25 novembre: "Chiamarlo amore non si può" Il libro per la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne
Scritto da Segreteria il 25 Novembre 2013
Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Il Concorso Lingua Madre lo ricorda attraverso le parole delle autrici e si unisce alle tante manifestazioni e iniziative organizzate nella giornata di oggi per sensibilizzare sul tema. Come la presentazione del libro Chiamarlo amore non si può – realizzato da 23 scrittrici, tra le quali l’autrice del Concorso Rosa Tiziana Bruno, con la postfazione di Daniela Finocchi – che si terranno in contemporanea in tutta Italia.
“Ricordo che due settimane prima del Natale 2006 – mio padre entrò in casa molto arrabbiato, litigò con la mamma, fino a picchiarla. Io non sopportavo più questa situazione e pregai la mamma di ripartire subito per la Romania, per non tornare mai più.
Ce ne andammo in fretta e furia, ma, una volta arrivate in Romania, il tentativo di iscrivermi a una scuola del mio paese fallì, perché tutti i miei documenti erano in Italia. (…) Ho dato retta alla nonna e ho chiamato mio padre. Piangendo, gli ho illustrato i miei problemi, la situazione ingarbugliata in cui mi trovavo, senza alcuna colpa. “Va bene” mi ha risposto “Torna in Italia. Ti prometto che tutto cambierà, che anch’io sarò diverso. Non voglio rovinarti. Chiedi scusa alla mamma, da parte mia”. (…) Mio padre sembrava davvero un altro uomo: all’inizio è stato tutto bello, perché si comportava bene, parlava con noi, era tranquillo. Poi, come sempre, questa situazione non è durata a lungo. Dopo poco tempo sono cominciate le solite scene. La mamma mi diceva sempre, quando ero triste e piangevo, di non mollare e di andare avanti. Anch’io ho imparato a incoraggiarla con le stesse parole. Ancora oggi cerchiamo di andare avanti, giorno per giorno, rassegnate al fatto che mio padre non cambierà mai”.
Ana Maria Stratulat – La mia storia, in Lingua Madre Duemilaotto-Racconti di donne straniere in Italia Seb27
A quattordici anni Mira si fece attraente, anche se in modo ruspante per mancanza di bei vestiti e cure del corpo. Al contempo, l’interesse letterario del Signorino Amit transitò da Alfred Hitchcock e Agatha Christie a Playboy e Penthouse. Mira, che doveva sempre sistemare la sua stanza, in un pomeriggio di pioggia, mentre tutti stavano schiacciando un pisolino, entrò, come le era stato ordinato, a fare le pulizie. Quando ne uscì non era più la stessa. Un fiume di fango e insulti la travolsero. In concomitanza alla perdita dell’onore, Mira sembrò anche perdere l’uso della lingua. Non diede mai una spiegazione per quello che era accaduto, non colpevolizzò il suo stupratore né avanzò l’ipotesi di sporgere denuncia. Non la sfiorò minimamente l’idea di chiedere un indennizzo. Sua madre la picchiò violentemente, ma la ragazza non pianse mai. Suo padre le diede tante cinghiate nella speranza di provocare un aborto e lei lo guardò fisso negli occhi senza fiatare. Alla fine, la Signora Sanghvi le porse mille rupie e l’indirizzo di una clinica privata.
Laila Wadia, Il mondo di Mira, in Lingua Madre Duemilasette-Racconti di donne straniere in Italia, Seb27
“Dopo avermi usata a suo piacimento come un oggetto, mi vendette. Da quel giorno maledetto fui venduta più volte come carne da macello, finché non arrivai in Italia, il paese che mi restituì la mia dignità di donna. Se un incontro sbagliato mi aveva resa schiava della prostituzione, un altro mi liberò da quel mercato umano. Era una notte gelida quando Sara mi intravide in mezzo ad una strada in attesa di sfamare lo smisurato bisogno di sesso di un altro uomo senza cuore. Ad un certo punto mi si avvicinò e mi offrì un passaggio ed io, non so se stanca di quella continua umiliazione che ero costretta a vivere o per altro, vidi in lei una speranza di salvezza e scoppiai in un pianto irrefrenabile. Fu un momento che mai dimenticherò quello in cui Sara mi abbracciò e pianse con me, dimostrando così di condividere i miei sentimenti. In quell’istante lei fu per me come un angelo inviatomi da Dio, che aveva udito le mie preghiere. Da allora i miei occhi videro un nuovo orizzonte, del tutto diverso da quello che mi aveva atteso ogni giorno sul marciapiede di una strada”.
Sidra Tehseen Amjed, Il prezzo di un sogno… Un pugno di vita in Lingua Madre Duemilatredici-Racconti di donne straniere in Italia, Seb27
Nell’ascensore dell’ospedale, accanto al corpo comatoso di sua moglie, mio padre scherzava istericamente con gli infermieri.
Gli infermieri guardavano fisso davanti a loro – rigidi – testimoni riluttanti di un comportamento vergognoso, quello di mio padre. Dopo questo episodio per me insopportabile, l’ho subito perdonato. Sapevo che era caduto in un inferno psicologico che io non potevo nemmeno immaginare. Io adoravo mia mamma; senza di lei, il mondo sarebbe stato terrificante. Lui l’amava, l’aveva trascurata, l’aveva picchiata”.
Celia R. Caputi Daileader, L’ago della bussola in Lingua Madre Duemilatredici-Racconti di donne straniere in Italia, Seb27