Parole, passi, sogni Yuleisy Cruz Lezcano protagonista della rassegna
Scritto da Segreteria il 07 Luglio 2022
Passeggiate, presentazioni, corsi, spettacoli, momenti di scoperta del territorio, delle sue tradizioni, dei suoi cibi, il tutto nel segno del confronto e della convivialità. Questo e molto altro è la rassegna Parole, passi, sogni che ha visto protagonista il 3 luglio Yuleisy Cruz Lezcano, autrice CLM.
Organizzato dalla libreria Atlantide, l’incontro Lingua Madre è stato la tappa locale di un percorso iniziato la scorsa estate da I libri di Mompracem – associazione per la promozione del libro e della lettura – ed Erodoto108 – storica testata della narrazione di luoghi – al fine di promuovere l’Appennino e i cammini che l’attraversano, e insieme ad essi il valore sociale della lettura e degli spazi collettivi. Promuovere cultura e voglia di fare rete sono le caratteristiche di questo progetto capace di coinvolgere tante realtà locali, quali il Room&Breakfast La Gramadora a Castel San Pietro Terme dove si è svolto l’incontro. Insieme all’autrice del Concorso, che ha presentato anche il suo nuovo libro L’infanzia dell’erba (Melville), ha partecipato lo scrittore Artur Spanjolli in dialogo con Nicole Meloni, moderatrice dell’evento.
Il racconto dell’incontro
a cura di Yuleisy Cruz Lezcano
“Un evento molto bello ed interessante che si è sviluppato a partire dalle domande:
Che cosa accade in un autore o in un’autrice quando decide di abbandonare la sua lingua per scrivere in una diversa dalla propria?
Che cosa si perde in questo passaggio e che cosa si acquista?
E poi, Perché si lascia una lingua per adottarne un’altra?
Gli interventi si sono quindi articolati a partire dai nostri vissuti e dalla nostra storia personale, Arthur attingendo alle sue origini albanesi, alle motivazioni della sua migrazione e alla ricerca della sua identità, io come emigrata da Cuba.
Per quanto mi riguarda, ho potuto leggere opere di diverse/i scrittrici/tori che hanno scelto e osato scrivere in una lingua differente dalla loro lingua madre. I motivi possono essere diversi – esilio, emigrazione, obbligo, amore per l’arte – e all’interno di queste motivazioni gli obiettivi possibili possono essere vari: per esempio diventare un autore o un’autrice rinomato/a, integrarsi, essere riconosciuto/a dal popolo ospitante, accettato/a e apprezzato/a.
Diceva il romanziere francese Marcel Proust che uno scrittore professionista non sarebbe stato ‘grande’ finché non avesse scritto in una lingua a lui straniera. Devo dire che solo i più coraggiosi osano fare il salto. Scrivere in una lingua diversa dalla propria è un grande potere che porta con sé una grande responsabilità, con sé stessi/e e con il resto del mondo.
Io credo, come ho spiegato nel corso dell’incontro, che decidere di scrivere in un’altra lingua in qualche modo implichi abbandonare la vecchia identità per assumerne un’altra, e facendo ciò si esce dalla propria zona di comfort. Per scrivere in una lingua diversa dalla propria lingua madre non bisogna solo dominare la grammatica e il vocabolario, sebbene senza di questi non ci sia punto di partenza. La cosa fondamentale è conoscerne le espressioni, i giochi di parole, essere in grado di pensare nella lingua in questione, avere un alto grado di vicinanza intellettuale ed emotiva con questa.
Ed è per questo che si esce dalla zona di comfort letteraria: ci si lascia alle spalle il punto di vista che crea un linguaggio, i limiti che pone ed è necessario saper guardare oltre. Un punto chiave è poi cercare di identificarsi con lettrici e lettori, assorbire la loro cultura e il loro modo di intendere la vita.
Io, come la maggior parte di scrittrici e scrittori, cerco di smuovere qualcosa in chi mi legge, spero di provocare sensazioni, suscitare passioni. Questa è già una bella sfida nella propria lingua madre, quindi sono totalmente cosciente di come la difficoltà aumenti con la scelta e l’utilizzo di una lingua altra, con cui, di fatto, ci si allontana da sè.
In chi scrive la frustrazione di non compiere questi passaggi nell’immediato può diventare scoraggiante. Frustrante è infatti non sapere quali siano le parole più appropriate per arrivare a lettrici e lettori, non riuscire a trovare il modo di esprimersi. Questi motivi, e il fattore tempo – perchè lo stesso lavoro nella propria lingua madre comporta non solo meno dedizione, ma richiede anche meno impegno e attenzione – incidono sull’abbandono di tanti progetti. Anche io mi sono dovuta confrontare con tanti fallimenti ma non ho mai desistito, ho cercato con pazienza di migliorarmi.
Credo che proprio la pazienza sia una grande virtù. È una delle chiavi principali del successo di un’opera scritta, anche e soprattutto in un’altra lingua. Poche cose vanno bene la prima volta. È necessario sfruttare il detto popolare spagnolo ‘piano, ma senza sosta’. L’apprendimento continuo della lingua è fondamentale. Durante tutto il corso del lavoro, è importante andare avanti giorno dopo giorno con costanza e dedizione. A seconda della lingua che si parla, inoltre, si può cambiare il proprio modo di vedere la realtà che ci circonda: scrivendo si può cambiare il mondo.
Questo aspetto è emerso anche attraverso le letture tratte dai volumi Lingua Madre. Racconti di donne straniere in Italia (Edizioni SEB27), curate da Nicole Meloni che ha dedicato ampio spazio alla presentazione del progetto. È stata questa l’occasione per approfondire ulteriormente temi quali la relazione fra due culture diverse, i pericoli che incombono sulle donne straniere non solo durante il viaggio ma anche nel paese di approdo, e i punti di contatto tra popoli migranti e popoli ospitanti. Molto forte è stata anche le riflessioni sulla sensazione, così nota a chi emigra, della perdita della propria identità e sull’importanza della memoria.
Il dialogo si è poi incentrato su cosa sia la creatività e come nasca un’opera letteraria, come si fa a scriverla in una lingua acquisita, su cosa sia il fantastico e il magico nella letteratura. Da questo argomento è emerso che sia io sia Arthur Spanjolli abbiamo letto tanti/e scrittori e scrittrici latinoamericani/e che fanno parte del ‘realismo magico’ dai quali abbiamo tratto ispirazione per esprimere la realtà in un modo fantastico, lui tramite i romanzi, io tramite i racconti brevi e le poesie. È incredibile come fra autori di mondi diversi ci siano tante analogie.
Ho poi sottolineato come acquisire una lingua vada oltre il fatto di impararla in modo scolastico.
Ho spiegato come saper scrivere ‘bene’ in una lingua diversa da quella di origine ha significato per me assumere due codici separati senza confonderli, arrivare ad usare le due lingue, quella spagnola e quella italiana, in modo indifferente in qualunque situazione, con la stessa rapidità nell’attivazione della memoria, con la stessa qualità di espressione e con lo stesso potere creativo, senza mescolanza, senza parassitismo. Per fare questo, mi ci sono voluti parecchi anni, tanto studio e, di nuovo, pazienza. Lo studio, poi, continua tutt’ora per aumentare il lessico e le capacità simboliche. Generalmente, quando scrivo permetto una sorta di parassitismo conscio solo quando mi riferisco al mio passato: così la scrittura diventa identità e il mio racconto acquisisce forza simbolica, ampliando quel che voglio dire con parole difficilmente esprimibili in italiano, se sto cercando di creare la stessa emozione.
Riguardo a questo punto anche Arthur Spanjolli è stato d’accordo: il testo diventa più ricco e acquista forza espressiva seguendo questo iter creativo. Quindi una lingua può venire in aiuto a un’altra e questa è una ricchezza. Il ricorso a una piccola commistione voluta di due lingue diverse in un testo costituisce un’ulteriore fonte di creatività e può dare quel tocco particolare di stile anche se, nel mio caso, le definirei più come ‘piccole interferenze’.
Per esempio secondo il diario di Hannah Arendt, filosofa e storica che si è vista obbligata a emigrare dalla Germania agli Stati Uniti, si può cogliere come il dialogo fra le lingue riveli a livello generale un vero e proprio dialogo fra le culture.
Durante l’incontro sono emerse molte cose anche sulle specificità linguistiche e il fatto che scrivere lo stesso testo nella lingua madre e poi nella lingua del paese ospitante, non è una semplice traduzione ma è come dare ogni volta un ‘nuovo vestito’ alla propria scrittura, come riscrivere da capo un nuovo libro: il testo si adegua alla nuova lingua senza perdere i significati e i simbolismi del testo originale.
Mi è capitato spesso di tradurre me stessa. Ho infatti approfondito come in questo frangente mi conceda una certa libertà, senza auto-limitarmi a una traduzione letterale e senza censurarmi. Il primo passo è fare una traduzione letterale del mio testo, dopodiché introduco modifiche per arrivare alla fine a una ri-scrittura quasi completa. Così i testi nelle due lingue divengono complementari, mai identici.
Dopo tanti anni qui in Italia, la mia lingua madre è diventata sia una lingua materna sia una lingua straniera, a volte basta una piccola distrazione per scrivere un vocabolo italiano in mezzo a un intero testo in spagnolo. Questo perché, ormai senza fatica, sono in grado di pensare nelle due lingue.
In questo esercizio di stile, creare in due lingue diverse, spesso e volutamente faccio modifiche ai miei testi, li deformo, li trasformo in modo tale da essere straniera mentre scrivo in spagnolo e straniera mentre scrivo in italiano, le due lingue diventano così straniere a loro stesse.
Non si può e non si devono però dimenticare le proprie origini ed è quello che ho fatto nel percorso introspettivo e di ricordi che è alla base del mio libro L’infanzia dell’erba, in cui, con la guida spirituale di Tonino Guerra, ho messo a fuoco l’importanza della propria infanzia, nel mio caso a Cuba, e della forza della propria natura fanciullesca. In ogni caso è stata poi fondamentale la mia crescita in Italia, a contatto con la sua meravigliosa cultura da cui ho attinto con sempre maggior desiderio di sapere e di renderla mia.
Ho raccontato poi come questo volume mi abbia regalato tante soddisfazioni. Prima ancora della pubblicazione è infatti risultato quarto classificato nella sezione libri inediti del Premio Internazionale Montefiore Conca, IX edizione. È stato finalista nel Premio Letterario Internazionale Gaetano Cingari, XIV edizione. È stato segnalato dal Premio Letterario Nazionale di Letteratura Italiana Contemporanea, VIII edizione. È stato Primo Classificato nella sezione poesia e terzo nella sezione narrativa, giacché è un libro misto, al Premio Letterario Melville Città di Siena, vincendo appunto la pubblicazione gratuita.
Per questo libro voglio ringraziare Gian Ruggero Manzoni per la sua stupenda lettera di presentazione e ringrazio il pittore Alessandro Fioraso per l’immagine di copertina che ben coglie l’intento narrativo di guardare il mondo con innocenza e meraviglia.
Ringrazio poi Lora Guerra, moglie di Tonino Guerra, per i suoi racconti di vita e per avermi condotta attraverso il suo mondo magico, abitato dalla presenza di questo grande artista poliedrico che, insieme ad altre/i poete/i da tutto il mondo, mi ha insegnato una grande lezione, con cui ho voluto concludere il mio intervento: siamo tutti e tutte stranieri/e e peregrini/e e riconoscerlo rappresenta un antidoto prezioso contro ogni forma di discriminazione e rivendicazione identitaria“.
Ecco le foto dell’incontro.