Blanca Ratner Il nuovo libro dell'autrice CLM
Scritto da Segreteria il 29 Ottobre 2020
Esce oggi “Il viaggio”, il nuovo libro dell’autrice CLM Blanca Ratner pubblicato da Besa Editrice, con cui il Concorso Lingua Madre collabora da anni anche per la rivista «Crocevia» da loro edita con una sezione dedicata al Concorso.
Salire su un aereo per ritrovare se stessi, le proprie origini. Per ricongiungersi al proprio dove, il posto da cui si viene e che ci si è lasciati alle spalle per un altrove in cui costruire una nuova vita e una nuova identità, con il rischio di sentirsi sempre stranieri. È quel che fa Blanca Ratner, che in questo romanzo-diario racconta di sé e del suo viaggio personale, quello che dall’Italia terra d’adozione la riporta nella natia Argentina, a Buenos Aires. L’autrice ricostruisce l’itinerario di un viaggio sentimentale ma non sentimentalistico, in cui passato e presente si rincorrono per raccontare una storia di riconciliazione e rigenerazione, di appartenenza e reciproca riscoperta, di cordoni ombelicali che si riannodano. Ne emerge una narrazione “bifronte” come la condizione di ogni migrante, in equilibrio sul filo di due esistenze parallele, con il dove e l’altrove che spesso si scambiano di posto.
Di seguito un’intervista all’autrice che si racconta, spiegando la genesi del suo romanzo e la sua personale esperienza con la scrittura, a partire proprio dalla partecipazione al Concorso Lingua Madre.
Qual è il tema de “Il viaggio” e qual è stata la genesi del suo romanzo?
Il mio libro segue l’itinerario di un viaggio introspettivo e storico in cui passato e presente si rincorrono per raccontare una storia di riconciliazione e appartenenza.
Ho sviluppato una personalità irriverente, coraggiosa e ribelle nei confronti di un modello culturale proposto da un Paese, l’Argentina, di cultura patriarcale, maschilista, dispotico, assolutista, anti-indigenista. Una personalità che a volte si ritorce anche contro me stessa ma che spesso si rivede nella popolazione di quello stesso Paese, ribelle, studiosa, patriottica e accogliente.
Le motivazioni che mi hanno portato a intraprendere questo viaggio sono principalmente due. Innanzitutto provavo il grande desiderio di riallacciare il legame con i miei genitori, che sembrava perduto o quantomeno logorato. In secondo luogo volevo tornare alle mie radici, alla lingua porteña (riferita a quella che parlano gli abitanti dei dintorni del porto di Buenos Aires), al profumo dei barrios, alla flora rigogliosa, quasi tropicale, agli uccelli stridenti, ai cani randagi, al mate (bevanda indigena a base di erbe, che si beve in compagnia con una cannuccia sola e che ora, con la pandemia, è diventato un rituale solo famigliare). Ritrovare la me bambina, adolescente e adulta nei posti che solitamente frequentavo.
Qual è il suo rapporto con la scrittura? Come si è evoluto nel tempo questo rapporto e cosa la spinge a raccontare attraverso carta e penna?
Il mio rapporto con la scrittura nasce a tredici anni dopo aver letto il Diario di Anna Frank. Da quel momento ho cominciato anche io a tenere un diario che è diventato il mio alter-ego, una coscienza che controllava e marcava il ritmo della mia vita senza condannare le mie scelte; un rifugio alla tristezza e un intimo amico per gioire insieme. E’ stata una vera “auto-terapia”: rileggendolo, ad anni di distanza, ho cambiato punto di vista, allargando così il mio mondo interiore.
A vent’anni poi, quando andai a vivere in Patagonia, oltre al mio diario si è sviluppata un’intensa vita epistolare. “Sembrano romanzi anziché lettere” mi diceva la mia adorata zia Julia. A casa di mamma, bauli e cassetti si riempirono di lettere realistiche e prolisse. Con l’età degli amori comparirono invece le poesie e la prosa poetica.
Una volta adulta, dopo il trasferimento in Italia, iniziai corsi di scrittura creativa presso l’Università di Bolzano: la prima opportunità di confronto e un’occasione per cercare di allontanare l’ego dalla scrittura. Fu difficile staccarmi dei generi che avevo maturato nel tempo e che giravano solo attorno a me. Questi corsi mi “forzarono” la narrativa: una forma che già avevo sperimentato nelle mie lettere e che ora si arricchiva di voci narranti diverse, diversi punti di vista e nuovi personaggi.
Infine presi parte al gruppo “La fucina letteraria” nato nella biblioteca di Marostica, in provincia di Vicenza, grazie al quale mi sono dedicata ai readings: musica dal vivo e racconti tematici davanti ad un pubblico. Una grande sfida per la mia timidezza!
La scrittura per me è stata fonte di riscatto nei confronti della mia condizione di straniera e di tutte le conseguenze portate proprio da questa condizione. Nonostante avessi la cittadinanza per via della famiglia di mio marito, non mi sono mai sentita italiana. È stata l’impossibilità di finire la carriera universitaria a Padova a segnare il mio futuro. Nonostante mi avessero approvato la maggior parte degli esami sostenuti in Argentina, una serie di fattori personali, economici, sociali e linguistici mi allontanò dalla Facoltà di Biologia.
All’epoca avevo 30 anni, ero madre di due bambini e ben presto anche nel mondo del lavoro trovai molte porte chiuse: non vedevano in me una futura lavoratrice.
Anni dopo, tuttavia, si risvegliò in me il desiderio di finire gli studi e fu in quel momento che la mia vita prese una svolta inaspettata. Cercai un tutor per riprendere la tesi in botanica e la professoressa che mi seguì mi consigliò, invece di perdermi dietro le rette degli anni fuori corso, di dedicarmi al mondo degli anziani e della disabilità. Fu così che mi iscrissi a un corso di OOS. Una volta giunta davanti alla commissione per l’esame finale, il presidente del settore disabilità del Veneto chiese chi era Blanca Ratner, autrice del tema “Sulla non autosufficienza”. “Lei farà molta fatica a lavorare nel mondo OOS: il suo livello scolastico è nettamente superiore” mi disse quando mi presentai al tavolo dei professori.
Ma la scrittura continuava ad essere una parte fondamentale della mia vita, una parte che sentivo di star trascurando. Mi iscrissi così all’Università UPAD di Bolzano dove una collega mi propose di partecipare a un libro scritto da donne straniere. Presentai il racconto “La famiglia nella stalla” che venne poi inserito nel libro In sospensione tra due mondi, pubblicato per l’Assessorato alla cultura della città di Bolzano.
Anni dopo trovai un’edizione di Lingua Madre. Racconti di donne straniere in Italia nella libreria del Quarto Ponte, l’associazione interculturale di cui facevo parte. Fu questa scoperta, combinata con la lettura del racconto “Nessun libro in valigia” di Julio Monteiro Martins, a darmi la giusta ispirazione e motivazione per partecipare al Concorso letterario nazionale Lingua Madre. Anche se il mio primo racconto inviato, “Estraneità”, non fu selezionato per la pubblicazione, avevo finalmente trovato un palco attraverso il quale esprimere me stessa, la mia voce, e attraverso il quale elaborare i miei ricordi e le mie speranze per il futuro.
Con questa consapevolezza partecipai anche l’anno successivo e questa volta il mio racconto “Il distacco”, una straziante testimonianza di un recente episodio familiare, venne pubblicato in Lingua Madre Duemiladiciannove. Racconti di donne straniere in Italia, pubblicato da SEB27.