Parole trasformative BookCity Milano 2025
Scritto da Segreteria il 12 Novembre 2025
di EP
Le parole possono avere un potere trasformativo, anche se dolorose. Cosa accade, per esempio, quando sostituiscono il silenzio in famiglia? O quando quelle delle donne sostituiscono quelle maschili, che hanno sempre dettato guerra e violenza?
Proprio a queste domande ha risposto la presentazione dei volumi Lingua Madre Duemilaventicinque. Racconti di donne non più straniere in Italia (Edizioni SEB27) e Pagine di pace. Pensieri, scritti, pratiche di donne (iacobellieditore) nell’ambito di BookCity Milano 2025. Come ogni anno il CLM ha curato un incontro insieme al Dipartimento di Lingue, letterature, culture e mediazioni dell’Università degli Studi di Milano, di cui è partner, grazie alla collaborazione con il docente Giuseppe Sergio e la docente Michela Dota.
Per Leyla Khalil, vincitrice della XX edizione CLM e protagonista dell’incontro, «la scrittura fa le veci della parola». Tante volte, infatti, adotta un comportamento evitante, nelle sue nuove relazioni come in quelle familiari, ma poi la scrittura diventa un bisogno. Ciò si nota anche nel suo racconto Piangere per l’abbattimento di un albero, in cui le bombe in Libano e la distanza dai parenti aleggiano sulla sua quotidianità a Padova, ma faticano a superare il muro del silenzio. A complicare i rapporti con la famiglia c’era fin dal principio anche il multilinguismo: «C’è chi parla arabo, francese, inglese, avendo parenti qui e là nel mondo, con bambini nati in paesi diversi. Tante volte si finiva per interpretare frasi che non si capivano in senso letterale, oppure per interpretare proprio i silenzi».
È però un albero che viene tagliato – proprio un cedro del Libano – a diventare metafora esplicita e a dare significato, a farsi narrazione.
Per Leyla Khalil è anche quello che fa il Concorso in generale: «Raccogliere tante istantanee di vita, viste dagli occhi delle donne. È così che si costruisce una narrazione nuova».
Ed ecco che Daniela Finocchi, ideatrice e responsabile CLM, ha ricordato proprio le attività svolte in questi 20 anni del progetto che da sempre mette al centro le voci delle donne – migranti, italiane e dunque non più straniere. Perché molto è cambiato nella società dal 2025 ad oggi, ma ancora rimane l’impossibilità di sentirsi riconosciute.
Al contrario, il riconoscimento è qualcosa da cui tutte le donne partono nell’entrare in relazione – nel riconoscersi appunto come parte della stessa specie, come diceva Carla Lonzi – al di là di qualsiasi provenienza, di qualsiasi cultura, di qualsiasi religione.
E questo silenziamento avviene ancora anche per tutte le donne all’interno della cultura patriarcale. «Oggi bisognerebbe andare al di là della pura parità e uguaglianza. Qui parliamo proprio di sovvertire le regole secondo cui va avanti il mondo» ha affermato nel ricordare come tuttora compaiano soprattutto uomini nei programmi scolastici e non solo.
Ciò che si propone la più recente raccolta del Gruppo di Studio CLM Pagine di pace è invece ripartire proprio dalle voci e dagli sguardi delle artiste, delle poete, delle visionarie per interrogarsi sui conflitti e sulle possibilità trasformative per superarli.
Luisa Ricaldone, già docente dell’Università degli Studi di Torino e presidente della Società Italiana delle Letterate, ha presentato il volume come «un libro spurio composto da saggi, racconti, un contributo in versi: 13 interventi in cui va compresa la copertina realizzata dalla pittrice Elisabetta Catamo che è di per sé molto significativa».
La curatrice del volume, insieme a Daniela Finocchi, si è concentrata sulla domanda «esiste una letteratura antibellicista? Per parlare di pace, prima si parla sempre di guerra. La pace sembra essere un risvolto positivo di un dato di fatto, che è la guerra. Non si analizza mai, invece, come momento di progressiva costruzione. È solo un momento di tregua all’interno di una guerra, quando è molto più facile e attraente scrivere di cose orribili che hanno molto più presa. Tuttavia, la guerra è stata da sempre l’attività specifica del maschio». Per questo Luisa Ricaldone ha ricordato alcune autrici che non hanno aderito ai modelli patriarcali, o che anzi ne hanno proposti di nuovi. E lo stesso hanno fatto le studiose di diverse nazionalità che compongono il Gruppo di Studio CLM e che hanno lavorato al volume.
Perché la scelta delle parole non è mai neutra, e anzi può diventare scelta politica, posizionamento contro un sistema dominante. Una scelta che può compiersi nel declinare al femminile le parole, nel non utilizzare un lessico violento anche in senso metaforico, nel non perpetrare i discorsi d’odio sui social network o nelle proprie relazioni, nell’utilizzare migrantismi, ovvero parole di lingua diversa rispetto all’italiano che però con esso si mischiano per reinventarlo. Su questo si è aperto il dibattito anche con il pubblico e con le e gli studenti della Statale che avevano preparato alcune domande per le relatrici.
