Gül Ince ospite da SEB27
Scritto da Segreteria il 28 Ottobre 2015
Le prossime elezioni, i recenti attentati, la condanna ai manifestanti di Gezi Park, la difficile situazione ai confini dello stato e con i curdi, la condizione delle donne: di tutto questo e di molto altro si è discusso nel corso del partecipato dibattito di Edizioni Seb27 che ha visto protagonista Gül Ince, autrice del Concorso Lingua Madre, insieme a Daniela Finocchi e Antonella Romeo.
L’autrice ha iniziato con lo spiegare al pubblico come ci si senta in dovere di seguire la politica del proprio paese quando si vive lontani, tanto più nel caso della Turchia. Ha quindi delineato il quadro della situazione a partire dall’incertezza politica, accompagnata dagli attentati, che si è andata a sommare alla tensione già in costante ascesa fin da quando la Turchia ha cominciato ad attaccare i miliziani curdi lungo il confine con la Siria e a bombardare alcuni obbiettivi legati al PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (il PKK è un partito politico e un gruppo armato curdo che per decenni ha combattuto per creare uno stato autonomo per i curdi e che è stato dichiarato fuorilegge in Turchia, nonostante il cessate il fuoco firmato nel 2013).
Inoltre, come sostiene Elis Safak, scrittrice e opinionista turca, la politica in Turchia è particolarmente aggressiva e maschilista. Non a caso Gül Ince ha vinto nel 2013 il Concorso Lingua Madre proprio con un racconto su un matrimonio combinato.
La democrazia non è solo la possibilità di votare, è stato detto, ma anche separazione dei poteri, diritti delle minoranze, diritti delle donne, libertà dei mezzi d’informazione e d’espressione. Inoltre, a influire sullo scarso sviluppo di un pensiero critico diffuso, anche un retaggio culturale che porta a considerare “nemico”, “traditore” chi dissente. Si dà per scontato che tutti siano una grande famiglia, ha sottolineato l’autrice, portando a un atteggiamento arcaico nei confronti di chi non appartiene o non protegge questa comunità.
La cosa più difficile in Turchia è essere un/una individuo/a.
Le donne, in particolare, sono sempre considerate e nominate in riferimento agli uomini: moglie di, madre di, figlia di, sorella di e così via. E nella cultura turca è diffuso l’uso di metafore familiari, in base all’età e al sesso si viene interpellati – anche nei negozi, negli uffici, nei luoghi pubblici – come sorella o fratello, zio o zia, come se tutti fossero parenti.
“Il senso di appartenenza dei turchi, la generosità e l’affetto diventeranno una vera ricchezza – ha detto Ince – solo quando le persone impareranno che ci si può sentire profondamente legati emotivamente e culturalmente al paese ma, allo stesso tempo, essere cittadini del mondo e non appartenere a nessuno schieramento se non a quello della democrazia”.
Il dibattito e il vivace confronto col pubblico, che non ha mancato di intervenire, ha poi approfondito la condizione delle donne nel paese, la loro sudditanza a un sistema ancora profondamente patriarcale non scevro di contraddizioni (per esempio, nei confronti del divorzio e dell’aborto esiste una regolamentazione assai permissiva e tollerante ). Una condizione affrontata nel recentissimo film Mustang della regista turca Deniz Gamze Ergüven, candidato all’Oscar dalla Francia, che narra la storia di cinque sorelle e la sudditanza femminile, in un paese ancora vittima delle convenzioni.
Un incontro ricco, stimolante e arricchente che ha visto in sala anche la presenza di cittadini/e turchi/e e giovani italo-turchi.