Le autrici di Lingua Madre

Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale Un appello per un mondo più giusto

Scritto da Segreteria il 21 Marzo 2025

In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale 2025 il Concorso Lingua Madre propone la lettura del racconto dell’autrice CLM Mame Diara Diop che, attraverso la scrittura, trova uno spazio di espressione e di riscatto dalle umiliazioni subite, con l’auspicio alla costruzione di un mondo più giusto.

RICORDI INDELEBILI
di Mame Diara Diop [Senegal]

Tutti gli occhi puntati addosso a trafiggermi, il sangue che pulsa nelle vene, la tensione alle stelle e il timore che si fa sentire forte. Queste, per lo più, le sensazioni che provavo in situazioni di disagio quando avrei voluto passare inosservata, invisibile e, così, fuggire lontano dalle persone che non mi considerano cittadina di questo paese.
La paura di non essere accettata per le mie origini, per il colore della mia pelle e per i miei tratti non occidentali è presente in me da quando sono bambina, innescata dai trattamenti discriminatori che ho subito e che hanno avuto un impatto significativo sulla mia vita, anche se adesso sto cercando di superare questa paura.
Immaginatemi a otto anni intenta a giocare con i miei coetanei. Una bambina spensierata che pensava solo al bel momento che stava vivendo. Però, questo bel momento di spensieratezza fu ben presto interrotto dall’urlo di disprezzo di un bambino: «Neg*a!». In quell’istante, tutte le mie sicurezze si polverizzarono in granelli di sabbia e tutta la fiducia che avevo nei confronti dei miei amici si sgretolò in mille pezzi.
Al di là della mia famiglia, che rappresentava il mio unico porto sicuro, non ho più avuto certezze e mi sono trasformata in una persona chiusa e riservata, con poche tracce dell’essere solare ed estroversa di un tempo.
Molti di voi potranno pensare che la mia reazione sia stata esagerata rispetto all’accaduto, ma solo chi la subisce può veramente comprendere il peso e la gravità di quell’umiliazione, soprattutto se subita quando si è ancora solo una bambina.
Il tempo, però, mi ha regalato più “saggezza”. Sono cresciuta e maturata. La paura di non essere accettata dai miei coetanei per le mie origini si è pian piano affievolita e ho imparato a conoscere la bellezza della cultura del mio paese, il Senegal.
Certo, il periodo dell’adolescenza è stato ed è faticoso… Il timore di essere disprezzata dagli adulti, in particolar modo dai professori, mi accompagna ancora, perché ricordo come fosse ieri quando, in una delle tante lezioni di qualche anno fa, avvenne quasi una replica dell’evento dei miei otto anni.
Ero al mio banco con la mano alzata e cercavo di attirare l’attenzione dell’insegnante per avere la parola. Solo dopo vari minuti lei mi rispose: «Hai per caso alzato la mano? Se non la alzi bene mica la noto. Per di più sei vestita con la maglia nera e hai la pelle scura. Cosa vuoi che veda!».
A vederla scritta, la frase dell’insegnante potrebbe sembrare un’asserzione senza malizia, ma il modo in cui l’aveva pronunciata aveva lasciato trasparire ben altro e d’altronde le sue intenzioni erano chiare fin dall’inizio dell’anno scolastico.
Quel giorno ero tornata a casa distrutta, cercando di trattenere le lacrime per non far preoccupare mia madre. Lei però mi conosce bene, sa quanto la sua bambina sia loquace in famiglia e non sentendomi dire una parola si era insospettita. Soprattutto non vedermi terminare tutto quello che avevo nel piatto, come facevo di solito a pranzo, l’aveva allarmata molto.
Era bastato un suo abbraccio e l’avevo travolta con un fiume di lacrime.
Per riuscire a combattere episodi di questo tipo, avrei forse dovuto disinteressarmi a tutto e a tutti? Sviluppare un’indifferenza che mi avrebbe fatto da scudo? Non ne ero e non ne sono convinta.
Negli ultimi anni, per fortuna, la scrittura ha rappresentato una certezza nelle mie giornate, un “posto tutto mio” in cui riesco a esprimere ciò che provo e a tirare fuori le mie emozioni senza giri di parole. Molte volte, infatti, mentre scrivo, riesco a parlare di situazioni delicate, come quelle sopracitate, concedendomi un momento di sfogo per alleggerire la confusione spesso presente dentro di me.
Sto diventando più consapevole riguardo a episodi destabilizzanti e discriminatori e sto cercando di trasformare la mia frustrazione in volontà per combattere situazioni del genere.
A conti fatti, il mondo in cui viviamo migliorerà soltanto se ci prenderemo cura del nostro giardino, cosicché esso possa dare il meglio di sé e ricoprirsi di tanti fiori colorati: noi esseri umani.
Sono Diara, ho diciassette anni e, attualmente, posso dire di essere felice del percorso che sto facendo. Spero e credo in un mondo unificato e migliore, in un mondo senza discriminazioni e pieno d’amore. Basta l’impegno costante di ciascuno di noi, giorno per giorno, a piccoli grandi passi.

Il racconto è pubblicato in Lingua Madre Duemilaventiquattro. Racconti di donne non più straniere in Italia (Edizioni SEB27).

La fotografia Diversamente uguali è di Roberta Strabone ed è stata selezionata al XIV CLM per la sezione fotografica del Premio Speciale Fondazione Sandretto Re Rebaudengo.