Appuntamenti

Raccontare ferite e rinascita Le autrici CLM a “Conversazioni sul futuro” 2025

Scritto da Segreteria il 21 Ottobre 2025

Due incontri alla XII edizione il festival Conversazioni sul futuro, promosso dal 2013 a Lecce dall’associazione Diffondiamo idee di valore, con il coordinamento di Gabriella Morelli, in collaborazione con numerose realtà pubbliche e private – tra le quali anche il Concorso Lingua Madre, partner consolidato. «Non smettiamo di occuparci dello stato delle cose – scrive Gabriella Morelli nel presentare l’edizione di quest’anno – non per abitudine o mestiere, ma perché è necessario. È un’urgenza. Ogni presenza in questo festival ha un senso preciso: davanti a un mondo sempre più brutale e ingarbugliato, proviamo a capire, per quanto possibile, ciò che accade, nelle forme più vicine al nostro sentire. Ed è proprio da questo sentire che nasce una delle discussioni più feroci: noi e voi, loro e gli altri. La diversità esiste, eccome, ma non sempre riusciamo a trasformarla in valore. L’empatia è una parola complessa, e non può diventare il metro con cui misurare il valore delle vite umane, perché la vita — ovunque — vale allo stesso modo. O almeno dovrebbe.»

Domenica 19 ottobre ecco quindi una mattina dedicata all’anteprima dell’antologia Lingua Madre Duemilaventicinque. Racconti di donne non più straniere in Italia (Edizioni SEB27) insieme alle autrici Loranda Domi e Leyla Khalil, e a seguire nel pomeriggio la presentazione di Pagine di pace. Pensieri, scritti, pratiche di donne (iacobellieditore), opera del Gruppo di Studio CLM.

La giornata è iniziata da Gusto Liberrima all’ormai tradizionale appuntamento con Colazioni sul futuro, rassegna stampa dal vivo per anticipare gli appuntamenti quotidiani del festival, condotta da Giulia Maria Falzea e Pierpaolo Lala, dove si sono presentati brevemente i volumi e le autrici CLM.

Il discorso è proseguito nella suggestiva cornice di Palazzo Scarciglia dove la giornalista Lara Gigante ha dialogato con l’ideatrice del Concorso Lingua Madre Daniela Finocchi e le autrici Loranda Domi e Leyla Khalil per presentare in anteprima l’antologia Lingua Madre Duemilaventicinque (Edizioni SEB27). L’incontro è stato organizzato in collaborazione con Spinelli Caffè, Artwork e Fondazione Splendor Fidei e si è svolto nell’ambito del progetto Futurə sostenuto dalla terza edizione dell’avviso Futura – La Puglia per la parità, promosso dal Consiglio regionale della Puglia. Lara Gigante ha esordito sottolineando il processo generativo del progetto CLM e parlando con Daniela Finocchi delle tante iniziative e realizzazioni messe in atto nel corso di questi vent’anni, anniversario che si festeggia proprio nel 2025. Sono stati ricordati il podcast Migranti: femminile plurale; gli spettacoli teatrali tratti dai racconti delle antologie Lingua Madre, le borse di studio attivate, i convegni, i volumi d’approfondimento e la ricerca, i programmi video e la webserie su Prime Video, ma anche la sezione audioracconti che è nata ben prima che si diffondesse l’uso ormai abituale degli audiolibri.

Leyla Khalil, vincitrice del XX CLM con il racconto Piangere per l’abbattimento di un albero, ha quindi spiegato quanto sia stato importante per lei esprimere – attraverso la metafora di un cedro del Libano abbattuto – la lacerazione di “vite sradicate” che faticano a tenere uniti ricordi, presente e futuro. «Quell’albero era davvero a due passi da casa mia e io non lo avevo mai notato» ha detto. «Ho realizzato la sua esistenza solo nel momento in cui è stato fatto a pezzi e mi sono trovata all’improvviso davanti a un camioncino che ne portava via i resti. Il suo profumo aleggiava nell’aria e vi è rimasto per settimane». Ecco, quindi, le “ferite che profumano” del racconto, come quelle legate a un’immagine del Libano che forse ormai non esiste più. L’autrice ha quindi raccontato al folto pubblico presente i suoi progetti di scrittura, una pratica che non ha mai abbandonato e che l’ha portata a pubblicare già due romanzi.

La parola è poi passata a Loranda Domi terza classificata con il racconto La mia voce è casa della XX edizione. Qui il discorso si è spostato sull’importanza della lingua – italiano e albanese – che l’autrice ha sempre vissuto come il passaggio tra due sponde con in mezzo un mare infinito. «Ho vissuto per anni un profondo senso di sottrazione e aggiunta, anche violenta,» ha raccontato «che mi portava a soffocare la mia lingua d’origine nel dover continuamente dimostrare di meritarmi uno spazio dove vivere. A nulla valevano i complimenti sul mio italiano e la mia pronuncia perfetta e senza accento, io vivevo quei complimenti come l’obbligo a rinunciare a una parte della mia identità per meritarmi di vivere in Italia. Finché non ho capito che io stessa sono la mia casa: qui, in Albania e ovunque vorrò essere».

Tra il pubblico presenti anche molte persone appartenenti alla comunità dei sordi, accompagnati dall’ANIOS, l’Associazione interpreti di lingua dei segni italiana, che hanno potuto beneficiare di una eccellente trasposizione in simultanea grazie a Valeria Abate e Luigi Felline. La mattina, in rassegna stampa, la presidente Maria Dellino aveva spiegato gli scopi di questa organizzazione nata nel 1987 per dare valore alla figura dell’Interprete di Lingua dei Segni e per garantirne la professionalità: «L’interprete LIS è, infatti, un/una professionista con solide competenze linguistiche, culturali, deontologiche».

Questa la galleria del fotografo Stefano Tamborino.

Nel pomeriggio la conversazione è continuata presso il Teatrino convitto Palmieri ragionando intorno a Pagine di pace. Pensieri, scritti, pratiche di donne (iacobellieditore), il più recente volume del Gruppo di Studio CLM che interroga le opere delle scrittrici, delle artiste, delle ribelli, delle visionarie in merito ai conflitti e alle possibili strategie per superarli. Daniela Finocchi, curatrice insieme a Luisa Ricaldone, ha presentato la raccolta in colloquio con la giornalista Jessica Niglio. L’analisi è partita dalle figure di Antigone e Atena, che insegnano quanto sia possibile e praticabile un approccio differente al mondo, che rifiuti la logica della necessità a favore di quella del desiderio, della distruzione a favore di quella del riconoscimento.

«Attualmente nel mondo esistono 56 conflitti: il numero più alto registrato dalla fine della Seconda guerra mondiale» ha esordito la curatrice del volume. «Ecco, quindi, l’importanza di mettere in guardia dalle ideologie perché esiste un preciso percorso che lega guerra e violenza patriarcale. Rifiutare la guerra significa rifiutare anche le violenze sistemiche contro le persone migranti, le stragi in mare, l’espulsione dei poveri dal campo del vivente. Sono queste tutte facce dello stesso sistema che si nutre di esclusione, paura e morte».

Il pensiero femminista – è stato evidenziato – non si limita alla condanna dei conflitti armati, ma sottolinea la continuità tra patriarcato e guerra, visibile nella volontà di controllo e annientamento dell’altro e dell’altra, come testimoniano lo stupro praticato come arma e i regimi che fondano il proprio potere sul dominio dei corpi femminili. Da Lidia Menapace a Marta Cartabia, a Virginia Woolf, sono tante coloro che hanno svelato il legame tra potere, privilegio maschile e violenza armata riconoscendo alle donne la capacità di immaginare civiltà fondate su altri valori. Le donne della Liberia ispirate dalla premio Nobel per la pace Leymah Gbowee che hanno dato vita a un movimento capace di unire cristiane e musulmane; le Donne in Nero che da decenni dimostrano che un’alternativa è possibile creando solidarietà tra donne serbe e croate, donne bosniache e kosovare e così via; le donne israeliane di Women Wage Peace e le palestinesi di Women of the Sun che rifiutano la logica della vendetta e dell’odio, tanto per citarne alcune, sono esempio potente di dissenso incarnato, attivo, collettivo, radicato nei corpi e nelle relazioni. «Disertare l’odio è un atto radicale di responsabilità politica» sostiene il movimento delle Donne per la pace, perché dall’esperienza femminista le donne hanno imparato a decostruire le retoriche della forza e della sicurezza, a riconoscere la vulnerabilità come fondamento dell’umano, a trasformare la cura in gesto politico.

Jessica Niglio ha ricordato tutte le autrici dei testi contenuti nel volume ricchi delle parole di Han Kang, Pearl S. Buck, Julia Rabinowich, Gloria Anzaldua, Bertha von Suttner, Mariangela Gualtieri e moltissime altre. Parole che interagiscono nell’analisi che affronta il libro tra saggistica e narrativa, racconti e poesia ponendo interrogativi e guardando al cambio di civiltà generato dalla libertà femminile e dalla relazione, attraverso cui le donne reinventano il patto sociale. Un libro dalla matrice sovversiva che manifesta la volontà delle donne di misurarsi con la capacità di stare e agire, riconoscersi e farsi riconoscere, di esserci e non solo in rapporto con gli altri esseri umani ma anche con gli animali non umani, con il mondo vegetale, con la natura nel suo complesso anch’essa vittima delle guerre.

Questa la galleria del fotografo Gabriele Fanelli.