Per andare oltre la condizione di vittime Presentazione LM23 a Laterza
Scritto da Segreteria il 04 Aprile 2024
di Claudiléia Lemes Dias
Il 24 aprile a Laterza, all’Archivio della Biblioteca Comunale presso il Palazzo Marchesale, è stato presentato il volume Lingua Madre Duemilaventitré (Edizioni Seb27) all’interno della rassegna letteraria Parità e altre letture del genere. L’evento, fortemente voluto dall’associazione di promozione sociale CARA, in collaborazione con il centro antiviolenza Rompiamo il Silenzio, ha potuto contare dell’ampio sostegno e partecipazione della comunità. Il pubblico presente, per la maggior parte composto da insegnanti, operatori e operatrici nell’ambito sociale, si è dimostrato attento, sensibile e disponibile a non limitare mai gli sforzi nel contrasto alla violenza di genere.
Il centro antiviolenza Rompiamo il Silenzio, in particolare, si è rivelato una realtà molto attiva nelle scuole del territorio e, con i suoi progetti e cicli di incontri per riconoscere e prevenire la violenza di genere, è riuscito, negli anni, a sensibilizzare alla tematica gli ambienti scolastici, i luoghi di lavoro e il mondo digitale.
Oltre alla presentazione del CLM e delle numerose attività e progetti che lo rendono, anno dopo anno, sempre più essenziale per la diffusione della letteratura al femminile, Daniela Finocchi, la curatrice dell’antologia Lingua Madre, ha posto preziose riflessioni sull’importanza dell’utilizzo di un linguaggio non discriminatorio e attento alle differenze di genere. La lingua italiana, in effetti, come osservato da Daniela, tende a subordinare il femminile al maschile, rendendo il maschile il genere grammaticale neutro e universale che manca nella grammatica italiana. Riuscire a trasformare il linguaggio, rendendolo più rappresentativo della realtà delle donne, e meno discriminatorio, si rivela un’importante strumento di contrasto alla violenza di genere, permettendo il riconoscimento e la valorizzazione della donna in ogni ambito della sua vita.
Gli interventi delle autrici Claudiléia Lemes Dias e Ira Panduku, sono stati coordinati e mediati da Luisa Natile, per l’associazione Cara. Le tracce dei racconti dell’antologia sono state lette dalle associate Giusy Fanelli e Stefania Masi, e avevano come fil rouge la violenza sulle donne, ben rappresentata in alcuni dei testi. Durante l’incontro sono stati commentati, in particolare, i racconti Oltre la paura, di Halima Mohamud Isse; Cara, di Maria Ausilia Di Falco e Nata libera, di Ira Panduku.
Panduku, nel suo racconto, affronta le diverse sfumature della violenza maschile: le capacità seduttive dell’uomo durante la fase della conoscenza, la gelosia malata, il controllo, l’isolamento della donna dalle sue amicizie, la sua svalutazione come persona, la presa di coscienza sulla trasformazione del rapporto, i primi tentativi di salvarsi, il negato aiuto della famiglia di origine, e, infine, la fuga definitiva verso l’Italia. Una delle frasi del suo racconto, basato su una storia vera, raccolta in qualità di operatrice in diversi centri antiviolenza pugliesi, nonché mediatrice culturale e musicoterapeuta, ben rappresenta l’embrione della violenza psicologica nella coppia: “con le sue parole, più che con gli schiaffi, mi uccideva ogni giorno di più”.
Claudiléia Lemes Dias, oltre al suo percorso di vita e letterario, ha riaffermato che le donne intrappolate in rapporti tossici sono spesso molto forti e consapevoli della loro capacità di andare oltre la condizione di vittime. Sin dai primordi dell’umanità le donne sono state protagoniste e consapevoli della propria capacità di sopravvivenza spesso in condizioni ambientali estremamente ostili, come dimostrano numerosi reperti archeologi, tra i quali, forse il più importante, quello dell’australopiteco Lucy.
L’incontro si è concluso con uno scritto di Claudiléia Lemes Dias, tratto dal blog Arte di Salvarsi, dal titolo Ogni femminicidio è un crimine politico letto da Ira Panduku:
Credo che la solidarietà tra le donne, quella vera e senza giudizi, implichi il primo passo verso questo cambiamento culturale che ci porterà – prima o poi – a camminare per una strada buia senza aver paura che il nostro corpo venga violato.
Ogni violazione del nostro corpo, ogni declassamento o umiliazione che subiamo in quanto donne è frutto di un autoritarismo quotidiano maschile mai frenato da nessuna legge o politica di prevenzione. Come mai? Le leggi non vengono rispettate e le politiche durano il tempo di uno spot televisivo.
In questo senso ogni femminicidio è contemporaneamente un crimine politico: privando una donna dell’esistenza in modo barbaro, un’omicida cerca di imporre un destino di sottomissione e di terrore a tutte noi. È come se ci volesse “insegnare” che non abbiamo il diritto di esistere liberamente, di tutelare i nostri corpi e di essere felici per conto nostro.
Le logiche di questo sistema arcaico e feroce sono:
Se vuoi sopravvivere devi sottometterti;
Se vuoi essere amata non puoi brillare più di me;
Se sei debole ti cambio per una forte;
Se sei forte mi spaventi…
Basta, no?
La nostra risposta dovrà essere forte e assordante sempre: saremo forti come gli esempi che abbiamo scelto per noi e saremo degne perché siamo nate così.
Non c’è modo migliore per onorare ogni sorella uccisa o maltrattata che trasformare la sua voce in un canto di lotta da tramandare al mondo. Ognuna con le armi che ha.