Narrazioni che uniscono Storie di autrici CLM al Festival dei Venti Mediterranei
Scritto da Segreteria il 31 Ottobre 2023
di Elena Pineschi
Che differenza c’è tra essere iraniana o persiana? E tra essere marocchina o araba?
Le proprie origini possono essere stigmatizzate, vissute e raccontate in modi molto diversi: al Festival dei Venti Mediterranei – culture, cibo, società le autrici CLM Hasti Naddafi e Fedoua El Attari hanno condiviso le loro esperienze, entrambe giovani con appartenenze multiple con alle spalle vissuti di spostamenti all’interno dell’Italia e storie familiari di migrazioni.
Narrazioni che possono essere condotte tramite luoghi comuni dall’esterno, ma anche abitate in modo ambivalente dentro di sé. Si può scegliere secondo quali stile vestirsi, che abitudini adottare, come presentarsi in base alle persone con cui ci si rapporta.
Il festival– organizzato da Slow Food Italia coinvolgendo i partner del progetto Youth&Food. Il cibo veicolo di inclusione e le associazioni delle diaspore mediterranee di Torino – è appunto nato per analizzare «chiavi di lettura differenti l’una dall’altra, che tutte insieme raccontano l’essenza del Mediterraneo, culla di civiltà, luogo di incontro di culture che si ritrovano ancora oggi nei sapori e nelle tradizioni culinarie, ma soprattutto sentiero di migrazioni e spazio di contaminazioni che ha ricoperto un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’umanità».
Abderrahmane Amajou, Coordinatore tema migranti Slow Food International e responsabile di Youth&Food, ha presentato questa prima edizione e l’obiettivo di creare percorsi di inclusione sociale, lavorativa e abitativa per minori stranieri non accompagnati secondo questo nuovo progetto selezionato da Con i Bambini.
«Da ormai molti anni collaboriamo con il Concorso Lingua Madre – ha proseguito – e abbiamo il piacere di avere uno spazio dedicato grazie al Premio Speciale Slow Food – Terra Madre. Ed è indicativo come i nomi si richiamino moltissimo, al pari di quanto avviene con l’Orchestra Terra Madre che oggi partecipa all’incontro».
Il musicista Simone Campa ha infatti accompagnato le letture dei racconti CLM in rappresentanza di questa orchestra, che mira a creare un dialogo musicale ed interculturale per celebrare l’incontro e la diversità attraverso i suoni, le danze e le tradizioni dei popoli della Terra.
E proprio di scambi, trame, saperi intergenerazionali hanno parlato le autrici CLM con la moderazione di Daniela Finocchi, ideatrice e responsabile del Concorso.
Hasti Naddafi, vincitrice del Premio Speciale Slow Food – Terra Madre in questa XVIII edizione CLM, ha identificato molto chiaramente la valenza delle narrazioni multiple: «La mia è una storia di privilegio, non voglio affatto negarlo, io la migrazione non l’ho vissuta, se non dalle Marche. Ad affrontarla sono stati i miei genitori, eppure a me è toccato dover risolvere la questione identitaria».
Iraniana, nata nelle Marche, l’origine della sua prima diversità è derivata dal fatto che non assomigliava alla madre: tale divario identitario intrafamiliare è stato per lei il più grande elemento di estraneità, molto intimo, doloroso e spesso sconosciuto. Proprio attraverso la scrittura è riuscita a superare questa dissociazione per scegliere come definirsi, aspetto che è diventato imprescindibile arrivando a Torino quando si è sentita “ancora più straniera”: in una città con una forte presenza araba, infatti, le sue origini diventano spesso oggetto di errata interpretazione. Abbronzarsi, truccarsi o vestirsi in un certo modo e altre piccole scelte comuni possono influenzare fortemente il modo in cui si viene considerati. «Quando mi presento come persiana, – ha rivelato – le persone sono spesso affascinate, mentre vedo in modo lampante come cambia il loro sguardo se pensano che io sia araba. Spetta anche a me quindi decidere come mostrarmi, come raccontarmi».
Anche Fedoua El Attari ha vissuto questa doppia rappresentazione: «Esiste anche una nomina marocchina stigmatizzata in maniera negativa: ho dovuto a mia volta imparare a decostruirla rispetto alla sua realtà, in un processo che prevede in primis la cura del linguaggio – che parte dal principio di ascolto – e nuove narrazioni, più sane, di quello che viviamo». Entrare in relazione con coetanee e coetanei di origine multiple nonché con la comunità marocchina più grande d’Italia ha “ammorbidito” gli stigmi, le sue rigidità dettate da ciò che non conosceva, anche di se stessa: nata e cresciuta come unica marocchina a Novi Ligure, Torino è stata invece per lei un’apertura, una riscoperta, una possibilità di (ri)appropriarsi delle proprie origini arabofone. Ha infatti spiegato: «Per me si tratta ormai di una consapevolizzazione della mia radice perché comunque c’è, era già lì ed è così per tutte e tutti. Dopo le ricerche e le conoscenze che ho acquisito sulla cultura arabofona, oggi sono felice di dire che sono marocchina, perché sono consapevole del valore di questa mia appartenenza».
Ecco quindi che questo festival nato per indagare, ma anche festeggiare il Mediterraneo ne ha esaltato l’amalgama di culture e tradizioni, così lontane e allo stesso tempo così simili. Soprattutto per quanto riguarda le esperienze e le sensibilità delle donne.
L’intervento finale di Giulia De Felice, giovane produttrice molisana di olio EVO, ne è stata un’ulteriore conferma: la sua azienda e la sua scrittura mirano a preservare questo patrimonio familiare e italiano al contempo, non solo celebrando le origini ma anche il valore e il lavoro delle donne che – come ha sottolineato – ancora oggi deve fare i conti con un maschilismo imperante.
Perché come ha affermato Fedoua El Attari: «Il racconto crea una trama e la trama da sempre è legata al mondo femminile della tessitura: le donne da sempre nella storia cuciono e uniscono, tengono insieme». Ed è stato anche quello che è successo in questo incontro – raccolte e raccolti a cerchio, ad ascoltare narrazioni e pensieri, ad ascoltare musiche.
Le foto precedenti sono di Nderim Kaceli.