La nuova collana "Mansarda" Intervista alla direttrice Anita Vuco e alla traduttrice Andrea Rényi
Scritto da Segreteria il 07 Dicembre 2021
L’autrice del Concorso Lingua Madre Anita Vuco è direttrice della nuova collana Mansarda per Infinito edizioni, nata per far conoscere al publico italiano le molte voci del patrimonio letterario balcanico e dei Paesi limitrofi.
La collana si apre a tutti i generi letterari attraverso i testi di autrici e autori sia classici sia contemporanei e si vuole assumere il compito di risvegliare l’interesse nei confronti di letterature cui spetta un posto importante nel patrimonio letterario europeo.
Mansarda ha esordito con Il mese dei Gemelli (1940) di Miklós Radnóti nella traduzione di Andrea Rényi, anch’essa autrice CLM, e si arricchisce a dicembre del volume Il paziente della stanza 19 di Zoran Žmirić, tradotto dalla stessa Anita Vuco.
In questa intervista, Anita Vuco e Andrea Rényi si raccontano, spiegando rispettivamente la genesi della collana e la sua organizzazione, e il lavoro di traduzione su un classico della letteratura balcanica.
«Vivo in Italia da trent’anni – spiega Anita Vuco – e ho sempre avvertito un profondo senso di fastidio per la visione molto parziale e frammentaria con cui una certa entità centro europea e slava, a cui appartengo, veniva percepita. Assumersi il compito di risvegliare un maggiore interesse nei confronti di letterature cui spetta un posto importante nel patrimonio culturale europeo significa presentarsi con una buona selezione, essere critici, sopratutto nei confronti di sé stessi, e capaci di operare delle scelte. Questo significa non pubblicare i libri solo perché appartengono alla mia, alle nostre culture d’origine, ma per dirla con le parole di Danilo Kiš “scegliere ciò che in esse vi è di meglio.” Mansarda è, non a caso, il titolo del suo primo libro scritto tra il 1959 e il 1960, e pubblicato nel 1962, una sorta di biografia intellettuale e sentimentale dell’autore, in cui ogni sera il povero studente di letteratura mondiale, tra tanti libri preziosi, sceglie quei pochi volumi che riuscirà a mettere in salvo dai topi, proteggendoli con una campana di vetro. Potrà mai un percorso di sensibilizzazione e traduzione considerarsi anche lontanamente sufficiente? Quanto potrà essere grande la campana di vetro?»
«Bisogna ricordare – riprende la direttrice – che la collana fa parte di Infinito edizioni, editori del Rapporto di Amnesty International, fondata nel 2004, che ormai da tanti anni è un punto di riferimento per la conoscenza dei Balcani. Proprio per questo si può materializzare un sogno come il mio – che non solo prevede la traduzione di opere di altissimo valore letterario redatte in lingue europee meno conosciute da un vasto pubblico di lettori, come lo possono essere sloveno, ungherese, serbo, croato, macedone, ma anche romeno, albanese ed altre ancora, bensì presta un’attenzione particolare anche ai generi letterari meno diffusi, come le raccolte di racconti. Detto ciò, la collana non intende restare uno sguardo, per così dire, esterno di chi vuole conoscere l’altro, ma avvalersi di quel bagaglio di conoscenze preziose che altre donne di origine straniera residenti in Italia possono apportare, di cui diverse, come Sabina Darova (Albania), Roxana Lazar (Romania), Zhanna Stankovych (Ucraina), sono anche autrici CLM».
Il mese dei Gemelli di Miklós Radnóti è il libro che ha inaugurato questo progetto editoriale. Ci potete parlare di questo testo e spiegarne la scelta?
«Da direttrice della collana Mansarda», continua Anita Vuco «mi limiterò a dire che nella lingua serbo-croata di Danilo Kiš sono naturalmente incastonate parole ed espressioni dell’ungherese, spesso utilizzato per i suoi appunti personali, con una valenza emotiva inestimabile. Si devono, infatti, a lui molte interpretazioni poetiche di Ady, Radnóti, Attila József. Il fatto stesso che questa collana si apra proprio con Il mese dei Gemelli e alcune poesie scelte di Miklós Radnóti, diventa perciò metafora dell’inseparabile legame tra letteratura e vita. Per quanto riguarda il libro in sé, passo la parola direttamente a Andrea Rényi, che lo ha tradotto e curato».
«Miklós Radnóti è uno dei più grandi poeti ungheresi di sempre», interviene Andrea Rényi «e non è un’affermazione da poco perché la letteratura ungherese è particolarmente ricca e imbevuta di poesia di qualità straordinaria. Ucciso trentacinquenne durante la marcia forzata che nell’autunno del 1944 lo portava da un lager in Serbia ad altra destinazione, oltre a poesie ineguagliabili ci ha lasciato anche un’opera in prosa in cui racconta la sua infanzia e dà voce al presagio della guerra, trasformato poi in condanna e paura anche perché Radnóti era di origine ebrea. Il racconto del destino di molti nell’area geografica che il progetto Mansarda abbraccia, e l’indimenticabile racconto di una vita fra le due guerre mondiali, credo sia un inizio storico, ma anche poetico, di grande presa, per una collana che voglia parlare di quelle terre».
Raccontateci qualcosa di più su questa collaborazione e sul lavoro svolto sul testo.
«Nel famoso libro Donne che corrono coi lupi, Clarissa Pinkola Estés ci ricorda quanto sono povere le persone che nel corso della vita possono contare su una madre sola – aggiunge Anita Vuco – per la quantità di nozioni che ormai da anni ricevo da Andrea, e non solo sulla letteratura e cultura ungherese – anche se colgo l’occasione per nominare il suo L’estate del Sessantanove. Cronache ungheresi (Infinito Edizioni, 2021) – se esistesse una madre letteraria, ecco, lei sarebbe la mia; la stima nei suoi confronti non è misurabile con impeccabili traduzioni, di cui sempre parla con l’eleganza e la sobrietà che la contraddistinguono».
«Finora ho tradotto dall’ungherese all’italiano venticinque libri fra narrativa e saggistica, di autori classici e contemporanei, per case editrici come, fra le altre, Einaudi, Rizzoli, Bompiani, Keller, nottetempo, Fazi, Voland, Salani – conclude Andrea Rényi – ho colto con entusiasmo l’offerta di poter scegliere un paio di titoli per la collana Mansarda appena inaugurata. Ho scelto due autori classici, ormai immortali, che nelle loro due opere narrano due epoche tramontate ma che hanno lasciato tracce indelebili, in cui la mia città d’origine, Budapest, ricopre un ruolo fondamentale».