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Al di là dei condizionamenti Giovani autrici e prospettive storiche al Festival delle Migrazioni 2024

Scritto da Segreteria il 20 Settembre 2024

di Elena Pineschi

«Una riflessione tra storie di donne migranti o con appartenenze multiple, tra il tempo di ieri e quello di oggi, tra linguaggi diversi come quello cinematografico e quello letterario». Così Gabriella Bordin, co-direttrice artistica del Festival delle Migrazioni, ha ben tratteggiato l’incontro a cura del Concorso Lingua Madre e dell’associazione Almaterra che si è svolto ieri 19 settembre, nell’ambito della VI edizione della manifestazione, al Polo del ’900 di Torino.

Un incontro annuale per il Concorso che, oltre alle consuete testimonianze delle vincitrici, in questa occasione si è arricchito appunto di una visione a più largo raggio sul tessuto socio-culturale della Torino degli ultimi trent’anni del ventesimo secolo, in particolare grazie agli estratti dei documentari Okoi semi di zucca e Righibè a Torino della regista Adonella Marena.

A dare voce al presente, invece, le autrici Maral Shams e Marinella Dela Rosa – rispettivamente Primo Premio e Premio Speciale Torino Film Festival al XIX CLM – che sono partite dai loro racconti in pubblicazione nell’antologia Lingua Madre Duemilaventiquattro (Edizioni SEB27).
Per la prima, la scoperta dell’Italia è stata dopo l’arrivo su un treno che è poi rimasto per sempre nella sua memoria incarnata. Sente di «transitare ancora» e oggi desidera volontariamente stare in questo movimento: «Mi piace molto l’idea di essere provvisoria e anche quella di avere appartenenze multiple, ovvero di moltiplicarsi. Sono nata in Iran e poi mi sono sentita sradicata dal mio contesto, strappata» ha raccontato infatti Maral Shams, che interpreta ora questi vissuti come qualcosa da cui ripartire ogni giorno.

Marinella Dela Rosa, invece, in Italia c’è nata ma si è sentita ugualmente sradicata dovendo confrontarsi in ogni momento con il suo aspetto estetico e con l’educazione ricevuta dai genitori. «Il rapporto con la mia cultura è sempre partito da lì: loro sono la cosa che mi lega di più alla mia terra madre. Tutto ciò che mi veniva insegnato da loro erano delle incasellazioni dentro scatole», scatole che dipendono da una mentalità orientale che tuttavia non si rispecchia nella società occidentale. «Da quando sei bambina, ti dicono che sei filippina. Devi decidere se vuoi ribellarti o accettare le definizioni. E io mi sono sempre ribellata» ha concluso Marinella Dela Rosa.

Anche negli anni Settanta e Novanta, alle donne, alle persone migranti, era sempre chiesto di rientrare in determinate posizioni: la relazione e la consapevolezza del proprio corpo sono state modalità altre per rappresentarsi. Ecco che Daniela Finocchi, ideatrice e responsabile del Concorso, ha presentato il saggio Con forza e intelligenza (Il Poligrafo) dedicato alla figura della femminista e giornalista Aida Ribero: tuttora un pensiero di riferimento per “chi vuole fondare il proprio sapere nel terreno di una memoria che ci ha dato una nuova identità”.

Maria Abbebù Viarengo – presidente di Almateatro e a sua volta vincitrice CLM di una passata edizione – ha invece testimoniato l’impegno civile e politico sia del loro gruppo – 20 donne di 13 nazionalità diverse – sia della regista Adonella Marena che realizzava video sulla loro esperienza di lavoro e di amicizia. «Negli anni Ottanta arrivavano in Italia sempre più persone e nessuno sapeva cosa fare, la società non sapeva come gestire questa nuova migrazione» ha ricordato. «Per questo con il nostro gruppo di donne migranti e native, femministe, ci siamo messe insieme per aprire un centro. Per agire. Per fare noi delle cose. Non abbiamo mai fatto per; ma fatto con, insieme, con le donne che arrivavano, per arricchirci a vicenda» Adonella Marena, in particolare, ha saputo cogliere – nell’osservazione, nel rispetto – quello che loro avevano dentro e i suoi documentari rimangono una prova tangibile di quegli scambi.

Perché quando ognuna e ognuno racconta di sé, al di fuori dei condizionamenti, nell’intreccio delle culture, quello è il vero privilegio.

Questa prima galleria è a cura della fotografa Cristina Argirò