“Pagine di pace” al Centro Un dialogo dissenziente
Scritto da Segreteria il 11 Novembre 2025
Lunedì 10 novembre 2025 alle 20.30, presso Il Centro di via Filangieri 6/b a Torino, è stato presentato il volume Pagine di pace. Pensieri, scritti, pratiche di donne (iacobellieditore) attraverso un dialogo a cura dell’associazione di promozione sociale Ipsy Hamsa. Insieme alle due curatrici Daniela Finocchi e Luisa Ricaldone, anche Cristina Bracchi di Scuola per la pace – Torino e Piemonte, rete informale di insegnanti che promuove la solidarietà e il dialogo per la pace.
A introdurre la serata Anna Negro, fondatrice di Ipsy Hamsa, associazione di promozione sociale affiliata AICS, attiva dal 1997 a Torino e in Piemonte grazie all’impegno iniziale della stessa Negro, di Marta Belforte e di un gruppo di insegnanti di yoga di diversa provenienza ed età che si sono unite per promuovere la pratica come metodo di ricerca personale ed efficace sostegno alla salute e all’equilibrio psicofisico delle persone nelle diverse fasi di vita. Presieduta attualmente da Marina Levi, svolge la sua opera nella sede del Centro, collaborando con associazioni, scuole e altri operatori del settore, e ospitando seminari e operatrici/tori esperte/i di discipline mirate alla completezza dell’individuo e all’armonia nelle relazioni umane, ma anche molte attività sociali e culturali rivolte alle/ai socie/i.
«Nel quadro della stagione 2025-2026 abbiamo scelto di dedicare alla pace le nostre iniziative – ha esordito Anna Negro – un filo rosso che attraversa la didattica dello yoga e la vita associativa di Ipsy Hamsa. Questo libro, la cui lettura mi ha appassionata e arricchita, rappresenta un importante invito a riflettere e interrogarsi, ma anche la dimostrazione che esiste una possibilità di cambiamento».
Luisa Ricaldone – già docente dell’Università di Torino e presidente della Società italiana delle Letterate, nonché parte della giuria e del Gruppo di Studio CLM – ha illustrato l’importanza di interrogare le opere delle scrittrici, delle artiste, delle ribelli, delle visionarie che vengono analizzate nel volume, sfruttando anche stili diversi di scrittura che vanno dal saggio al racconto, ai versi poetici in una mescidanza di generi e linguaggi che arricchisce e offre anch’essa prospettive differenti. «Ma esiste una letteratura antibellicista? – si è chiesta e ha chiesto al pubblico – una letteratura che intenda la pace non solo come condizione opposta alla guerra, non solo come fine cui tendere nel corso dei conflitti armati, ma che racconti come si fonda e come si mantiene la pace? Esistono alcuni esempi potenti, come i versi di Mariangela Gualtieri del testo Come si fa, che sono meravigliosamente incisivi e che potremmo assumere come guida al discorso. Infatti, essi conducono dall’origine della guerra alla sua risoluzione e superamento, per respingerla per sempre. La guerra è un tornare indietro di tutta la specie umana; al comando ci sono maschi che in luogo dei randelli brandiscono missili in una esibizione del tutto muscolare: mutano gli strumenti ma non i principi, non le inclinazioni maturate in teste che sono “rimaste indietro”. Un’azione primitiva, insomma, dalla quale si esce – secondo la poeta – con la solidarietà, l’abbraccio, con l’andare incontro all’altro e all’altra, con l’accordarsi con il nemico. Strade “impensabili”, eppure strade che devono essere percorse; solo così noi, che siamo gli ultimi arrivati sulla terra, potremmo contare sull’alleanza con la terra, la natura, gli animali. Tema fondante di un discorso antibellicista, sviluppato, fra le altre, da Aleksievič, che nelle pagine estende la sofferenza e i danni prodotti dalla guerra al mondo animale e delle piante, all’ambiente, insomma, e da Suad Amiry, che in Golda ha dormito qui, si chiede: “Se solo potessero raccontare la loro storia prima di morire in silenzio!”. Così come fanno nei testi contenuti nella raccolta che presentiamo oggi anche Cristina Giudice, Claudiléia Lemes Dias o Elena Pineschi. Se l’alleanza avvenisse, ci si troverebbe di fronte alla “più grande rivoluzione di specie”. Occorrono gesti imprevisti, “impensabili”, dice Gualtieri».
Daniela Finocchi, ideatrice CLM, ha quindi ricordato le parole di Audre Lorde che sottolineava l’importanza di identificare e sviluppare nuove definizioni di potere e nuovi modelli di relazionarsi attraverso la differenza, perché “gli strumenti del padrone non potranno mai smantellare la casa del padrone”. «Viviamo tempi violenti e volgari – ha detto – la violenza, lontana e vicina, inevitabilmente ci pervade. Amplificata all’infinito dai social, che da strumento potenzialmente di liberazione è invece sempre più un megafono di odio, discriminazione e dominio, la violenza riceve nuovo impulso e segue strade sempre più pericolose. Le generazioni più giovani rischiano di formarsi più che alla scuola in presenza in questa pericolosa piazza virtuale, priva di empatia e basata sui numeri: più seguaci influenzo, più potere acquisto, più denaro guadagno, anche sotto forma di consenso. Di fatto si tratta della vittoria piena del neoliberismo, del mercato che offre sempre una soluzione immediata e semplice a problemi complessi (che siano le guerre o la disforia di genere) un sistema che però trionfa anche su profili di donne e uomini che si dicono antagonisti al sistema (lo vediamo dalle manifestazioni pro Gaza al recente fatto delle sedicenti femministe stalker di note personagge sui social e così via…). Le donne che si riconoscono nel femminismo, invece, si sentono inadeguate a tutto questo. I racconti delle autrici che si rivolgono da vent’anni al Concorso Lingua Madre evidenziano tutta l’ambiguità delle logiche con cui si costruisce la figura di un nemico, rifiutando i rapporti di potere e la gerarchia dei valori che si sono imposti al mondo con il “trionfo del principio paterno”. Troppo spesso la necessità contingente diventa pretesto per azioni tecniche di governo, che in realtà sono frutto e rispecchiano una visione patriarcale, mentre le donne di tutto il mondo anelano piuttosto a soluzioni e leggi orientate dall’amore, dal desiderio, dall’ascolto. Non si tratta di contrapporre il bene al male, l’amore all’odio e così via, in sterili dualismi, ma di entrare in relazione con le/gli altre/i e imparare a confliggere, perché chi sa confliggere non fa guerre come scrive Luisa Muraro. Chi sono allora i veri eroi, le vere eroine? Coloro che uccidono o coloro che scappano, disertano, si nascondono, impediscono a figli e parenti di andare al fronte mentre le tattiche retoriche dei governi mettono al riparo quest’ultimi dalle loro responsabilità? Coloro che combattono o coloro che tradiscono? I cosiddetti “valori” – quali nazione, libertà, democrazia, sicurezza nazionale, difesa dei territori – utilizzati dai maschi per giustificare le loro guerre significano solo morti, disperazione e lacrime. Senza dimenticare il dolore, invece, lo sguardo delle donne anche in questi contesti è differente, indaga, ricostruisce e ricuce quei legami familiari che creano connessioni, evidenzia il coraggio e l’umanità restituendo un’eredità individuale e collettiva al tempo stesso, che rischierebbe altrimenti di perdersi. È questa l’indicibile fortuna di nascere donna, per citare nuovamente Muraro, che significa mettersi dalla parte dei viventi, anche per farsi giustizia».
La parola è passata a Cristina Bracchi docente, saggista e studiosa di letteratura italiana e latina, impegnata nella didattica d’aula, nella formazione e nella ricerca, ma anche parte della Società Italiana delle Letterate (SIL); del Centro Interdisciplinare di Ricerche e Studi delle Donne (CIRSDe) dell’Università di Torino e della Scuola per la pace – Torino e Piemonte.
Bracchi ha spiegato come la Scuola per la pace sia una rete spontanea e informale di docenti e di cittadine/i, nata per iniziativa di docenti quali lei stessa, Maria Teresa Silvestrini e Giorgio Monestarolo, che nel settembre 2022 hanno sottoscritto un appello per il cessate il fuoco e l’avvio di negoziati in Ucraina. L’appello, che raccolse circa mille firme, venne inviato alle istituzioni locali e oggi è corredato da decine di mozioni di scuole del Piemonte ed è diventato motivo di impegno permanente nella mobilitazione, nella formazione, nel ripudio della guerra.
La Scuola per la pace, in collaborazione con numerose associazioni e gruppi locali e con l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, ha promosso numerose iniziative: documenti e mozioni nelle scuole per l’educazione alla pace, corsi di formazione per insegnanti, interventi di esperti/e nelle classi, dibattiti pubblici e assemblee, manifestazioni di piazza. Al grido di “Fuori la guerra dalla storia!” si è mobilitata per la fine della guerra in Ucraina, per la fine del conflitto israelo-palestinese, e ora per contrastare l’ineluttabilità dell’allargamento dei conflitti in corso, nella convinzione e nel timore che tali conflitti siano l’inizio di un confronto diretto tra le potenze, capace di provocare una Terza guerra mondiale.
«Misuriamo ogni giorno tutta la gravità degli effetti devastanti del sistema guerra – ha sottolineato – con centinaia di migliaia di morti per i deliri di potenza di politici che non rispettano i loro popoli; diffusione di paura, intolleranza e odio, espulsioni; censura del libero pensiero a favore delle ideologie di guerra e negazione del diritto umano di obiezione di coscienza al servizio militare; mistificazione della realtà e politica dell’oblio; aumento delle spese militari e dell’invio di armi, contro la Costituzione; tagli alle spese per sanità, scuola e in generale per la spesa pubblica, per sostenere le spese belliche; impoverimento, soprattutto di coloro che vivono di redditi fissi, a causa dei bassi salari, del continuo rincaro dei generi alimentari, degli affitti, del costo dell’energia e dei servizi; distruzione ambientale prodotta dalla guerra, che si somma alla crisi climatica sempre più evidente. La Scuola per la pace intende continuare la sua opera di sensibilizzazione e di mobilitazione politica dal basso, indipendente e solidale, per costruire insieme un altro futuro possibile. In particolare, vogliamo dare voce a tutte le proposte che portino ad un cessate il fuoco e favoriscano un nuovo ordine internazionale, con relazioni multipolari, fondato sul diritto di autodeterminazione dei popoli. Vogliamo dare strumenti di comprensione; vogliamo favorire e produrre cultura della non violenza; vogliamo promuovere un cambiamento radicale, che contrasti il patriarcato reazionario e il neoliberismo iniquo, sordo alle istanze di parità economica e sociale, cause maggiori di discriminazioni, esclusioni, di comportamenti aggressivi e violenti, nella famiglia, nelle società, fra gli Stati. Insieme con l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, vogliamo contrastare la cultura della guerra, che passa attraverso le campagne di warwashing rivolte a ragazze e ragazzi, dalle primarie alle superiori, all’università. Infine, attraverso il dialogo e l’incontro, vogliamo far crescere quanto più possibile la partecipazione diretta di cittadine e cittadini a favore della pace che è il bene più prezioso per garantire un futuro a tutte e a tutti».
Il dibattito ha coinvolto il pubblico presente, molto interessato a conoscere la reazione delle e dei più giovani a queste proposte. «Le e gli studenti sono molto ricettivi – ha detto Bracchi – quello che intendiamo fare è creare coscienze critiche, costruire strumenti perché i e le giovani possano proporsi in modo dissenziente, decostruire i linguaggi e il simbolico che sostengono il patriarcato».
Ma come determinare una coscienza critica? È stato ancora chiesto. Per esempio insegnando a leggere i propri desideri – è stato risposto – come fanno le donne che si riconoscono nel femminismo della differenza, anche interpellando le tante cui si fa riferimento nel volume al centro della serata. Come scrive, infatti, Chiara Zamboni nel testo che apre il volume Pagine di pace, se Creonte dice di adoperare le tecniche di governo perché necessarie, Antigone propone invece che le leggi siano “orientate da amicizia, filia, amore. Dal desiderio, piuttosto che dalla necessità”.