Le autrici di Lingua Madre

Le biografie delle vincitrici XVIII edizione del Concorso Lingua Madre

Scritto da Segreteria il 04 Aprile 2023

BIOGRAFIE E MOTIVAZIONI PREMI VINCITRICI
XVIII CONCORSO LETTERARIO NAZIONALE LINGUA MADRE

Marie Christine Mukamunana nasce in Ruanda nel 1960, dove vive per 34 anni. Dopo gli studi, lavora al Ministero dell’Istruzione. A causa del genocidio dei tutsi e degli hutu moderati – avvenuto nel 1994 per mano dell’esercito regolare e degli interahamwe, milizie paramilitari (circa un milione di morti in soli 100 giorni) – lascia il paese insieme alla sua famiglia e nel 1995 arriva in Italia.  Qui conosce Lauramaria Fabiani, che la ospita, e insieme a lei condivide la vita in tutti i suoi aspetti, compresa la nascita di figlie e figli, che crescono insieme. Attualmente lavora come badante. Continua a tenere un diario e a scrivere i suoi ricordi con l’intenzione di pubblicare un libro.
Lauramaria Fabiani nasce nel 1959, ha cinque figli ed è un’insegnante in pensione. È laureata in Pedagogia, da sempre ama leggere e scrivere, pubblica negli anni libri di didattica e racconti. Nel 1995 accoglie Marie Christine Mukamunana e la sua famiglia espatriata, tra loro nasce un legame forte e duraturo. Una profonda amicizia e il sogno di poter raccontare insieme la dolorosa storia di Marie Christine e l’esperienza che le unisce: la partecipazione al Concorso Lingua Madre è il primo passo di un percorso che ha come obiettivo la pubblicazione di un libro.
Hanno scritto a quattro mani il racconto I miei ricordi in un racconto, vincendo il Primo Premio della XVIII edizione del Concorso letterario nazionale “Lingua Madre”, con la seguente motivazione: «Per il modo con cui è descritto l’intreccio fra la “grande” storia e gli eventi delle storie individuali. La voce narrante accompagna lettrici e lettori in modo persuasivo dentro le viscere del Ruanda, passando da uno spazio florido, verde, essenziale a una terra insanguinata, buia, razzista e dolorosa. Lo scorrere della vita familiare assume un tono universale sospeso dal massacro, riuscendo a far emergere la quotidianità degli esseri umani benché costretti a nascondersi, a non riconoscersi l’un/a l’altro/a, a fuggire. La forza tragica della vicenda viene raccontata in modo semplice con gesti che riguardano tutte e tutti. Nel finale una nuova forza porta alla speranza: una vita che nasce, una nuova possibilità».

Natalia Bondarenko nasce nel 1961 a Kiev, in una famiglia di artisti. Nel 1990 si trasferisce in Italia e attualmente vive e lavora a Udine come fotografa. Nella sua lingua madre scrive da sempre sceneggiature per spettacoli, poesie e racconti. Traduce opere poetiche e narrative di autori russi e ucraini e scrive in italiano dal 2005. È vincitrice e finalista di numerosi concorsi letterari. Cura la rassegna poetica friulana Poesia&friends.
Con Vorrei leggere ancora Dostoevskij ha vinto il Secondo Premio della XVIII edizione del Concorso letterario nazionale “Lingua Madre”, con la seguente motivazione: «Il racconto esprime con terribile efficacia la posizione impossibile di una donna di fronte alla guerra, e il senso di inadeguatezza che tutte e tutti possiamo provare in un mondo diviso dall’odio. La voce dell’autrice è lucida e senza vittimismi, capace di racchiudere in rapidi flash l’assurdo e la vergogna di ciò che sta accadendo. Compreso il dolore di vedersi interdetta la possibilità di accedere alla grande cultura del paese accanto, convergendo verso un finale, che non può che essere di morte».

Açelya Yönaç nasce a Istanbul nel 1978. Durante l’infanzia si sposta tra Europa e Stati Uniti per poi laurearsi alla New York University. Oggi abita e lavora a Milano. Conosce e pratica cinque lingue, lavora nell’ambito della scrittura e della comunicazione come copywriter e giornalista. Nel 2016 fonda il collettivo femminile di poesia “Le Foche Parlanti” e nel 2020 vince la borsa di studio Giuseppe Pontiggia per partecipare alla Scuola di scrittura Belleville di Milano.
Con C’era una volta, Anatolia ha vinto il Terzo Premio della XVIII edizione del Concorso letterario nazionale “Lingua Madre”, con la seguente motivazione: «Una scrittura che non vuole né spiegare né vagheggiare né evocare, ma che cerca una strada espressiva diversa: frammenti narrativi fatti di colori, di stagioni interiori, di passaggi tra spazi chiusi e aperti. La sensazione in chi legge è di trovarsi di fronte a un modello culturale e letterario diverso, che attinge a un immaginario “altro” che l’autrice, anche provocatoriamente, vuole salvare. Senza rinunciare al pudore, senza dire tutto in modo chiaro, a emergere è ugualmente la vita reclusa di una donna che guarda il mondo dalla finestra, con il suo desiderio di fuga e di libertà».

Chiara Nifosì nasce in provincia di Siena nel 1996. Si diploma in Storytelling alla Scuola Holden, attualmente è laureanda in Mediazione Interculturale presso l’Università degli Studi di Torino. È appassionata di fotografia e scrittura. Lavora come editor freelance e autrice, in particolare di articoli divulgativi del pensiero femminista intersezionale. Collabora con diverse realtà, quali il Servizio Civile Nazionale, per l’inclusione di persone senza fissa dimora, per la promozione di un’educazione sessuale inclusiva rivolta alle e ai giovani, per approfondire l’educazione alla pace.
Con La dolce bizzarra ha vinto il Premio Sezione Speciale Donne Italiane della XVIII edizione del Concorso letterario nazionale “Lingua Madre”, con la seguente motivazione: «L’autrice ha la capacità di calare in una storia personale la drammatica condizione delle donne in Iran e di raccontare la relazione fra le due protagoniste in modo attuale, non edulcorato o didascalico, comprese le incertezze di una donna occidentale. A emergere, il coraggio e la determinazione di entrambe. L’Iran non è solo il luogo da cui si è fuggiti/e, non è un ricordo, è ancora il paese per cui si lotta: e allora accogliere significa scendere in strada a gridare “Jin, jiyan, azadî!” (Donna, vita, libertà!). Sullo sfondo un giovane rappresentante, si direbbe, di un nuovo “maschile”».

Sabrine Gourani nasce in Marocco nel 1999 e vive in Italia da cinque anni. Si pone come obiettivo la conoscenza approfondita della lingua italiana, studia presso una scuola specializzata e successivamente si iscrive all’università. Si laurea in Scienze della Mediazione Linguistica e di Studi Interculturali presso l’Università degli Studi di Milano per poi iscriversi alla magistrale. Qui conosce il Concorso Lingua Madre che da anni collabora con il dipartimento realizzando incontri, presentazioni, saggi e coinvolgendo le studenti grazie al lavoro e all’impegno dei docenti Gabriella Cartago e Giuseppe Sergio. Nel 2022, il suo racconto Straniera per natura è stato selezionato e pubblicato nell’antologia Lingua Madre Duemilaventidue. Racconti di donne straniere in Italia (Edizioni SEB27).
La sua fotografia Il deserto di Agafay ha vinto il Premio Speciale Fondazione Sandretto Re Rebaudengo della XVIII edizione del Concorso letterario nazionale “Lingua Madre”, con la seguente motivazione: «Uno scatto particolarmente prezioso, perché sottolinea la capacità dell’autrice di vedere e registrare un istante, catturato probabilmente dal retro di una jeep. Un frammento che diviene immagine e ricorda come il tempo si sia “addormentato” in quei luoghi. Tra colori languidi e chiari-scuri, la fotografia è ben costruita per rendere l’equilibrio fra cielo e terra, con le nuvole che paiono avanzare verso chi guarda».

Patrycja Holuk nasce in Polonia nel 1988. A quattordici anni si trasferisce in Italia con parte della sua famiglia. Da sempre appassionata di cinema, fotografia, design, letteratura e arte, si avvicina anche al mondo della scenografia. Oggi lavora sia per il cinema sia per la televisione.
Con Le crociate ha vinto il Premio Speciale Torino Film Festival della XVIII edizione del Concorso letterario nazionale “Lingua Madre”, con la seguente motivazione: «Per la capacità di narrare un’esperienza autobiografica grazie alle sensazioni tattili e visive di quel momento. Un viaggio, una nonna che porta la nipote alla veglia funebre del padre che non ha mai conosciuto, una nonna che è lei stessa Polonia “una zuppa calda di gratitudine e rammarico, incomprensione e nostalgia, curiosità e ammirazione, rabbia, storia e tabù”. E poi un altro viaggio verso l’Italia. La nonna prigioniera della sua torre comunista, la nipote forte della molteplicità che le appartiene. L’autrice procede efficacemente per dettagli che si accumulano e creano un affresco ampio e misterioso, rimanendo aderente a uno sguardo di bambina che tutto percepisce, anche se non tutto può spiegare».

Hasti Naddafi, di origini iraniane, nasce nelle Marche nel 1997. Frequenta la Facoltà di Filosofia all’Università degli Studi di Torino ed è attivista, artista e mediatrice interculturale. Nel 2020 co-fonda l’associazione “InMenteItaca” con la quale si occupa di educazione non formale ai diritti umani, in particolare riguardo la cittadinanza, il contrasto all’odio, l’antirazzismo e le tematiche di genere. Trasmette questo messaggio anche attraverso il teatro sociale: dal 2022 porta in scena la performance Loop – Liturgia della paura, di cui è anche autrice, sulla rivoluzione iraniana.
Con Un sorso di casa, lotfan ha vinto il Premio Speciale Slow Food – Terra Madre della XVIII edizione del Concorso letterario nazionale “Lingua Madre”, con la seguente motivazione: «Questa storia immerge chi legge in un percorso di riconoscimento, esistenza, comunità, che spesso avviene attraverso il cibo. Fondamentale nel racconto la madre della protagonista, che rappresenta tradizione e radici, bagaglio culturale ed emotivo importante, con cui non sempre è facile entrare in relazione per una figlia distante, non solo fisicamente. Sono quindi i sapori, i profumi, gli ingredienti che diventano significativo strumento per ancorarsi in una doppia appartenenza che rafforza e arricchisce, per sentirsi finalmente “a casa” in se stesse».

Amal Oursana, nata nel 1978 da genitori di origine marocchina, si sposta tra Francia e Marocco prima di stabilirsi, all’età di dodici anni, a Modena. Lo studio dell’italiano la porta a scrivere racconti e poesie. Fonda la compagnia teatrale “Progetto Àïsha” e realizza, con il fratello Samir e Francesco Rossetti, lo spettacolo Arrabat (Premio Scenario 2003). Si ispira alle scene quotidiane della sua famiglia per i suoi testi, rivolti soprattutto alle e ai giovani che vivono la coesistenza di due radici identitarie, mondi, lingue, tradizioni, religioni diverse.
Con Fatna e Rahhal ha vinto il Premio Speciale Giuria Popolare della XVIII edizione del Concorso letterario nazionale “Lingua Madre”, con la seguente motivazione: «Il racconto di un giorno qualunque di una coppia, che colpisce per l’uso della poesia che si insinua tra rituali, gesti ripetitivi, parole e ripensamenti. Non c’è più l’eccezionalità dell’esperienza migratoria, ma piuttosto il “basso continuo” della vita che trova il suo ordine. Da sottolineare un’attenzione non superficiale alla differenza di atteggiamento e di pensieri fra lei e lui, nel modo stesso di intendere la vita. Nulla è spiegato: i personaggi si muovono, pensano, parlano, lasciano entrare chi legge nella loro storia».